martedì 16 settembre 2008

Lampedusa isola per teatranti secondo Diderot


«AH! Amici miei, se andassimo finalmente a Lampedusa, a fondare una piccola comunità di gente felice in mezzo al mare, lontano dalla terra!».Lo propose a metà del Settecento Denis Diderot, l'illulstre enciclopedista, come ci ha riferito Roberto Giambrone nel suo dotto articolo su “La Repubblica” del 13 luglio 2008- pagine regionali siciliane- dal titolo “Lampedusa, l'isola dei comici”.
Ricordiamo che nella Francia del Sei-Settecento per comici si intendevano tutte le persone di teatro, non solo coloro che erano impegnati in lavori buffi, e si intendeva per capo-comico l'autore dell'opera che al tempo tempo stesso era regista e attore della pièce messa in scena. Il capocomico, certamente più famoso della storia del teatro, è Moliere che operò alla corte di Versailles al tempo del Re Sole. E proprio ad una comunità di teatranti in effetti pensava Diderot quando la indicava come sede ideale per una piccola comunità felice. Infatti affermava «lì gli attori sarebbero i nostri predicatori e non dubitate che li sceglieremmo con la cura richiesta dall'importanza del loro ministero». Il riferimento agli attori come predicatori rinvia necessariamente al mondo della politica di oggi, in quanto soprattutto di predicatori è fatta la casta di chi ci amministra (governo e opposizione). La politica, è inutile negarlo, oggi ha più i contenuti dello spettacolo che della gestione della cosa pubblica. Il teatrino della politica, dunque. Basti pensare che per i politici tutti è più importante andare a “Porta a porta” di Vespa o a “Matrix” di Mentana o a tanti altri talk-show piuttosto che fare un intervento in Parlamento. Oggi conta di più l'apparire che il fare. I risultati concreti per i politici non contano più. Per restare a casa nostra, c'è chi ad Agrigento si è costruita la propria fortuna politica sulla promessa dell'aeroporto. Orbene l'aeroporto non è stato costruito (e forse non lo sarà mai). Ma incredibilmente chi l'ha promesso è stato premiato con un seggio alla Camera dei deputati. Molti politici (mi riferisco ai leader di partito, qualcuno di loro oggi riveste alte cariche istituzionali) sono andati alle trasmissioni televisive di avanspettacolo di Pippo Franco a prendersi le torte in faccia, pur di avere il loro momento di notorietà. Non so se Diderot aveva previsto anche questi effetti aberranti quando parlava di “attori-predicatori” però avvertiva che sarebbe stata necessaria una “particolare cura” nella scelta dei predicatori (e i politici, bisogna ammetterlo, sono abilissimi predicatori), lasciando intendere, suppongo, che se avessero dato cattiva prova di sé avrebbero avuto subito il ben servito. Oggi, come abbiamo visto, avviene esattamente il contrario: sono premiati!
Vediamo di capire, ora, perché Diderot individua in Lampedusa il luogo ideale per teatranti.
Intanto, bisogna ricordare che, al tempo di Diderot, Lampedusa non era stata ancora colonizzata: lo sarà solo il secolo successivo per volere di Ferdinando II di Borbone. Il pensatore illuminista aveva una conoscenza della più grande delle Pelagie abbastanza curiosa e divertente, come si ricava da un passo dei “Colloqui”, che riportiamo: «La Lampedusa è un' isoletta deserta del mar d' Africa, situata più o meno a metà strada tra la costa di Tunisi e l' isola di Malta. è ricchissima di pesca, è coperta di olivi selvatici, la terra è fertile. Il frumento e la vite attecchirebbero. Invece non è mai stata abitata da altri che da un marabutto (religioso musulmano, n.d.r) e da un cattivo prete. Il marabutto aveva rapito la figlia del bey di Algeri, si era rifugiato lì con la sua amante, e vi aveva trovato salvezza. Il prete, frate Clemente, ha passato dieci anni a Lampedusa, e fino a poco tempo fa ci viveva ancora. Aveva del bestiame, coltivava la terra. Chiudeva le provviste in un sotterraneo e andava a vendere il resto sulle coste vicine, dove se la spassava finché i soldi gli duravano. Nell'isola c' è una chiesetta, divisa in due cappelle, che i maomettani venerano come tombe del santone e della sua amante. Frate Clemente aveva consacrato una cappella a Maometto e l' altra alla Santa Vergine. Se vedeva arrivare una nave cristiana accendeva la lampada alla Vergine. Se il vascello era maomettano, subito spegneva la lampada della Vergine e ne accendeva una per Maometto». Esempio di furbizia o di vigliaccheria? Oggi diremmo: né l'una né l'altra cosa, piuttosto un pragmatico tentativo di multiculturalismo ante litteram, di incontro non traumatico tra religioni. Se le diverse fedi religiose avessero seguito, nella Storia, l'esempio del simpatico frate Clemente molte guerre di religione (con milioni di morti) probabilmente non sarebbero state combattute, certe drammatiche pulizie etniche evitate. E in questa direzione sembra anche andare la spiegazione che ne dà la storica del teatro, Mirella Schino, nel suo recente saggio “Storia e Teatro” (Bulzoni Editore 2008): cioè la posizione di liminarità, di confine tra due culture diverse quella cristiana e quella musulmana, avrebbe convinto Diderot della possibilità che a Lampedusa si incontrassero teatranti di scuole, di ideologie e di lingue diverse, che potessero costituire (diremmo oggi) quella “melting pot” artistica, quella fusione di sensibiltà e di credenze che potrebbe essere una buona base di partenza per un progetto più ampio di tolleranza e di pace universali.
Si è sempre pensato, tra l'altro, a un luogo ideale per la nascita di un Teatro del Mediterraneo
La proposta di Diderot di una Lampedusa come luogo ideale per una comunità di teatranti, a questo punto, potrebbe far pensare a essa come sede permanente di questo teatro.
Peraltro gli spettacoli di “Oh Scià”, che da alcuni anni vi radunano decine di migliaia di appassionati fans, possono essere considerati “in nuce” i primi esperimenti del vagheggiato Teatro del Mediterraneo. Gli spettacoli di “Oh Scià” non hanno ancora respiro internazionale, ma nulla toglie che possano acquisirlo in futuro, nel senso però di attrarre a Lampedusa masse di giovani da tutti i paesi rivieraschi del Mediterraneo agli spettacoli che si organizzeranno e non il contrario, cioè di portare gli spettacoli negli altri paesi. Così operando si otterrebbero due risultati: quello importante dell'incontro di civiltà e culture diverse sempre nello stesso luogo, che sarebbe dispersivo e impossibile da concretizzare se si cambiasse ogni anno la località che ospita il teatro, e il risultato non meno importante di rilanciare l'economia di Lampedusa che in questi ultimi anni è stata molto penalizzata in quanto, suo malgrado, è stata palcoscenico di rappresentazioni di altri drammi, questa volta non teatrali ma umani, con lo sbarco continuo di disperati alla ricerca di una vita dignitosa.
Gaetano Gaziano
tanogaziano@yahoo.it

1 commento:

Anonimo ha detto...

Eccellente l'idea di creare a Lampedusa un Teatro del Mediterraneo"...