martedì 30 dicembre 2008

Se i Governi dipendono dalle Lobbies...


«Quando un governo dipende dai banchieri per il denaro, questi ultimi e non i capi del governo controllano la situazione. La mano che dà è al di sopra della mano che riceve. Il denaro non ha patria e i finanzieri non hanno patriottismo né decenza; il loro unico obiettivo è il profitto» affermava Napoleone, consapevole che tutti i governi, compreso il suo, erano fortemente condizionati dal potere bancario se prendevano da esso finanziamenti.
Non esistendo a quel tempo le lobbies industriali, Napoleone naturalmente era portato a considerare come pesante solo il condizionamento dei gruppi bancari internazionali (i Rotschild in testa) sugli Stati Europei, sempre in guerra tra di loro e costretti quindi a fare frequente ricorso ai loro finanziamenti.
Oggi ovviamente gli scenari finanziari sono radicalmente cambiati e al potere forte, costituito dai banchieri, si sono aggiunti altri poteri forti ugualmente influenti, se non di più, sull'attività politica dei governi, come le lobbies industriali.
Se si considera che, all'atto del varo del governo Prodi-bis, l'allora presidente della Deutsche Bank Italia, Vincenzo De Bustis, definito dal Corriere della Sera il “banchiere di D'Alema”, attualmente trasferitosi a Londra a dirigere un fondo internazionale di investimenti, ebbe ad affermare, in un'intervista rilasciata proprio al Corriere Economia, che lui stesso aveva “dettato l'agenda” al nascituro governo Prodi, si può toccare con mano la forte dipendenza dei governi (senza distinzione di colore politico) dal mondo degli affari e dalle lobbies nazionali ed internazionali.
Per l'ultima discutibile iniziativa del governo Berlusconi della “social card”, più demagogica che utile, hanno dovuto fare ricorso al finanziamento parziale “graziosamente” elargito da Enel e da Eni. E si sa che le lobbies non fanno niente per niente. Nella fattispecie la “generosità” dei due potenti gruppi industriali non ha fatto altro che aumentare la dipendenza dei nostri governanti dai potentati economici.
Per quanto riguarda la Sicilia, grazie ai nostri politici ascari, la nostra terra potrebbe presto diventare, l'Eldorado di avventurieri senza scrupoli che hanno, come diceva Napoleone, un unico obiettivo il profitto, poco importando loro la salvaguardia del nostro immenso patrimonio culturale, che anzi costituisce un fastidioso ostacolo alle loro mire di colonialismo aggressivo e becero.
E in ciò sono anche incoraggiati dalle allettanti agevolazioni messe in campo dai nostri “lungimiranti” governanti. Hanno previsto, infatti, che per chi costruirà i rigassificatori, sarà comunque garantito il fatturato “vuoto per pieno”, e ciò in base ad una “clausola di garanzia” sancita da una delibera dell'Autorità per l'Energia e il Gas (178/2005), che dispone che ai gestori dei rigassificastori verrà assicurato, anche in caso di inutilizzo dell'impianto, l'85% dei ricavi di riferimento. Un prezioso regalo che graverà ovviamente sulle bollette degli Italiani.
E in questo progetto strategico politici ascari e lobbies senza scrupoli hanno trovato valida sponda proprio in quei funzionari statali, regionali, provinciali e comunali che dovrebbero vigilare istituzionalmente per la tutela del nostro patrimonio storico, culturale e paesaggistico.
Negli anni Cinquanta fu un coraggiosissimo Soprintendente con gli attributi, Pietro Griffo, a dire no ai capannoni della Fiat nella piana di S.Gregorio della Valle dei Templi. Oggi l'attuale Soprintendente di Agrigento, pronta a fare le barricate per una passerella mobile, che eviterebbe ai turisti di attraversare la strada statale a rischio di incidenti (come peraltro è già successo), ha chiuso un occhio anzi tutte e due sul rigassificatore a ridosso della Valle dei Templi.
In queste condizioni, c'è da esserne certi, lobbies nazionali e internazionali, guidate magari dai “capitani coraggiosi” amici di D'Alema o da gruppi di immobiliaristi amici di Casini, piomberanno dalle nostre parti come avvoltoi a portarci “il progresso, l'occupazione e il benessere”.
Staremo a guardare? Non proprio! Dopo esserci rivolti ad associazioni con l'aureola immeritata di difensori del patrimonio artistico e culturale, come la Delegazione italiana Unesco del filosofo Gianni Puglisi e il Fai di Giulia Maria Mozzoni Crespi, dottoressa (ad honorem) di storia dell'arte, che, dopo un primo timido accenno di sostegno, hanno fatto un clamoroso voltafaccia, “folgorati” sulla via del rigassificatore, abbiamo capito che dobbiamo essere noi agrigentini a difendere la nostra storia, la nostra cultura e le nostre tradizioni. E lo faremo in tutte le sedi: nazionali ed europee. Almeno tre ricorsi al Tar sono stati già presentati contro l'ignobile decreto Prestigiacomo-Bondi. E' gia stata preannunciata da alcune associazioni agrigentine la richiesta alla Commissione Europea di sottoposizione del governo Italiano alla procedura di infrazione per violazione della normativa europea in materia di tutela dell'Ambiente, del Paesaggio, del Patrimonio Culturale, nonché della normativa Antitrust. Analoga iniziativa è stata avviata davanti agli organismi internazionali dell'Unesco, a tutela della Valle dei Templi inserita dal 1997 nella World Heritage List.
Gaetano Gaziano
tanogaziano@yahoo.it Continua a leggere...

domenica 21 dicembre 2008

I veri barbari...


"I veri barbari non sono coloro che non hanno mai conosciuto la grandezza, ma coloro che, avendola conosciuta in passato, non sono più in grado di riconoscerla” affermava più di un secolo Marcel Proust. Oggi la frase è tornata drammaticamente d'attualità con i nuovi barbari che sono sempre assetati di denaro e di potere ma che hanno mutato pelle: essi non vanno in giro più con le vesti di capra e con gli elmetti con le corna a disseminare flagelli, come venivano rappresentati nell'immaginario collettivo qualche tempo fa, ma vestono abiti di sartoria e siedono nei consigli di amministrazione delle lobbies multinazionali e delle banche di investimenti. Hanno una sola religione il denaro, sul cui altare sono disposti a sacrificare valori anche universali e ad attentare al patrimonio culturale dell'umanità: business is business, come dicono alla City.
Ma noi amanti della Valle dei Templi li fermeremo in difesa della sacralità dei nostro patrimonio culturale, come Attila fu fermato in difesa della sacralità della civiltà occidentale.
Bertolt Brecht affermava “Beati i popoli che non hanno bisogno di eroi”. Giusto! Ma che dire di quei popoli che, non avendo eroi, si ritrovano ad essere amministrati, peraltro ai massimi livelli, da gente che accetta i Rolex tempestati di diamanti e si umilia a mangiare con la servitù nell'imbarcazione di servizio degli emiri arabi? E che dire di quelle comunità che si ritrovano per sindacalisti i servi dei padroni e per giornalisti alcuni prezzolati pennivendoli, tutti collaborazionisti delle lobbies? E di quelle comunità i cui intellettuali, che dovrebbero fare da bussola di riferimento, preferiscono tacere o peggio ancora assecondare i progetti di invasione selvaggia dei nuovi barbari?
Noi cittadini di Agrigento contrasteremo i progetti di invasioni barbariche senza eroi che ci guidano, senza chiedere aiuto a istituzioni lontane e sorde o ad associazioni dal nome altisonante pronte a genuflettersi di fronte alle lobbies. Da semplici cittadini, con dignità e orgoglio! Facendo affidamento solo sui nostri rappresentanti e associazioni locali che, anche se in pochi, hanno dimostrato sensibilità e disponibilità e ci stanno dando una mano.
E' tempo di auguri: ai visitatori di questo blog i più cordiali auguri di Buone Feste e a tutti gli agrigentini quello di respingere nelle loro terre i nuovi barbari (e possiamo assicurarvi che siamo sulla buona strada).
Caterina Busetta e Gaetano Gaziano
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mercoledì 10 dicembre 2008

Massimo D'Alema, Santo subito!


