lunedì 27 aprile 2009

DUE INTERESSANTI LIBRI DI VINCENZO ARNONE


Martedì 28 aprile, alle ore 17, nella suggestiva cornice della biblioteca Lucchesiana verranno presentati due libri di Vincenzo Arnone, “Romanzo toscano” e “L'ombra del padre”. Sarà don Giovanni Scordino direttore della biblioteca a introdurre e coordinare la presentazione. Sono previsti interventi dell'arcivescovo di Agrigento, monsignor Francesco Montenegro e di Gaetano Gaziano. Lia Cipolla e Beatrice Ventura leggeranno brani dei due libri. Vincenzo Arnone è nato a Favara nel 1945, vive a Pontassieve (Firenze) dov'è parroco. I due libri possono essere ritenuti un messaggio d'amore alla terra che lo ospita, la Toscana, e a quella dove è nato la Sicilia. Il “Romanzo toscano” è un excursus nel mondo della cultura fiorentina, di cui l'autore ha pienamente assimilato la vera essenza. Il suo narrare in quel linguaggio ammiccante, arcaico, quasi dantesco, crea suggestioni ed emozioni al lettore, che guida quasi per mano, novello Virgilio, attraverso la presentazione di alcuni rappresentanti della cultura toscana, non in veste di dannati o di beati, ma di protagonisti del loro tempo, come Leonardo, Lorenzo dei Medici, Galilei, Michelangelo fino ad arrivare alla modernità con Oriana Fallaci, Mario Luzi e tanti altri. Protagonisti visti nella loro quotidianità, con i loro progetti, con i loro sogni, anche con le loro contraddizioni, con le loro speranze, ma anche con i loro acciacchi, come nel caso di Michelangelo che si accompagna al giovane Vasari nel suo pellegrinaggio delle sette chiese fatto con forte spiritualità ma con grande sofferenza data la sua età avanzata e le sue gambe incerte. Il merito di Arnone è proprio quello di fare rivivere questi personaggi storici, che sembrano parlare al lettore, raccontando di sé, quasi a chiedergli comprensione, di capire i loro problemi esistenziali in una dimensione temporale che non ha più confini, perché il passato diventa presente e il presente altro non fa che attualizzare quegli antichi problemi che sono l'esilio (oggi inteso come fuga dei giovani), l'eremitaggio (inteso come ricerca di sé), l'eterno rapporto con i familiari e con il potere.
Sentire Dante, che da Ravenna invoca, con una lettera, il vescovo di Firenze di riaccoglierlo all'interno della natia comunità, auspicando “ch'un dì l'animo mio stancato, intra le mura di Fiorenza riposerà e che verun, appressandosi alla tomba, una prece e un fiore porterìa”, anche se la lettera è una raffinata invenzione dell'autore, induce il lettore a sincera commozione. Mi piace accostare Arnone al grande scrittore siciliano Antonio Russello, favarese anche lui, per la capacità comune di creare suggestioni attraverso racconti che parlano di alcuni protagonisti del loro tempo, siano essi romantici briganti favaresi o pittori, sculturi e architettori del Rinascimento.
“L'ombra del padre” rappresenta una sorta di autobiografia dell'autore, che si snoda attraverso il dialogo tra madre e figlio che parlano del padre. E' un viaggio dell'anima attraverso i territori della memoria fatta di Sicilia, di campi di grano, di fatica dura di contadini e zolfatai, di voglia forte di riscatto sociale. E questo viaggio ha uno scopo ritrovare il padre che forse non ha conosciuto come avrebbe voluto e desiderato e di cui sente l'importanza del ruolo proprio quando non c'è più. Dice Arnone “quando muore la madre si finisce col rassegnarsi e si arriva a pensare a lei con dolcezza. Del padre invece si continua a sentire l'assenza per tutta la vita. Quando viene a mancare il padre, si avverte che da quel momento in poi noi ci troveremo soli a fronteggiare la morte dalla quale, lui prima, ci difendeva”
L'accostamento a Elio Vittorini è fin troppo facile ma mi piace farlo perché ciò che accomuna i due scrittori, oltre all'amore per la propria terra, è la volontà di raccontare vicende umane della propria famiglia contadina che diventa metafora di una famiglia siciliana alle prese con l'eterna dura fatica del vivere, vissuta con orgoglio e dignità.
Concordo con Melo Freni, che ne ha curato la prefazione, che vede nel libro di Arnone “una lunga pagina di memoria contrappuntata da una forte percezione di ciò che quella memoria contiene e stimola” e aggiungo che l'autore questa percezione trasforma in amorosa esigenza di recupero del proprio passato e delle proprie origini per non dimenticare. I ricordi della civiltà agreste data la mia età (ahimé) mi appartengono per cui ho la fortuna di condividere con Arnone le stesse emozioni quando torno indietro con la memoria alle mie estati passate in campagna nella “roba” di mio nonno Paolino che ogni giorno mi sellava l'asinello per andare al paese a prendere l'acqua con le “quartare” infilate nei “cufina” ai lati della soma. Quelli per me sono i ricordi più belli e ringrazio Arnone per avermi dato la possibilità e il piacere di riviverli attraverso la lettura delle sue opere.
Gaetano Gaziano

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