giovedì 7 febbraio 2013

Alessio Lattuca torna a scrivere a Monti per la riapertura della Via sul rigassificatore di P.Empedocle

Alessio Lattuca (a destra nella foto), presidente dell'associazione Confimpresa-Euromed, torna a scrivere a Monti e al suo governo perché riveda la procedura autorizzativa del rigassificatore di Porto Empedocle, dopo che il ministro dell'Ambiente, Corrado Clini, ha riaperto la procedura di Via per il rigassificatore di Trieste. Ecco il testo della lettera. Ill.mo Prof. Mario Monti Presidente Consiglio dei Ministri Palazzo Chigi - Piazza Colonna, 370 00187 ROMA Dr. Corrado Clini Ministro Ambiente, Tutela del Territorio e del Mare Dr. Lorenzo Ornaghi Ministro Beni e Attività Culturali Dr. Corrado Passera Ministro Sviluppo Economico Infrastrutture e Trasporti Dr. Fulvio Conti AD ENEL Sindaci di Agrigento, Porto Empedocle, Realmonte, Siculiana, Montallegro, Cattolica Eraclea, Ribera, Aragona, Joppolo Giancaxio, Raffadali, Favara, Palma di Montechiaro, Licata TV e Stampa Ufficio Stampa ufficio_stampa@governo.it= Si fa riferimento alla nota, rimasta priva di esito, del 06 ottobre 2012 indirizzata al Presidente del Consiglio e ai Ministri competenti per le autorizzazioni (politicamente scorrette e palesemente illegittime, rilasciate a Nuove energie – Enel per la collocazione dell’impianto di rigassificazione in zona Kaòs al confine del Parco  Archeologico e Paesaggistico della Valle dei Templi, sotto la casa natale di Luigi Pirandello), per segnalare che sarebbe risultato, particolarmente, significativo offrire una risposta, trattandosi di questioni attinenti a democrazia e a materia sensibile,che riguarda la vita e il futuro di centinaia di migliaia di cittadini. La risposta del Governo avrebbe costituito un importantissimo elemento di riaffezione e svolto una utile azione politica alla luce dei recenti eventi e delle dichiarazioni del ministro dell’ambiente Corrado Clini sulla riapertura della procedura relativa alla costruzione del rigassificatore di Trieste: “È assolutamente ovvio che nel rispetto della direttiva europea e delle leggi nazionali la VIA in qualsiasi insediamento produttivo non possa prescindere dal contesto nel quale viene realizzato e dalla valutazione delle relazioni tra il progetto esaminato e il contesto industriale nel quale si colloca”. “Era mio dovere riaprire la procedura”. E’ pleonastico ricordare che tutto ciò che riguarda gli impianti di rigassificazione - che sono, come noto, a rischio elevatissimo - è materia estremamente complessa e comporta, in quanto tale, la massima prudenza e il rispetto di norme e parametri nazionali ed europei rigorosissimi, che tengono in grande considerazione le deliberazioni dei cittadini e i processi socio economici da essi posti in essere. Le riflessioni sono confermate da quanto affermato dal Ministro tecnico Clini: “Abbiamo riaperto la procedura di VIA del progetto sulla base delle informazioni dell’autorità portuale che ha rilevato che l’eventuale realizzazione del rigassificatore nel porto avrebbe determinato una drastica riduzione delle attività portuali e avrebbe limitato lo sviluppo del porto. E’ utile ricordare che la procedura è stata riaperta perché viziata dalla mancato rilascio della VAS (valutazione ambientale strategica), obbligatoria allorchè gli impianti gasieri (altamente pericolosi) sono collocati in aree portuali, soprattutto in relazione con il  traffico marittimo. Per evitare che le straripanti navi gasiere (oltre 350 mt di lunghezza) interdicano l’uso dello specchio d’acqua del porto e, giocoforza, confliggano con il traffico commerciale e crocieristico.  Tutte questioni poste all’attenzione del Governo Tecnico con la richiamata nota, con la quale è stato rilevato che la procedura autorizzatoria dell’impianto di rigassificazione di Porto Empedocle risultava viziata come o forse in misura maggiore di quella di Trieste. Infatti non è stata attivata la VAS, sono stati commessi atti illegittimi nelle convocazioni delle assemblee e dei componenti della commissione ministeriale, non sono stati convocati e ascoltati i cittadini e, pertanto, le irregolarità da un lato e la colpevole disattenzione ad avviso di chi scrive, rendono nulla tutta la procedura. Per quanto attiene a eventuali informazioni della Capitaneria del Porto è sufficiente rileggere le pesanti considerazioni - in merito all’opportunità di collocare l’impianto nel porto - svolte dal Comandante, le cui registrazioni, acquisite da un giornalista, sono state trasmesse da quest’ultimo alla DIA e sembrerebbe che siano oggetto di valutazione da parte degli organi inquirenti. Per tutte le superiori considerazioni si