Un abituale visitatore del nostro blog che si firma “Maori” in omaggio all'orgoglioso e indomito gruppo di aborigeni della Nuova Zelanda, la cui danza di guerra è stata adottata dai famosi giocatori di rugby “All Blacks”, e che dice di scrivere da Londra, a commento del post “Caro Massimo, grazie di esistere”, ha inviato la lettera che segue:
“Cari autori e visitatori del blog, saluti da Londra dove piove “cats and dogs”, e quindi ne approfitto per leggere i giornali locali dove ho trovato una notizia molto interessante e pertinente a quanto scritto da Gaetano Gaziano. Sembra che il Vaticano, come ringraziamento al governo Italiano e a qualche amico di Walter Veltroni per i fondi restituiti alle scuole cattoliche, e probabilmente per averne ancora di piu’, abbia deciso di proclamare altri Beati o Santi e proposto alcuni candidati. San Clemente da Ceppaloni, gia’ considerato santo da molto tempo, e la casta Santanche’ poiche’ le spetta per nascita; inoltre suggeriscono: i Beati Bigotti: Bindi – Bondi; i SS. Vladimir Luxuria – Anna Finocchiaro; le SS. vergini e martiri Stefania Prestigiacomo, Mara Carfagna, e Gabriella Carlucci, da celebrare lo stesso giorno di San Capezzone, che con il cognome (anzi doppio) che si ritrova, le Sante vergini se lo possono rigirare come vogliono. Si dice anche che quando Massimo D’Alema, con l’aiuto di Cossiga, sia venuto a conoscenza della lista proposta, abbia immediatamente spedito una lettera di protesta al Vaticano : “ Caro Benedetto, francamente non capisco come puoi escludere un potente della mia smisurata cultura ed intelligenza......” Arriva subito la risposta del Vaticano: “ Caro Ciovane, tu sei unico, tu sei il Massimo, non sappiamo in quale ciorno collocarti, ma appena si fa un posto libero......”. Quando ho letto il detto Siciliano: "nuddru si piglia si nun si rassumiglia" avevo pensato di affiancare Massimo ai SS. Kuarakuakua’, ma ha ragione il Vaticano, e poi lo specchio potrebbe cambiare idea...tranne che qualcuno venga con qualche idea originale. Tengo a precisare che Natale non si puo’ cambiare, me lo ha confidato Padre Kate-Kismo che di queste cose se ne intende.”
Da Londra con amore, f.to: Maori
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mercoledì 3 dicembre 2008

Caro Massimo D'Alema, grazie di esistere!


Penso, caro Massimo, che tu giustamente al mattino ti soffermi per qualche tempo davanti allo specchio, interrogandolo: “Specchio, specchio delle mie brame chi è il più potente del reame?”. La risposta ovvia (lo so) è immancabile e ripetitiva: “Fino ad oggi al mondo non c'è chi è più potente di te!”. Lo specchio ha ragione! Hanno tentato di indagarti alcuni “cattivi” magistrati (esempi da non seguire come hanno affermato Csm e Corte di Cassazione). E cosa hanno ottenuto? Sono stati trasferiti loro:(ben gli sta!). “Cattivi” giornalisti hanno scritto delle inchieste del gip Clementina Forleo e del giudice Luigi De Magistris. Presentuosi! E cosa pensavano di essere come Bob Woodward e Carl Bernstein del Washington Post che hanno fatto incriminare Richard Nixon? Infatti, invece di indagare te, Mastella e Prodi, hanno indagato i “cattivi” giornalisti per associazione a delinquere finalizzata alla diffamazione a mezzo stampa. Giusto così!
Si è vero: oggi altri “cattivi” magistrati di Salerno stanno tentando di indagare sui giudici di Catanzaro e del loro complotto contro De Magistris. Ma non andranno lontano. Anzi no, andranno molto lontano: saranno trasferiti pure loro!
Bene, quindi, hai fatto ad andare alla trasmissione “Crozzaitalia” a rivendicare il tuo primato e quello della classe politica dirigente che rappresenti. Bene hai fatto ad affermare che tutti i guasti del nostro sistema sono da imputare ai rappresentanti della società civile oggi presenti in Parlamento: professionisti, industriali, commercianti, eccetera. Che quando governavate voi “professionisti” della politica le cose sono andate molto meglio (nella prima e nella seconda repubblica) e avete costruito le fondamenta della società del benessere e dello sviluppo. Giusto anche il ricordo dei grandi politici come De Gasperi, La Malfa e Togliatti, tra cui ovviamente rientri anche tu, non a caso hai ricordato il tuo “pesante” curriculum politico che va dall'inizio, quando muovevi i primi passi con i calzoni corti nella Fgci, ad oggi. Tutto vero, oh grande Massimo.
Qualche “cattivo” pensatore, appartenente a quei facinorosi dei girotondini, grillini e marcotravaglini, sarebbe portato a dire che le tue sono manifestazioni di delirio di onnipotenza e culto della personalità. Sciocchezze!
Cosa sarebbe, infatti, oggi l'Italia senza i 50 anni di vita politica di Massimo D'Alema, Rosy Bindi, Clemente Mastella, Piero Fassino, Lillo Mannino, Totò Cuffaro e Angelo Capodicasa e senza i 60 anni di Napolitano, Mancino e De Mita? Senza il loro valido apporto oggi avremmo una situazione di ingovernabile anarchia!
Perciò dico, grazie Massimo! Grazie di esistere a te e a tutta la splendida compagnia dei “professionisti” della politica.
Gaetano Gaziano
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lunedì 1 dicembre 2008

Italia dei Valori a fianco dei Comitati contro il rigassificatote a ridosso della Valle dei Templi


