martedì 14 luglio 2009

PIANO DEL PARCO E PROSPETTIVE DI SVILUPPO


La situazione di grande difficoltà che attanaglia la provincia di Agrigento deve sicuramente fare riflettere tutti su quali strategie mettere in campo per programmare un futuro che dia speranza soprattutto alle nuove generazioni. C'è da parte di molti agrigentini la consapevolezza di trovarci ad un bivio molto importante in quanto le scelte di oggi sono quelle che decideranno il futuro dei prossimi cento anni. Ecco perché ad esempio in una città sonnolenta e scettica com'è stata sempre Agrigento, si è visto in questi ultimi tempi un fermento che partito dai cittadini ha coinvolto anche gli esponenti politici e istituzionali com'è successo con la mobilitazione contro il rigassificatore. Questa non è certo l'unica scelta importante che si sta operando nel nostro territorio, c'è anche infatti la scelta che riguarda la privatizzazione dell'acqua che ha visto scendere in campo molti sindaci della provincia di Agrigento. Un argomento, poi, che sicuramente interessa la città è quello legato alle scelte gestionali del parco archeologico. Le sorti della città di Agrigento sono state in questi ultimi cinquant'anni sempre legate alla Valle dei Templi. Tutti noi sappiamo come l'evento calamitoso della frana abbia portato Agrigento e la sua Valle al centro del dibattito nazionale e al decreto Gui-Mancini. Nasce a quel punto una politica rigorosa di tutela della Soprintendenza che tra mille difficoltà inizia tra gli anni settanta e ottanta una politica degli espropri dei terreni e degli immobili della Valle che, sebbene all'inizio impopolare e osteggiata, ha avuto il merito di contrastare l'abusivismo e una pressione antropica insostenibile per un sito così prezioso e delicato. Il lavoro di tutela compiuto dalla Soprintendenza è stato sicuramente encomiabile e ha portato allo strepitoso risultato dell'inserimento nel 1997 della Valle nella World Heritage List dell'Unesco, riconoscendo così contro la “vulgata corrente” l'integrità archeologica e paesaggistica della Valle. Conclusa la prima fase importantissima della tutela anche con la demanializzazione, nasce nel 2000 l'Ente Parco con il compito precipuo oltre che di tutelare di valorizzare i beni archeologici, ambientali e paesaggistici promuovendo tutte le iniziative adeguate allo sviluppo turistico e ad assicurare la fruizione e il godimento sociale del territorio. Il parco di circa 1400 ettari venne diviso in tre zone: archeologica, ambientale-paesaggistica e naturale attrezzata. La legge regionale n. 20 del 2000 impose poi un piano del parco che individui e definisca la destinazione d'uso del territorio e dei manufatti legalmente esistenti. Oggi il piano del parco, sebbene con molto ritardo, è in dirittura d'arrivo. Dopo l'adozione del luglio del 2008 siamo nella fase dell'esame delle opposizioni e delle osservazioni propedeutica all'approvazione dell'Assessorato regionale ai BB.CC. Nell'attesa del piano sono stati compiuti in questi anni molti passi sul cammino della fruizione e della valorizzazione sempre coerenti con il piano stesso. Oggi ad Agrigento arrivano circa 700 mila turisti all'anno che pagano il biglietto di ingresso per visitare la zona archeologica, mettendo in moto un processo virtuoso di sviluppo economico basato sul turismo che, però, ancora risulta ben poca cosa rispetto agli altri processi che si dovranno innescare se veramente si vuole fare di Agrigento una città a sviluppo turistico e non solo a vocazione turistica. Ecco perché molti oggi guardano al piano del parco come allo strumento più idoneo per sviluppare tutti quei progetti capaci di catturare un turista-viaggiatore meno frettoloso e più stanziale. Il piano del parco in ciò viene in aiuto, individuando tutta una serie di attività compatibili che vanno dalle passeggiate contemplative per raggiungere punti panoramici, all'attività di trekking, mountain-bike, passeggiate equestri eccetera. Obiettivo primario perciò è quello di ampliare l'offerta, aggiungendo alla fruizione archeologica quella paesaggistica. Ciò è possibile istituendo delle convenzioni tra l'Ente Parco e i privati: associazioni culturali, cooperative di giovani, eccetera. Il cuore del parco, poi, è uno scrigno preziosissimo che racchiude tanti gioielli, non solo cioè la via sacra ma tutto ciò che ha caratteristiche omogenee pur nella sua peculiarità. Penso al cardo che dal tempio della Concordia raggiunge S.Nicola in un bosco di mandorli e ulivi con punti panoramici eccezionali; al quartiere ellenistico-romano; alla chiesa di S.Biagio e al santuario rupestre di Demetra; all'ipogeo Giacatello; al tempio di Vulcano e poggio Meta; alla tomba di Terone e al tempio di Esculapio e ciò solo per fare alcuni esempi. Questi siti, ognuno con la propria unicità, non solo archeologica ma anche paesaggistica possono diventare tante Kolymbetra facilmente gestibili ed egregiamente fruibili. Il sistema di gestione che il Fai ha messo in campo deve diventare, cioè, il modello a cui ispirarsi se si vuole che il parco sia il motore di sviluppo per la nostra economia. A questo punto nasceranno molte opportunità concrete di lavoro per quanti, e sono molti, hanno voglia, professionalità, creatività e capacità di fare. Bisognerà individuare cioè, caso per caso, secondo la diversa tipologia del luogo, vari progetti con strategie mirate a conservare e recuperare le caratteristiche e le diversità per ottenere la migliore e più idonea valorizzazione dell'area sotto tutti i profili, al fine di catturare il turista-viaggiatore esigente e rispettoso dei luoghi. Alla luce di tutto ciò è ovvio che è semplicistico e riduttivo pensare a soluzioni generiche come affidare ad esempio 250 ettari di terreni del parco ad un unico soggetto molto preoccupato magari del proprio business privato e poco dell'interesse collettivo. I terreni espropriati negli anni ai legittimi proprietari non lo sono stati in quanto agricoli ma perché costituivano un unicum inscindibile di archeologia e paesaggio. L'ipotesi pertanto di affidare anche il cuore del parco come se fosse semplice terreno agricolo non è percorribile. Non si può cioè pensare di coltivare mandorli, ulivi, pistacchi e in più magari zucchine, pomodori e finocchi come se si trattasse di una comune azienda agricola e non di uno dei siti più straordinari della Magna Grecia. Se si facesse ciò, si rischierebbe di vanificare mezzo secolo di sacrifici individuali e collettivi proprio nel momento in cui ci si avvicina a quel traguardo che dovrà portare benefici ad un'intera comunità. L'imperativo categorico oggi perciò è pensare in grande e mettere in atto strategie di sviluppo che sappiano coniugare la tutela con la fruizione, abbandonando scorciatoie che non porterebbero lontano.
Caterina Busetta
Consigliere dell'Ente Parco di Agrigento

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