richiede al Presidente del Consiglio, al Governo e, segnatamente, al Ministro Clini di riservare anche agli Agrigentini, le stesse deliberazioni adottate per la comunità Triestina e lo stesso “dovere di riaprire la procedura” per consentire ai cittadini di esprimersi liberamente e, possibilmente, metterli al riparo dagli effetti perversi di un ecomostro! In merito poi, alle considerazioni poste all’attenzione del Governo nel corpo della stessa nota, riguardo alle questioni connesse allo sviluppo e all’occupazione, una risposta contenente i programmi del Governo e soprattutto del Senatore Monti sulle prospettive di una parte del Paese - che registra un fortissimo ritardo, una drammatica disoccupazione e necessita di mezzi, di risorse, di infrastrutture materiali e immateriali - sarebbe risultata una utile occasione per comprendere intenzioni e convinzioni. E, soprattutto, per mettere chiarezza sull’Agenda Monti dalla quale sembrerebbe scomparsa la “Questione Meridionale”, (tranne una minima attenzione ad essa riservata con la riabilitazione del Dipartimento per le Politiche di Sviluppo e Coesione e dall’affidamento al suo direttore,Fabrizio Barca, dell’incarico di Ministro della Coesione Territoriale). Per capire in che misura nell’Agenda di Monti Politico siano presenti: equità e solidarietà oltre a brevi cenni sull’economia sociale. Per capire se, davvero, sulla scena politica sia “salito un nuovo soggetto” che possa offrire speranza a un luogo geografico impantanato nelle crisi economica ed etica. Dopo tanti, troppi, anni di malgoverno e di derive causate da un ceto politico privo di senso di responsabilità, prosperato su privilegi e spreco di pubbliche risorse. Per capire se la nuova formazione politica può contribuire a ridare all’Italia dignità e credibilità e se davvero può promuovere rinnovamento sociale, culturale e civile. Ma è bene considerare che per contrastare la “sfiducia” dei cittadini, in particolare di quelli del Sud, per convincerli che meritano una classe politica più virtuosa, dedita al bene comune, alla tutela dei più deboli, piuttosto che ai propri interessi e agli interessi dei poteri forti (vedi Enel), è necessario non solo essere trasparenti, ma apparire come tali! Per affermare che non si tratta di sterili principi enunciati. Ma che le migliori intelligenze abbiano deciso di stare insieme, non per una esigenza elettorale, ma su un programma (agenda) di riforme condivise frutto di una spinta ideale in grado di trasformare e di modernizzare il Paese. Per una terra più coesa e solidale, per sostenere la parte più debole del Paese, per ricomporre una società lacerata e incattivita dalla mala politica. Uniche leve a disposizione della buona politica, per combattere il populismo e l’antipolitica dilagante. A questo proposito l’agenda deve essere rivisitata perché tale comportamento assume i connotati i un vero atto politico, per compensare gli effetti devastanti che ha prodotto il disinteresse e il silenzio sulle questioni del mezzogiorno d’Italia. Perché il vero nemico è l’indifferenza! E perché il disinteresse e il silenzio hanno dato luogo all’affermazione della cosìdetta “questione settentrionale” che adesso non è rappresentata solo dalle guasconate delle Lega. Ma si modifica in una versione più sofisticata, nella quale al posto del separatismo e dei miti di fondazione, si propone come criterio-guida: efficienza e competitività del sistema. Non più maccheroni ed etilismo diffuso nelle feste padane, folklore celtico, né populismo d’antan, ma l’incisività dei conti certificati dalle Università, dalle Fondazioni, con la copertura di blasonati, governativi, economisti – ideologi. Va da sé che i risultati deludenti delle politiche di sviluppo territoriale hanno fornito propellente per l’affermazione del “teorema meridionale”. Tuttavia oggi è urgente rimuovere l’assunto che ha ispirato l ‘ultima fase delle politiche per il Mezzogiorno: quella della sua rimozione dall’agenda politica nazionale. Il teorema è scontato perchè si basa sull’equazione: nonostante le ingenti risorse di cui il Mezzogiorno ha beneficiato, nonostante si siano sperimentate varie politiche, gli sforzi fatti per promuoverne lo sviluppo sono stati vani. Secondo questa visione, il Sud rimane un’area strutturalmente e culturalmente refrattaria allo sviluppo. Pertanto, è inutile convogliare altre risorse pubbliche verso quest’area: sarebbero risorse sprecate. Com’è noto, sul piano politico tale rimozione è stata alimentata dall’offensiva federalista e separatista condotta dalla Lega e dalla sua capacità di influenzare le politiche del governo Berlusconi e in particolare la politica economica