Sabato 29 novembre presso il Parco Letterario “Luigi Pirandello”,in contrada “Caos”, il deputato dell'IDV Ignazio Messina di Sciacca ha illustrato,in conferenza stampa, la propria interrogazione parlamentare diretta ai Ministri Prestigiacomo e Bondi sull'incredibile decreto che, rilasciando la VIA (valutazione di impatto ambientale) sul rigassificatore di Porto Empedocle, ha di fatto “cancellato” la Valle dei Templi di Agrigento.
“E' impensabile”,ha dichiarato l'on.Messina ai media,“che un sito come la Valle dei Templi possa essere minacciato dall'attività governativa quando per anni abbiamo fatto la lotta agli abusivi. Da sempre portiamo avanti una politica di promozione dell'economia del nostro territorio provinciale basata sul turismo e poi improvvisamente andiamo a realizzare questa mega struttura industriale fortemente impattante. Facciamo arrivare i turisti in Sicilia,li portiamo a visitare uno dei siti archeologici più belli al mondo e poi magari gli facciamo fare una visitina al rigassificatore di Porto Empedocle”. Per evitare che questo assurdo nonsenso possa verificarsi,l'on. Messina ha anche preannunciato che presenterà in parlamento un proprio disegno di legge che impedisca che gli insediamenti industriali così impattanti vengano realizzati in prossimità di siti archeologici italiani di interesse mondiale.
D'accordo con Messina si è trovato anche Roberto Gallo,consigliere provinciale de “La Destra”,presente alla conferenza stampa.Gallo ha dichiarato che produrrà delle iniziative politiche all'interno del consiglio provinciale,in quanto,ha ricordato, la Provincia ha competenze statutarie relativamente alla localizzazione delle opere ed impianti di interesse sovracomunale (art. 15 dello Statuto provinciale).Ha aggiunto inoltre che auspica che il governatore Lombardo blocchi l'insediamento industriale,perché in Sicilia non abbiamo ancora un piano energetico regionale.
Tutto ciò,va sottolineato,fa ben sperare in quanto dimostra che alcuni nostri rappresentanti politici,a prescindere dai rispettivi schieramenti,hanno veramente a cuore la salvaguardia del nostro territorio,della nostra storia e del nostro patrimonio culturale.
Dopo la conferenza stampa,nella suggestiva cornice del parco letterario presieduto dall'ingegnere Dino Barone,si è aperto un vivace dibattito.L'on. Messina,con a fianco Salvatore Inguanta,coordinatore dell'IDV di Agrigento e Ausilia Eccelso portavoce,ha ascoltato e preso nota di quanto evidenziato dai numerosi interventi fatti da rappresentanti di comitati e associazioni di cittadini contrari al rigassificatore di Porto Empedocle,proprio perché vicino alla casa natale di Luigi Pirandello e a ridosso del parco archeologico della Valle dei Templi.Il leitmotiv è stato quello che una politica seria deve essere in grado di programmare e pianificare lo sviluppo economico del proprio territorio in modo coerente. La provincia di Agrigento,con al centro l'incomparabile sito Unesco della Valle,da anni ormai, sebbene con fatica, sta progettando uno sviluppo basato sul turismo: in questo senso va il golf resort di Sciacca così come il porto turistico di Licata. Non è perciò pensabile il rigassificatore a Porto Empedocle che, oltre al danno paesaggistico arrecherà un incalcolabile danno naturalistico, devastando tutto il nostro litorale ricco di spiagge incontaminate ed eccezionali come Torre Salsa.
Alla fine un gruppetto di presenti, con in testa l'on.Messina, si è recato presso la tomba di Pirandello che si affaccia “sulle argille azzurre e sul mare africano” (vedi foto sopra), depositando dei fiori e impegnandosi a mettere in atto tutte quelle iniziative (giuridiche, politiche e mediatiche) tese ad impedire la profanazione di un luogo così sacro.
Caterina Busetta
cbusetta@yahoo.it Continua a leggere...

mercoledì 19 novembre 2008

Giornalista del Corriere della Sera svela i giochi di Prestigiacomo


Abbiamo l'onore e il piacere di ospitare integralmente sul nostro blog l'articolo del 19 novembre con cui Carlo Vulpio(foto a margine),inviato del Corriere della Sera e uno dei pochi giornalisti con la schiena dritta ancora in circolazione in Italia, ha svelato i giochi di Prestigiacomo.
Caterina Busetta e Gaetano Gaziano
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LA VALLE DEI TEMPLI "CANCELLATA" DA UN DECRETO DEL DUO PRESTIGIACOMO-BONDI
La città di Agrigento si ribella: l'ente Parco Archeologico e il Sindaco impugnano il decreto. La reazione sdegnata delle numerose associazioni riunite nel Comitato "Salviamo la Valle dei Templi". Bruxelles chiede chiarimenti urgenti alla Regione Sicilia
DAL NOSTRO INVIATO
AGRIGENTO — Per un rigassificatore la Valle dei Templi è stata «cancellata» per decreto. Il provvedimento, adottato il 29 settembre dal ministro dell'Ambiente (Stefania Prestigiacomo) «di concerto» con il ministro per i Beni culturali (Sandro Bondi), è chiaro: dice che il progetto di un rigassificatore da 8 miliardi di metri cubi l'anno, che l'Enel vuol realizzare nel porticciolo di Porto Empedocle, «non incide su zone speciali tutelate a livello comunitario, in quanto i proposti siti di interesse comunitario più vicini (pSic) distano da 13 a 20 km dall'area di intervento ».
Il rigassificatore dunque si può fare e ha ottenuto il parere favorevole della commissione ministeriale di Verifica dell'impatto ambientale (Via) perché non intaccherebbe i siti di interesse comunitario. Vero. Peccato però che a meno di un chilometro (e non 13 o 20) dal punto in cui si vorrebbe realizzare l'opera (due serbatoi da 160 mila metri cubi ciascuno, 47 metri di altezza, 72 di diametro, più la torre della torcia, di 40 metri) ci sia il Parco archeologico della Valle dei Templi, un «sito» che in effetti non è «di interesse comunitario ». È di interesse mondiale: patrimonio dell'umanità, tutelato dall'Unesco. E peccato che sempre lì ci sia anche la stupenda contrada Caos, dove si trova la casa di Luigi Pirandello, che è anche Parco letterario.
Facile immaginare come verrebbe stravolto il paesaggio, con i serbatoi del gas, la torcia, le centinaia di navi gasiere lunghe 2-300 metri in arrivo e in partenza da Porto Empedocle, dicono le associazioni riunite nel comitato «Salviamo la Valle dei Templi», guidato dal professor Pietro Busetta, Caterina e Gaetano Gaziano, Amedeo Bruccoleri, Francesca Autiello e Lara Farraggia. Chiede il comitato: perché, se proprio si vuol fare un rigassificatore qui, non lo si fa al largo? L'affare rigassificatore viaggia sui 500 milioni di euro e suggerisce prudenza, anzi «unità». E infatti è fortemente voluto da uno schieramento molto trasversale, che va dall'ex «governatore » Totò Cuffaro (agrigentino) ad Anna Finocchiaro, senatrice Pd e candidata alla guida della Regione alle ultime elezioni. Favorevolissimo al rigassificatore Enel anche il sindaco di Porto Empedocle, Lillo Firetto (Udc), dipendente Enel. Con loro, i «pentiti » del Fai, il Fondo per l'ambiente italiano, che prima hanno tuonato contro il rigassificatore «proprio lì» e poi si sono offerti all'Enel come consulenti.
Per capire cosa sta succedendo, dopodomani sbarcherà qui il direttore generale dell'Unesco, il giapponese Koichiro Matsuura.
Che forse incontrerà anche il professor Salvatore Settis, presidente del consiglio nazionale dei Beni culturali, che da sempre considera «indecoroso» il progetto. Molto scettici anche a Bruxelles, da dove il commissario Stavros Dimas ha chiesto «chiarimenti urgenti» alla Regione Sicilia. Dopo aver letto il decreto «sbagliato» il sindaco di Agrigento, Marco Zambuto, e Rosalia Camerata Scovazzo, presidente dell'ente Parco Valle dei Templi, hanno deciso di opporsi «in tutte le sedi giudiziarie». Mentre il comitato «Salviamo la Valle dei Templi» ha lanciato il premio internazionale «Ascaro d'oro» (sulla scia del più noto Tapiro) da assegnare alla personalità siciliana «che si sia maggiormente distinta nell'aprire le porte al neocolonialismo "benefico" delle lobbies portatrici di sviluppo e occupazione nella nostra amata Sicilia».
Carlo Vulpio Continua a leggere...

giovedì 13 novembre 2008

Premio Internazionale "L'ASCARO D'ORO"


Premio Internazionale “L'ascaro d'oro” da assegnare alla personalità siciliana che si sia maggiormente distinta in questi ultimi anni ad aprire le porte al neocolonialismo “benefico” delle Lobbies del Nord, portatrici di sviluppo, benessere e occupazione, nella nostra amata Sicilia

Art.1: Il Comitato “Salviamo la Valle dei Templi” di Agrigento bandisce il premio internazionale “L'ASCARO D'ORO” e dedica la prima edizione alla personalità politica siciliana che ha favorito e caldeggiato la benemerita iniziativa industriale di costruire un rigassificatore da 8 miliardi di metri cubi a Porto Empedocle, sotto la casa natale di Luigi Pirandello e al confine del parco archeologico della Valle dei Templi di Agrigento che, nelle intenzioni lungimiranti della lobby dell'Enel, porterà navi da crociera, turismo culturale e massicci investimenti, che faranno risorgere l'asfittica economia del nostro territorio. E' possibile anche l'assegnazione di premi ex-aequo.

