Le operazioni di trasformismo politico, anche le più spericolate, vengono definite oggi con il termine di “laboratorio politico” (ovviamente da chi le compie).
Gli esponenti di una coalizione, che passano a quella contrapposta, non vengono chiamati traditori, voltagabbana eccetera ma, a questo punto, possono “elegantemente” essere definiti “tecnici di laboratorio”. Dei ricercatori, insomma. Ricercatori sì, ma di poltrone.
E hanno anche un forte alibi morale: “lo facciamo per il bene del Paese”.
Il trasformismo è un vizietto antico. Benedetto Croce diceva che gli Italiani ce l'hanno nel codice genetico. E' comune a tutte le forze politiche,per cui risultano patetiche le accuse di “campagna acquisiti” che fanno oggi alcuni schieramenti contro gli avversari politici, dimenticando che anche loro in passato hanno fatto ricorso a palesi manovre di trasformismo (pardon di “laboratorio politico”) per ribaltare il risultato delle urne elettorali.
Bersani che oggi chiede addiritura l'incriminazione di Berlusconi per corruzione non ricorda o, meglio, fa finta di non ricordare che il primo governo Berlusconi fu fatto cadere perché la Lega Nord, alleata di Forza Italia, passò dall'altra parte della barricata, diventando “una costola del centro-sinistra”, con la complicità del presidente ribaltonista di allora, Oscar Luigi Scalfaro.
Ma non c'è bisogno di tornare al passato per dimostrare che il vizietto trasformista ha contagiato anche i “compagni” (o come diavolo si chiamano oggi, per dirla con Veltroni) Bersani, Finocchiaro, Lumia e Cracolici, basta vedere il ribaltone che hanno fatto in Sicilia alla corte di Raffaele Lombardo, oggi “affettuosamente” chiamato don Arraffaele, alleandosi con i post-fascisti di Fini e i centristi di Casini (ribaltonista a Palermo ma all'opposizione a Roma) e mandando a casa la coalizione che aveva vinto le elezioni.
E' l'esperimento fotocopia di “laboratorio politico”, chiamato milazzismo, che fu fatto in Sicilia negli anni Sessanta per mandare a casa la Dc allora al governo. Con un'aggravante: a quel tempo non c'era l'elezione diretta del presidente della regione sostenuto da una coalizione. Oggi invece la “compagna” Anna Finocchiaro, rivale sconfitta di don Arraffaele alle ultime elezioni regionali, si trova a governare proprio con il “riformista” Lombardo. Ma bisogna dare atto almeno a don Arraffaele che, per giustificare l'inciucio siciliano ordito con il “compagno-fidanzato” Antonello Cracolici, non si è rifugiato nelle terminologie finto-eleganti di “convergenze parallele” o “politica dei due forni” come si faceva un tempo o “alleanza costituzionale” come fa oggi il “compagno” Bersani ma, molto più terra terra, ha ammesso che “governa con ci sta”.
La verità amara è che per molti professionisti della politica le espressioni “sinistra”, “destra” e “centro” sono oggi, come lo furono ai tempi di De Pretis, Crispi e Giolitti, comode etichette per acquisire un seggio in Parlamento o nelle varie assemblee politiche, salvo poi a fare gli interessi di coloro che comandano veramente: i potentati economici e industriali.
Ne è una dimostrazione vivente e lampante l'esperimento di “laboratorio politico” di don Arraffaele con gli inciucisti di Fini, Casini e Bersani.
Il nostro “illustre” governatore, durante la campagna elettorale, cavalcò gli slogan del “riformismo” e dell' “autonomismo”, proclamando con fierezza che “i lor signori non trasformeranno la Sicilia in pattumiera d'Italia”, volendo contrastare, a suo dire, i gruppi industriali del Nord (“i lor signori”) e la loro strategia colonizzatrice tendente a installare nel nostro territorio termovalorizzatori, rigassificatori e centrali nucleari.
Appena eletto governatore, don Arraffaele si dimenticò di promesse e di proclami elettorali, aprendo le porte proprio a termovalorizzatori, rigassificatori e centrali nucleari e ciò con il consenso caloroso della coalizione di centro destra con cui governava prima e con quello di Fini, Casini e dei “compagni” Bersani, Finocchiaro, Lumia, Cracolici (il fidanzato) con cui governa oggi.
Sono questi interessi il vero motore di certi nostri politicanti (e li chiamano pure "onorevoli") che in pubblico litigano o, meglio, fingono di litigare per la casetta in Canadà o per le escort che stanno qua, ma che in privato fanno il gioco dei poteri forti. E lo fanno appassionatamente politici di “destra”, di “centro” e di “sinistra”.
E gli elettori, direte voi?
Per loro vale l'eterna massima del marchese Del Grillo: “io so' io e voi non siete un c***o”.
Gaetano Gaziano
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