guidata da Tremonti, che ha dirottato ingenti risorse destinate al Mezzogiorno, all’insieme del Paese. Risorse finalizzate a sostenere lo sviluppo del Meridione attraverso gli investimenti pubblici e l’incentivazione di investimenti privati. Si tratta in particolare dei Fas (Fondi aree sottoutilizzate) e dei Fondi Strutturali. Invece, con queste risorse sono stati finanziati i più disparati interventi di politica economica del governo Berlusconi: ammortizzatori sociali (ovviamente la cassa integrazione è più diffusa nel Centro-Nord); ricostruzione post terremoto in abruzzo; contratto servizio Trenitalia (vantaggi per il Sud pari a zero); finanziamento lavori G8 a La Maddalena; rottamazione frigoriferi; rimborso obbligazioni Alitalia; ripianamento disavanzo Comuni. Per non parlare delle enormi risorse (oltre 50 mld di euro) derivanti dai profitti realizzati nell’intero Paese (anche dal notevole risparmio del Sud e dai maggiori costi per interessi pagati dalle imprese del Sud), dalle maggiori banche e reinvestite dalle Fondazioni di riferimento, esclusivamente, nei territori dove quest’ultime hanno sede. Risorse che, evidentemente, concorrono per aumentare il divario. Non si può non considerare che non siano stati posti in essere dal Governo Monti elementi di novità rispetto al passato: a partire da una definizione più stringente delle priorità e degli obiettivi da raggiungere (occupazione, istruzione, infrastrutture per la mobilità, agenda digitale, ecc.); dalla fissazione di una gerarchia temporale che privilegia i risultati di lungo periodo; dalla necessità di attribuire un ruolo più deciso alla politica nazionale nel coordinare, controllare, ed eventualmente sanzionare, le inefficienze e gli sprechi che dovessero verificarsi sul piano locale. C’è da sperare che questi impegni siano mantenuti dalla politica, in un quadro più ampio volto a valorizzare lo straordinario potenziale: straordinario patrimonio culturale ed ambientale, con particolare riguardo all’agricoltura di qualità e alla sostenibilità. Tenendo nel dovuto conto il dato in crescita dell’occupazione nelle imprese culturali, nella Green economy e nel turismo (quest’ultimo registra inoltre, una significativa crescita del saldo valutario di oltre 30 mld di euro, con un saldo commerciale positivo di oltre 11 mld di euro, nonostante i noti ritardi). A tale proposito risulterebbero necessari interventi diretti a rafforzare la crescente domanda potenziale, ad oggi depressa dal deficit di competitività derivante dalla mancanza di: infrastrutture materiali e immateriali, trasporti, mobilità, qualità dei servizi. Perché non è razionale non comprendere come sia un valore per l’intero paese sfruttare la naturale vocazione turistica del mezzogiorno e la forza attrattiva di investimenti esogeni che potrebbero concorrere per ridurre la disoccupazione e per attenuare il diffuso fenomeno della malavita organizzata. In definitiva urge un’Agenda implementata da politiche indispensabili per far uscire il Mezzogiorno dal cono d’ombra in cui è precipitato e, possibilmente, per superare, davvero, la paralizzante antinomia tra centralismo e localismo. Per tenerli insieme, in un’unica visione prospettica che comprenda anche la dimensione globale, la responsabilizzazione delle classi dirigenti meridionali e le responsabilità della politica nazionale, cioè due sfere decisionali che per troppo tempo hanno giustificato se stesse nascondendosi dietro alle reciproche inadempienze. Perché sembrerebbe superfluo ricordare che senza una efficace regolazione statale,senza una forte presenza del Governo che sia in grado di ritagliarsi un ruolo sostanziale nelle politiche di sviluppo locale, mettendo in atto i necessari interventi di riequilibrio territoriale e favorendo il posizionamento dei territori nelle reti dell’economia globale, qualsiasi politica di sviluppo sarà esposta ai rischi d’insuccesso. Tuttavia, al di là delle richiamate politiche attivate dal governo Monti rispetto al passato e al di là delle riconosciute competenze del ministro Barca in tema di politiche di coesione, è lecito nutrire qualche dubbio sul fatto che il “Politico” Monti sia interessato a condividere, davvero, un politica di sviluppo solidale per il Sud. Emerge, purtroppo, una contraddizione tra gli interventi che sarebbero necessari per il rilancio del Mezzogiorno e l’orientamento complessivo dell’Agenda Monti a concentrarsi su interventi selettivi mirati a sostenere le aree forti del Paese in una competizione globale che diventa sempre più aspra. Nel ringraziare per l’attenzione,cordiali saluti. Alessio Lattuca.

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