Art. 2: “L'ASCARO D'ARGENTO” sarà assegnato alla figura più rappresentativa scelta tra funzionari regionali, statali (civili e militari), comunali, sindacalisti, professionisti, giornalisti, eccetera che, credendo nelle straordinarie potenzialità del progetto neo colonial-industriale della benefattrice Enel, ha fortemente favorito il progetto, spendendosi con determinazione in direzione dell'approvazione dello stesso. Possibilità di premi ex-aequo.

Art. 3: “L'ASCARO DI BRONZO” (rectius “L'Ascaro faccia di bronzo”) sarà assegnato alla persona o alla associazione siciliana ma anche non siciliana che, intuendo le potenzialità di sviluppo sopra descritte, non ha esitato a prendere posizione anche a mezzo stampa in favore del progetto, addirittura sponsorizzando assieme all'Enel spettacoli nella Valle dei Templi, al fine nobile di presentare quest'ultima nella sua giusta luce, ovverosia nell'illuminato e lungimirante mecenate che ha a cuore il destino e la sorte del nostro patrimonio storico-culturale. Possibilità di premi ex-aequo.

Art. 4: I premi verranno assegnati contestualmente all'inaugurazione della statua di bronzo del Sindaco di Porto Empedocle, già commissionata con relativo bando internazionale di idee e dedicata al commissario Montalbano del celebrato Andrea Camilleri.

Comitato “Salviamo la Valle dei Templi” di Agrigento Continua a leggere...

sabato 8 novembre 2008

Cancellata la Valle dei Templi per decreto ministeriale


La Valle dei Templi di Agrigento è stata cancellata dal ministro dell'ambiente Stefania Prestigiacomo e per di più in concerto con quel ministro che dovrebbe tutelarla, cioè il ministro ai beni culturali Sandro Bondi. E non è una boutade o un'espressione per metafora: la Valle è stata cancellata veramente in senso letterale e giuridico. Infatti sulla Gazzetta Ufficiale del 24 ottobre è stato pubblicato il decreto ministeriale che rilascia la VIA (valutazione di impatto ambientale) sul rigassificatore a Porto Empedocle sotto la casa natale di Luigi Pirandello e a ridosso della Valle dei Templi di Agrigento. E dato che i manager dell'Enel e i “solerti” funzionari della Sovrintendenza di Agrigento, che sostenevano la compatibilità dell'impianto con il paesaggio della Valle dei Templi, erano stati vivacemente contestati su questo punto nelle pubbliche conferenze di dibattito, allora l'ineffabile Prestigiacomo e il pio Bondi, con una trovata geniale, l'hanno cancellata dal testo del decreto, in cui si afferma letteralmente che il rigassificatore può essere realizzato perché “il progetto non incide su zone speciali di conservazione tutelate a livello comunitario, cosiddetti siti sic (siti di interesse comunitario)"-pag.4 del decreto-. Hanno ragione: infatti la Valle dei Templi non è un sito di interesse comunitario ma di interesse mondiale, in quanto sito UNESCO, e come tale non suscettibile di tutela...
La “svista” dei due disinvolti ministri è stata provvidenziale in quanto ha provocato una tale e inaspettata indignazione negli agrigentini che la legittima reazione non si è fatta attendere. Hanno già deciso di impugnare al Tar l'indecoroso decreto l'Ente Parco Archeologico Valle dei Templi e il Sindaco di Agrigento, mentre hanno già preannunciato ricorso Legambiente, il consorzio turistico Valle dei Templi e l'associazione degli albergatori agrigentini.
Anche l'associazione di giovani “Il Tamburino” farà ricorso, dando una palese dimostrazione di essere molto interessata alle sorti del loro territorio, smentendo clamorosamente l'opinione che vuole i giovani disillusi e scettici. Il loro annuncio è stato dato nel contesto della presentazione del libro “Roba Nostra” di Carlo Vulpio, l'inviato del Corriere della Sera, che proprio all'intrigo del gas nella Valle ha dedicato un capitolo dall'eloquente titolo “Le mani sul patrimonio dell'umanità”. La presentazione è stata curata dalla libreria Capalunga di Agrigento del dinamico Amedeo Bruccoleri che sta svolgendo, soprattuto tra i giovani, quella funzione di “comitato di salute culturale” a cui faceva cenno lo scrittore Salvatore Perriera nel contesto dell'interessantissimo dibattito che si va sviluppando in questo periodo sulle pagine regionali di Repubblica, a cui anch'io ho dato il mio piccolo contributo, sostenendo che abbiamo bisogno non solo della voce ma anche della passione civile degli intellettuali che faccia da ago di orientamento alla sopita coscienza collettiva. L'esempio di questi giovani è davvero confortante perché non si scoraggiano neppure di fronte alle difficoltà finanziare (i ricorsi al Tar costano e bisognerà contrastare con gli azzimati e celebrati legali della multinazionale dell'energia). Ci autotasseremo e, se occorre, ci autofinzieremo, dicono, con iniziative anche di piazza: mostre di pittura, concerti, recite, eccetera (molti di loro sono infatti giovani artisti). Si mettano l'animo in pace i politici (di destra e di sinistra) “amici” del rigassificatore che per anni hanno fatto affidamento sulla sonnolenza degli agrigentini. La città è viva e sveglia e lo sta dimostrando.
Gaetano Gaziano
tanogaziano@yahoo.it Continua a leggere...

venerdì 24 ottobre 2008

Libro di Carlo Vulpio contro il rigassificatore a ridosso della Valle dei Templi



L'ultimo libro di Carlo Vulpio “Roba Nostra” (edizioni “Il Saggiatore”) sarà presentato:
- Mercoledì 5 Novembre alle ore 18,30 a Palermo c/o la Biblioteca Comunale di piazza Professa 1, nel contesto delle Giornate dell'economia promosse dalla Fondazione "Angelo Curella".
- Giovedì 6 Novembre alle ore 17,30 ad Agrigento presso il “Teatro della Posta Vecchia” di via Atenea a cura della libreria “Capalunga” del dinamico Amedeo Bruccoleri che coordinerà la presentazione del libro e il dibattito che seguirà.

