martedì 10 maggio 2011

IL DRAMMA DEI PROFUGHI AL TEATRO MASSIMO DI PALERMO

Il teatro Massimo di Palermo ha messo in scena dal 29 aprile all'8 maggio il dramma lirico "La passione greca" del musicista ceco Bohuslav Martinu, tratto dal romanzo "Cristo di nuovo in croce" del greco Nikos Kazantzakis.
L'opera ci racconta dei preparativi della rappresentazione della passione di Cristo, come se ne realizzano in tutto il mondo cristiano, ma la novità che la rende estremamente attuale e originale è l'incrociarsi sulla scena del dramma cristiano con il dramma di un gruppo di profughi greci che avevano avuto incendiato il proprio villaggio dai turchi.
C'è in quest'opera un'eccezionale coincidenza storica che forse non ha eguali nella cultura umana: i due autori, il musicista e lo scrittore, hanno vissuto sulla propria pelle la tragedia di essere profughi.
Kazantzakis ha dovuto abbandonare da bambino il proprio paese natale Heraklion nell'isola di Creta, a quel tempo sotto la dominazione turca ed essendo suo padre un dissidente greco.
C'è di più: come direttore generale del ministero greco per gli affari sociali organizzò il trasferimento delle popolazioni greche originarie del Ponto, sfollate dopo la Rivoluzione d'Ottobre, dal Caucaso in Macedonia e i Tracia. Conosceva bene, quindi, le difficoltà e i tormenti del profugo.
Il musicista Martinu, che nel 1940 viveva a Parigi, fu costretto a sua volta a trasferirsi negli Stati Uniti a causa degli eventi bellici.
"La passione greca" fa rivivere sulla scena i legittimi momenti di tormento e di paura che hanno vissuto allora i cittadini greci di quel piccolo paese “invaso” dai profughi e che vivono oggi i lampedusani a seguito di questa nuova e massiccia ondata di sbarchi, che ha visto la loro isola “invasa” in pochi giorni da più di ventimila profughi e clandestini, inizialmente lasciati allo sbando dalle istituzioni, che non avevano ancora attivato, com'era giusto che fosse, una strategia di gestione di questo fenomeno epocale.
E furono proprio i lampedusani che, superata l'iniziale perplessità e diffidenza, si attivarono per aiutare quella dolente massa di umanità, prodigandosi in un'eccezionale operazione di accoglienza e di solidarietà.
Per una singolare coincidenza quegli sbarchi avvennero in periodo di quaresima.
E, allo stesso modo che sulla scena teatrale, il loro sentimento fraterno è stato avvertito innanzi tutto come manifestazione di amore cristiano. In ciò, bisogna dirlo, hanno avuto molto vicina la Chiesa lampedusana e agrigentina.
E' lo stesso afflato solidale che si sviluppa sulla scena, quando i protagonisti, inizialmente diffidenti verso i profughi, avvertono l'esigenza di aiutarli man mano che si immedesimano nei ruoli della passione di Cristo. E come Cristo è morto in croce perché predicava l'amore universale, cosi Manoliòs, che nel dramma impersona Gesù, viene ucciso sulla scena perché si batte per l'accoglienza di quel disperato gruppo di profughi fuggiti dallo sterminio turco.
La rappresentazione teatrale è stata molto apprezzata dal pubblico del Massimo di Palermo.
Anche il sentimento dei lampedusani è sempre più apprezzato ai livelli alti. Recentemente Maroni li ha proposti per un riconoscimento al presidente Napolitano. I lampedusani ringraziano. Già in passato hanno ricevuto la medaglia d'oro al valor civile per l'opera di accoglienza dei clandestini. Berlusconi ha dichiarato che il governo italiano chiederà per loro il Nobel per la pace. Tutte cose bellissime, ma per i lampedusani, che giusto in questi giorni si sono prodigati assieme alle forze dell'ordine per il salvataggio di centinaia di profughi naufragati sulle coste dell'isola al termine di uno dei tanti “viaggi della speranza”, il premio più bello è stato certamente il sorriso di quei bambini neri accolti nella braccia dei soccorritori.
Gaetano Gaziano
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