Vulpio è l'inviato del Corriere della Sera che da anni va girando l'Italia per raccontarci, con coraggio, le trame del malaffare che coinvolgono mafia, 'ndrangheta, malavita in generale, ma anche pezzi della società “istituzionale” rappresentata da alcuni politici corrotti e da alcuni magistrati collusi che tessono ambigui intrecci per la gestione non proprio trasparente di appalti pubblici e della torta appetitosa dei fondi miliardari della comunità europea. Quelle losche trame che hanno attraversato e attraversano la cosiddetta seconda Repubblica.
Ci piace riportare l'incipit del primo risvolto di copertina del libro: “Bisogna far sistema. Questa ricetta con cui in genere le economie decollano e i paesi si sviluppano trova da noi un'applicazione tipicamente all'italiana. Consiste nella capacità inesauribile di stabilire reti di complicità tra politici, esponenti professionali e istituzionali, faccendieri e malavitosi, con un unico scopo: saccheggiare i beni e le risorse pubbliche”.
Solo per ricordare una delle sue tante inchieste, Vulpio è il giornalista che ha scoperchiato sul Corriere della Sera il vaso di Pandora dell'indagine giudiziaria “Why not”, condotta da Luigi de Magistris, per cui il coraggioso magistrato è stato poi trasferito ad altra sede. I don Rodrigo del Sud, anche quelli con i baffetti alla Figaro, sembrano averla vinta. Ma, fin quando ci saranno giornalisti come Vulpio che sanno affondare il bisturi nella “gomorra” sociale italiana senza timori riverenziali per chicchessia, resiste la speranza che, alla lunga, i malavitosi tradizionali e quelli con i “colletti bianchi” non la spunteranno.
Vulpio è anche il giornalista che per primo si è occupato dell'affaire rigassificatore di Porto Empedocle, dalle pagine del Corriere il 26 marzo dello scorso anno, con una coraggiosa inchiesta dal titolo “Scontro sul rigassificatore vicino alla Valle dei Templi”.
Al saccheggio (fino ad oggi tentativo di saccheggio) della Valle dei Templi di Agrigento Vulpio ha dedicato un intero paragrafo del suo libro dall'eloquente titolo “Gas nella Valle dei Templi di Agrigento”, inserito nel capitolo più vasto dal titolo altrettanto eloquente “Le mani sul patrimonio dell'umanità”.
Senza peli sulla lingua ci spiega, attraverso un excursus di 10 pagine, l'intrigo di alcuni politici, sindacalisti, funzionari infedeli, faccendieri, ecologisti pentiti (dagli accorati appelli alle repentine ritrattazioni “folgorati” sulla via del rigassificatore,come è successo al presidente del Fai e al capo delegazione italiana dell'Unesco) che hanno potuto ideare, progettare e, a vario titolo, sostenere e avallare ciò, che se realizzato, potrà essere, a tutti gli effetti, considerato un crimine contro il patrimonio culturale universale.
Vulpio, con questo suo nuovo libro, dimostra ancora una volta di appartenere a quei pochi giornalisti italiani di razza che possono a buon diritto definirsi “dalla schiena dritta”. Non a caso la prefazione del libro è stata curata da Marco Travaglio che, nel concluderla, avverte “nessuno, grazie a questo libro, potrà più dire di non aver saputo”.
Gaetano Gaziano
tanogaziano@yahoo.it Continua a leggere...

lunedì 20 ottobre 2008

Gli intellettuali e il rigassificatore


(Questo mio articolo che segue è stato parzialmente pubblicato sulle pagine regionali siciliane de "La Repubblica" del 17 ottobre e sul settimanale agrigentino "Grandangolo" del 18 ottobre. Gaetano Gaziano)

Non sono d'accordo con Umberto Santino, quando afferma, su Repubblica, che chiedere agli scrittori un impegno civile e che “facciano da bussola di orientamento non ha senso, perché anche se scegliessero l'impegno civile esplicito e militante non so se avrebbero un peso reale nell'innescare un processo di mutamento”. Per Santino la parola degli scrittori “non ha effetti taumaturgici”, per cui, sembra concludere, tanto vale che stiano zitti o che si limitino a scrivere storie.
Non amo, preciso subito, gli scrittori che scrivono solo storie: preferisco quelli che antepongono l'impegno civile allo stesso impegno culturale, come, solo per fare qualche esempio illustre, i due grandi della letteratura, Zola e Brecht.
Condivido invece quanto asserito, sempre su Repubblica, da Salvatore Butera nell' articolo dall'eloquente titolo “Il tenace silenzio di scrittori e borghesia” che riprende e amplifica l'atto di accusa di Stefano Vilardo, per cui “gli scrittori siciliani non gridano più”. E' vero, morti Leonardo Sciascia e Gesualdo Bufalino, “la nuova generazione di scrittori non riesce a trovare la cifra di un impegno civile almeno paragonabile a quello dei due grandi scrittori scomparsi”. Lo stesso Andrea Camilleri, che pure aveva lanciato sulla stampa un accorato appello per salvare il barocco del Val di Noto, non ha speso una sola parola a favore della sua Vigata letteraria e per la Valle dei Templi di Agrigento, oggi minacciate dalla costruzione di un rigassificatore da 8 miliardi di metri cubi a Porto Empedocle, proprio sotto la casa natale di Luigi Pirandello e a ridosso della Valle. Anzi, a leggere le sue dichiarazioni su un quotidiano siciliano, ha affermato che, essendo la zona dove dovrà sorgere l'impianto già degradata, che ben venga l'impianto industriale, anche se al confine del parco archeologico. Non riusciamo a comprendere il comportamento schizofrenico di Camilleri, che peraltro è in contrasto con la normativa europea, recepita dal nostro codice dei beni culturali e del paesaggio, che subordina le esigenze dei paesaggi degradati a quelle dei paesaggi eccellenti, come appunto la Valle inserita nella lista Unesco, e non viceversa. E' anche puntuale l'accusa che Butera fa agli intellettuali e alla borghesia siciliana in generale. Voglio ricordare, al riguardo, che è stato il toscano Salvatore Settis, rettore della Scuola Normale di Pisa e presidente del consiglio nazionale dei beni culturali, a definire per primo “indecoroso” il progetto di rigassificazione, in una trasmissione televisiva di Rai3. I nostri intellettuali, ad eccezione degli economisti Pietro Busetta e Mario Centorrino, non hanno preso una pubblica posizione contro il rigassificatore. Temono forse, come osservava Giovanni Russo riferendosi a Sciascia e ad altri pochi intellettuali meridionali, di “essere considerati dalle borghesie conservatrici del Sud poco meno che dei traditori che osano lavare i panni sporchi in pubblico”? Non so dire. Fatto sta che gli intellettuali siciliani non gridano più, anzi sembrano sottostare, in molti casi, alla regola più pragmatica e antica del “tengo famiglia”. Come nel caso di Gianni Puglisi, presidente della commissione nazionale Unesco, che prima aveva fatto presente all'ex governatore Totò Cuffaro il rischio della cancellazione della Valle dalla World Heritage List dell'Unesco in caso di costruzione del rigassificatore, per poi, con un clamoroso voltafaccia, dichiarare in un'intervista su un quotidiano siciliano che “grazie a Dio” questo pericolo non esiste. Uno che, invece, di voltafaccia non ne ha fatto è il prof. Bartolomeo Romano, presidente del Polo universitario agrigentino, da me personalmente invitato a sottoscrivere l'appello di alcuni intellettuali e studiosi, primi firmatari Dacia Maraini e Rita Borsellino, per salvare la Valle: ha opposto un NO netto, punto e basta! A proposito di classe intellettuale dormiente, ho trovato interessante la proposta dello scrittore palermitano, Michele Perriera, di formare un comitato di “salute culturale” per svegliare la sopita coscienza civile dei suoi concittadini e guidare una profonda volontà di rinascita di Palermo. Ad Agrigento un simile comitato “in nuce” c'è già. Mi riferisco al lodevole attivismo di Amedeo Bruccoleri che sta trasformando la sua libreria “Capalunga” in un centro di promozione sociale oltre che culturale. C'è urgente bisogno di chi stimoli un'azione forte che svegli la mentalità un po' “babbasuna” degli agrigentini e la libreria “Capalunga” sta assolvendo benissimo a questo compito. Per fare solo qualche esempio, la libreria , presentando ultimamente i libri di Marco Travaglio e Lirio Abbate, ha innescato un vivace dibattito, nel pubblico presente, sui problemi di mafia e di “caste privilegiate”.
Ecco: credo che sia un lodevole esempio da seguire anche in altre realtà siciliane. Le librerie come luoghi di riunione di scrittori e intellettuali che parlino sì di letteratura ma che, nel contempo, facciano da “bussola di orientamento”. Altro che silenzio, abbiamo bisogno della rabbia degli intellettuali.
Gaetano Gaziano
tanogaziano@yahoo.it Continua a leggere...

venerdì 17 ottobre 2008

Troppo cemento: SOS da Lampedusa


(Questo mio articolo è stato pubblicato da "La Repubblica" del 16 ottobre pagine regionali siciliane)

Le notizie apparse sulle pagine regionali di Repubblica dell'11 e 12 ottobre sul pericolo che Lampedusa corre di una cementificazione selvaggia pongono finalmente l'attenzione su un fenomeno molto esteso, radicato e preoccupante che ormai da molti anni attanaglia l'isola e che l'emergenza immigrazione ha sempre lasciato in secondo piano. Non c'è dubbio che l'isola di Lampedusa con le sue bellezze naturali e paesaggistiche eccezionali ha attirato un sempre crescente flusso di turisti e ciò ha spinto gli isolani a costruire molto e spesso in modo disordinato, anche perché ancora oggi manca un piano regolatore generale e il vecchio piano di fabbricazione è spesso disatteso. Il disordine urbanistico è facilmente leggibile all'interno del paese e la speculazione ha aggredito, negli anni, anche le coste e perfino le zone più interne dell'isola. Il piano paesistico, che nel 2000 fu approvato nella gran parte delle isole minori, a Lampedusa fu respinto, mentre il piano regolatore generale, già pronto da tempo, viene tenuto incredibilmente chiuso in un cassetto.
Oggi si continua a costruire molto con o senza licenza e con una densità talmente alta da non prevedere ad esempio le necessarie infrastrutture come strade, parcheggi e verde pubblico che rendono gradevole esteticamente e vivibile un centro abitato.
Lo sgretolamento degli storici Sette Palazzi fatti costruire dal governatore borbonico Sanvisente, all'inizio della colonizzazione (1843), sono la metafora di un degrado che caratterizza Lampedusa ben descritto sempre su Repubblica dall'inchiesta di Giampaolo Visetti che, squarciando il velo di una retorica ormai stucchevole che imporrebbe che chi viene a Lampedusa si concentri solo sulle bellezze paesaggistiche ignorando tutto il resto, descrive l'isola come “reduce da un bombardamento” per le strade e i marciapiedi sconnessi, per i muretti che crollano, eccetera.
Così, mentre a Pantelleria si tutela il territorio e si continua la proficua campagna di scavi ricca di sempre nuovi ritrovamenti, mentre Lipari salvata da Italia Nostra dagli scempi edilizi degli anni Settanta e Ottanta si fregia di essere sito Unesco, Lampedusa già in parte compromessa rischia oggi di restare sommersa da una colata di cemento che la deturperà per sempre, defraudando le future generazioni.
Ciò che davvero impensierisce è la volontà manifestata dall'attuale amministrazione, alle prese con un bilancio dissestato per spese dissennate e inutili consulenze, di svendere quel che rimane del territorio come se fosse proprietà privata e non un bene collettivo da tutelare e tramandare.
Va in questa direzione il regalo fatto a una società privata di migliaia di metri quadrati di suolo comunale pregiato in zona Cala Madonna ceduto, quale relitto, per un piatto di lenticchie; così come l'avere autorizzato la costruzione di un intero complesso residenziale a Cala Palme in sostituzione dei capannoni dismessi di quell'industria ittica conserviera che ha rappresentato l'economia portante dell'isola per circa 40 anni. Per non parlare di ciò che a Lampedusa sembra essere diventato uno sport molto praticato come quello di impossessarsi di terreno demaniale con l'escamotage di fittizie usucapioni, compiendo un vero esproprio ai danni della collettività. Il progetto di cementificare la zona quasi intatta di Cala Pisana e di appesantire con nuove cubature la splendida Cala Creta, così come la minaccia che incombe anche su Linosa rimasta finora intatta e fuori dalle speculazioni grazie ai Linosani attente sentinelle del proprio territorio, va inquadrato in questo contesto davvero preoccupante e si spera che venga stoppato grazie all'attenzione dei media e all'intervento di associazioni ambientaliste quali Legambiente che a Lampedusa gestisce la riserva naturale dell'isola dei Conigli.
C'è davvero di che indignarsi e sperare che anche gli abitanti delle isole Pelagie, in uno scatto di orgoglio, si oppongano allo scempio del loro territorio che è pubblicizzato come un sogno ma che può diventare un incubo.
Caterina Busetta, Lampedusa Continua a leggere...

domenica 12 ottobre 2008

I molti problemi dell'immigrazione clandestina


“Me ne andavo una mattina a spigolare, quando vidi una barca in mezzo al mare...”.
Cento cinquant'anni dopo gli scenari politici sono molto cambiati per l'Italia e per l'Europa che assiste impotente all'esodo di migliaia di persone che fuggono dalle guerre, dalle carestie, dalle persecuzioni, su barconi stracarichi di uomini, donne e bambini che denuncia il dramma che si sta consumando sulle sponde del Mediterraneo tra l'Africa e l'Europa.
Me ne andavo in barca una mattina, appunto a Lampedusa, dopo alcuni giorni di noioso scirocco, contenta finalmente per quel mare cristallino. Appena all'imboccatura del porto, si materializza una barca in legno di circa 10 metri, con un carico di 20 uomini africani, con addosso i salvagenti, che anziché imboccare il porto si dirigono verso cala Francese.
Li seguo con lo sguardo, mentre passano sotto la porta dell'accoglienza dello scultore Paladino, e penso che, al contrario di altri, loro fortunatamente ce l'hanno fatta. Mia nipote Laura Busetta, con eccezionale tempismo, li fotografa proprio sotto la porta (foto che meriterebbe il premio Pulitzer per la fotografia).
Mi chiedo quanti arrivino così alla spicciolata eludendo i controlli! Che siano tanti lo si vede dai molti indumenti sparsi qua e là sugli scogli un po' per tutta l'isola diventata una zattera di salvataggio per questi disperati. Giorno dopo giorno, a Lampedusa, si succedono gli sbarchi, in un alternarsi di grandi e piccole imbarcazioni più o meno fatiscenti. Ora scortate dalle forze dell'ordine ora arrivati in tutti i luoghi possibili di approdo e a volte anche in luoghi impervi come le coste alte e rocciose di ponente. Ciò è quanto la cronaca di tutti i giorni ci consegna: un susseguirsi incalzante di sbarchi che, se non fosse per la drammaticità che sottendono, avrebbero oggi il sapore del tran-tran e della routine.
Neanche l'accordo che Berlusconi ha siglato con Gheddafi nell' ultimo scorcio di agosto ha finora fermato il traffico immondo di mercanti di uomini che in questo viaggio della speranza rischiano ogni giorno la propria vita. Dopo circa dieci anni di sbarchi massicci e sistematici che hanno fatto ondivagare Lampedusa tra pietà e rabbia, tra la tentazione di sfruttare anche questo come un business e il timore di vedere crollare il turismo, un nuovo problema comincia a materializzarsi ed è quello del pericolo sanitario che l'arrivo dei clandestini porta con sé. L'allarme sanitario è stato lanciato il 21 agosto dagli scienziati e studiosi riuniti ad Erice che, appunto, hanno sottolineato che la vera emergenza provocata dall'immigrazione clandestina è quella sanitaria. Pertanto, più che prendere le loro impronte digitali, bisognerebbe pensare ad una profilassi sanitaria. Quasi a conferma di quanto detto dagli studiosi di Erice, sono arrivate notizie allarmanti di casi di scabbia, verificatisi nel centro di Sciacca, che hanno destato grande allarme presso la popolazione del luogo. Ma chi oggi si trova a Sciacca proviene da Lampedusa, perciò viene spontaneo chiedersi se a Lampedusa non si siano verificati casi simili o se semplicemente non se ne viene a conoscenza magari per non allarmare la popolazione e il turista.
Vero è però che a Lampedusa son presenti associazioni ed ong come Medicenes sans frontieres che vigilano sulla situazione sanitaria.
La scabbia provocata da un parassita (un acaro invisibile ad occhio nudo che scava cunicoli sotto la pelle dove depone le sue uova) ha come sintomo il prurito, ma anche lesioni, papule e vescicole. La scabbia, presente in Italia fino a circa 50 anni fa, è legata a situazioni di povertà e scarsa igiene che fortunatamente in Italia non esistono più ma che in Africa sono presenti. Altro pericolo possibile è costituito dalla tubercolosi, una la malattia ben più grave, anch'essa debellata in Europa ma presente in Africa dove ha assunto caratteristiche più virulente e difficili da contrastare anche con gli antibiotici di nuova generazione. Molti casi di tubercolosi sono stati diagnosticati in Sicilia presso extra-comunitari di Ragusa. L'immigrazione clandestina, considerata tra le 70 emergenze planetarie (un'altra è quella climatica), merita maggiore attenzione e dovrebbe partire proprio da Lampedusa ciò che il virologo Bonaguro, sempre ad Erice, ha auspicato: che venga attuato uno screening praticabile con un semplice prelievo di sangue. Al di là perciò dei motivi di sicurezza che pure esistono, ciò che sicuramente dovrà essere in futuro maggiormente attenzionato è il problema sanitario.
Caterina Busetta
cbusetta@yahoo.it Continua a leggere...

martedì 7 ottobre 2008

L'economista Mario Centorrino dice NO al rigassificatore a ridosso della Valle dei Templi di Agrigento


La Valle dei Templi: risorsa da “vendere” o da preservare?
di Mario Centorrino
C’è, da tempo, una parola d’ordine cuffaro-lombardista che, evocata, solleva furori di sicilianismo d’antan: vogliamo essere ripagati per i danni ambientali prodotti dagli impianti di raffinazione petrolifera localizzati nella nostra regione. Una parola d’ordine rilanciata nel dibattito sul federalismo o in risposta a quella che viene ritenuta una continua gogna mediatica per la Sicilia, organizzata da ben individuabili gruppi affaristici o, in ultimo, di fronte a difficoltà di bilancio oggettivamente non facili da superare.
La parola d’ordine è di facile percezione; si riferisce a fenomeni incontestabili, solletica vittimismi e una radicata forma di avversione allo Stato. Certo, pochi ricordano che l’insediamento dell’industria petrolifera in Sicilia fu salutato da grandi entusiasmi. Nella speranza di una sua ulteriore diversificazione produttiva, nella certezza di una occupazione specializzata, con l’orgoglio di poter finalmente contare su una classe operaia libera da vincoli clientelari. Senza alcun dubbio, oggi, possiamo parlare di scelte localizzative irrazionali, di una diversificazione mancata, di esternalità negative superiori in qualche caso agli stessi vantaggi occupazionali.
Ora, se il nuovo modello di sviluppo prescelto per la Sicilia, come si sostiene, dovesse essere basato prevalentemente sull’economia del turismo la compatibilità del modello imporrebbe forme di complementarietà basate solo su un’industria leggera, un forte rispetto ambientale, un’agricoltura funzionale.
Parole d’ordine cuffaro-lombardista e modello turistico appaiono però in netta contraddizione intanto con un’altra parola d’ordine, questa propria del centro-destra ma con convinti proseliti ancora nel centro-sinistra. Basta con il partito del no alle infrastrutture ed alle iniziative di crescita in nome di valori ambientali talvolta sovrastimati. E così all’insegna di questa seconda parola d’ordine, si va avanti sulla strada dei termovalorizzatori, non si mantiene una linea precisa sulle trivellazione in Val di Noto affidandosi alle sentenze del TAR, si autorizza la costruzione di un rigassificatore a Porto Empedocle, ad appena cinque chilometri in linea d’aria dalla mitica Valle dei Templi.
Intendiamoci. Sappiamo bene di trattare una materia delicata nella quale non esistono verità assolute. Bloccare i termovalorizzatori, in assenza di altri interventi, significa riprodurre in Sicilia i drammi della Campania. Ripensare i permessi sulle trivellazioni probabilmente sottoporrà la Regione ad un contenzioso con altissimi costi. Il rigassificatore a Porto Empedocle avrà già suscitato forti aspettative di lavoro in un’area che non riesce ancora a decollare sotto il profilo turistico in termini di presenze e di filiera virtuosa tra settori coinvolti.
La complessità della questione non impedisce però di mettere in rilievo fatti incontrovertibili. La Sicilia, in questo momento, è oggetto di una domanda turistica che trova una motivazione soprattutto paesaggistica e culturale. Ecco perché il rigassificatore di Porto Empedocle appare una scelta infelice: annulla, infatti, valori ambientalistici e culturali. Scelta ancor più discutibile se si pensa ad una possibile ed auspicabile opzione alternativa: la sua costruzione off-shore, a distanza cioè dalla costa, cosi come è stato fatto per un analogo impianto a Rovigo.
Alle volte, in Sicilia, sembra di trovarsi di fronte a veri e propri stati di schizofrenia. Richiediamo risarcimenti per danni al territorio prodotti da industrie pesanti, dimenticando che altre regioni e territori potrebbero anch’essi pretenderli, a buon diritto: dalla Lombardia alla Sardegna. Ci sforziamo di creare al tempo stesso un’immagine di bellezza (ricordate il famoso “tutto il resto è ombra”) che attiri e continui ad attirare flussi turistici superando svantaggi competitivi e difficoltà di trasporto. Poi, improvvisamente, sulla base di processi decisionali caratterizzati da opacità e che fanno intravedere azioni di lobbyes con interessi privati conliggenti con il rispetto del bene pubblico, ci adattiamo a soluzioni a prima vista, almeno, totalmente incoerenti rispetto alla conservazione ed alla valorizzazione delle risorse più preziose, agli asset privilegiati, per parlare in termini aziendali, da utilizzare nell’attirare domanda turistica.
Paradossalmente, un vantaggio (un territorio cioè non saturo di inquinamento) diventa un’occasione per una redistribuzione di esternalità negative. In altre zone dell’Italia e della stessa Sicilia, la realizzazione di un rigassificatore farebbe saltare oltre soglia parametri di controllo ambientale; a Porto Empedocle, forse, porterà solo questi parametri al valore massimo consentito. Quasi la Sicilia avesse ancora “ambiente” da “vendere”, malgrado il fiorente mercato dell’abusivismo, che sembra avere “sparecchiato” ogni disponibilità.
Insistiamo: non è un problema del partito del no che occorre si trasformi in partito del si. E’ il problema di una generazione che deve decidere cosa, in termini di qualità della vita, vuole lasciare ai figli. Il rigassificatore a Porto Empedocle, al di là delle suggestioni camilleriane, ci fa venire in mente un aforisma di Gesualdo Bufalino: non è il sonno ma l’insonnia della ragione che genera mostri.
Mario Centorrino
°°°°
Ospitiamo con piacere sul nostro blog l'articolo dell'economista Mario Centorrino(foto in alto) apparso su "La Repubblica" del 1° ottobre con cui prende posizione, dopo il NO del dell'economista Pietro Busetta, contro il rigassificatore a ridosso della Valle dei Templi di Agrigento Continua a leggere...

venerdì 3 ottobre 2008

La "lapa" canterina: muoiono le tradizioni e avanza il degrado


Lampedusa, domenica 21 settembre. Un'allegra musica mi sveglia alle prime luci dell'alba. Ci siamo, penso, deve essere la banda musicale che dà inizio ai festeggiamenti della Madonna di Porto Salvo. Mi affaccio al balcone e, con grande sorpresa e stupore, mi accorgo che non è stata la banda a svegliarmi ma un'improvvisata ensemble fatta di tre elementi: tromba, trombone e tastiera, che su una moto ape, la mitica “lapa”, e con l'ausilio di enormi casse amplificatrici diffonde, assieme a qualche marcetta tipica della nostra banda, un repertorio assordante che spazia dal liscio alle canzoni classiche più conosciute. Una “lapa” canterina, insomma.
Così si uccidono le tradizioni, penso, e tra le tradizioni quella bandistica a Lampedusa è stata tra le più radicate e durature.
Ricordo che da bambina, quindi parlo di circa 50 anni fa, ero letteralmente affascinata dal trombone di ottone lucidissimo di mio zio Lello, che con molto orgoglio vedevo suonare per la festa della Madonna. La banda, anno dopo anno, ha aperto sempre i festeggiamenti, suonando per le vie del paese all'alba del 21 e 22 settembre festa appunto della nostra patrona, che coincide con lo sbarco dei primi coloni sulla nostra isola al seguito dell'ufficiale di Marina Bernardo Maria Sanvisente, che all'ordine di Ferdinando II di Borbone, colonizzò l'isola proprio il 22 settembre 1843.
I festeggiamenti per la Madonna di Porto Salvo quindi hanno avuto sempre anche una valenza celebrativa della nostra storia e delle nostre radici. Non nego quindi che, da lampedusana, ho trasecolato alla vista della “lapa” canterina in sostituzione della banda musicale che aveva il potere di svegliarmi allegramente, mentre questa novità ha suscitato in me solo un sentimento indispettito di fastidio. Il paradosso è che a Lampedusa di bande musicali ce ne sono ben due, che si alternano ogni anno per mantenere viva questa tradizione.
Quest'anno, in linea con la disamministrazione generale della cosa pubblica, non si sono a quanto pare trovati i finanziamenti pur minimi necessari a mantenere questa tradizione.
L'invenzione della “lapa” canterina merita però un'altra riflessione che sottolinea la capacità tipica dei lampedusani di reinventarsi, di cambiare pelle senza troppi rimpianti o sentimentalismi.
La breve storia di Lampedusa che va dalla fondazione a colonia ad oggi è segnata da continui cambiamenti e trasformazioni. I primi coloni venuti al seguito del Sanvisente sono contadini ma poi, alla scoperta del passaggio delle sardelle, diventano pescatori per poi reinventarsi, con la costruzione dell'aeroporto, operatori turistici. Oggi ci troviamo in un momento di transizione: il turismo scema, per motivi complessi che vanno dalla concorrenza alla crisi economica globale e così la speranza di allargare la stagione turistica sembra affievolirsi e ci si chiede cosa fare.
C'è un unico modo per tentare di mantenere Lampedusa sul mercato ed è quello di riqualificarla. Ma l'attuale amministrazione non sembra avvertire questa esigenza, indaffarata com'è a difendere o acquisire privilegi e a svendere quel che è rimasto del nostro territorio favorendo le speculazioni grandi e piccole che nel giro di qualche anno lo snatureranno del tutto.
Se solo, senza andare lontano, ci raffrontiamo alle altre isole siciliane, ci accorgiamo che ognuna ha qualcosa che la caratterizza. Pantelleria, ad esempio, ha i sesi (reperti archeologici) e i dammusi, le isole Eolie, difese strenuamente negli anni settanta e ottanta da Italia Nostra, sono state salvaguardate dagli scempi edilizi e oggi Lipari è inserita tra i siti Unesco. E l'elenco potrebbe continuare. Lampedusa invece non ha nemmeno saputo conservare quella pur minima identità datale dalla colonizzazione borbonica. Lo sgretolamento dei Sette Palazzi, che i bombardamenti del '43 avevano risparmiato, diventa la metafora di un degrado che costituisce la caratteristica visibile di Lampedusa, cresciuta per fetazioni senza regole.
La rete fognaria tracimante può attendere, la rete idrica insufficiente può attendere, il museo incompleto e ancora chiuso può attendere, il traffico caotico e inquinante può restare, in compenso si sono favorite le usucapioni fittizie e oggi ci si permette il lusso di regalare migliaia di metri quadri di suolo comunale come relitti. C'è davvero di che indignarsi, ma ciò presuppone una consapevolezza che non c'è, ma che potrebbe in uno scatto d'orgoglio finalmente arrivare ridimensionando i furbetti del quartierino accomunati in un “O'scià” che alla luce degli ultimi avvenimenti appare stucchevole e inadatto alle mefitiche esalazioni che stanno avvelenando l'aria.
Caterina Busetta
cbusetta@yahoo.it Continua a leggere...

domenica 28 settembre 2008

Familismo amorale nelle stanze del potere siciliano


Esattamente 50 anni fa il sociologo americano Edward C. Banfield coniò l'espressione "familismo amorale" proprio con riferimento alla realtà meridionale italiana dove era molto diffusa la pratica deleteria di sistemare nella pubblica amministrazione parenti, amici e amici degli amici. Lo scandalo odierno della parentopoli siciliana ci dice che l'abitudine amorale, non solo non si è ridimensionata, ma addirittura è stata "istituzionalizzata" accompagnata da una scientifica logica spartitoria da manuale Cencelli
Per la giunta Lombardo, che aveva proclamato in campagna elettorale propositi di rinnovamento e di razionalizzazione della spesa regionale accompagnati da roboanti propositi di risveglio dell'orgoglio siciliano, non è stato un buon incipit, anzi
Il Brunetta siciliano ha toppato clamorosamente. Giovanni Ilarda (nella foto accanto), ex magistrato, nominato assessore regionale alla presidenza, con il compito specifico di moralizzare la macchina burocratica e dare la caccia ai fannulloni, scivola sull'assunzione della figlia Giuliana come dirigente alla regione per chiamata diretta, con contratto quinquennale e con la retribuzione di 75 mila euro l'anno (come primo incarico non è male!). L'assessore Ilarda ha giustificato l'assunzione della figlia che, a suo dire, avrebbe avuto tutti i titoli per la “chiamata diretta”. Peccato però che nessuno ha fatto una pubblica selezione per valutare coloro che magari avevano più titoli della "brillante" Giuliana. Il Brunetta siciliano, come era stato definito Ilarda prima dello scivolone, intervistato (a "la Repubblica" del 23 settembre-pagine regionali siciliane) su quali provvedimenti “alla Brunetta” avesse adottato contro i fannulloni, ha risposto "li stiamo studiando".
E mentre Ilarda “studia”, si ricorda che la regione siciliana ha dipendenti per più di sei volte di quelli della Lombardia, i dirigenti addirittura sono dieci volte di più. E cosa fa la regione? Invece di ridimensionare gli organici, tagliando i fannulloni, procede a nuove assunzioni, peraltro lautamente retribuite, di figli, fratelli e parenti vari di assessori e consiglieri regionali. Una cospicua percentuale è stata riservata a politici siciliani trombati nelle varie elezioni (e un buon numero di loro è stato assunto proprio da Giovanni Ilarda).
Vero è che la giovane Ilarda, dopo le proteste sindacali, si è dimessa, ma il caso è servito a scoperchiare il vaso di Pandora della parentopoli siciliana. Paradossalmente lo scivolone di Ilarda ha ottenuto quell'effetto di trasparenza che invece avrebbe voluto ottenere con la sua azione antifannulloni ancora allo “studio”. Infatti ha messo a nudo tutti gli intrecci perversi, antichi e nuovi, che la “casta” dei politici siciliani (anche quelli di sinistra hanno i loro scheletri nell'armadio) ha tessuto per affollare il carrozzone regionale di “brillanti” fannulloni.
A questo punto ci chiediamo qual è la strategia di risanamento della giunta Lombardo?
Non si riducono le indennità ai consiglieri e agli assessori regionali (la Corte dei Conti ha stimato che negli ultimi anni sono aumentate del 114%), non si ridimensiona la spesa per il personale, che anzi come visto viene gonfiata, né si riducono le aziende regionali, che invece continuano a servire come agenzie private di collocamento di clientes e famigli, e di contro si taglia la spesa per servizi indispensabili: posti letto negli ospedali, buoni per acquisto libri, assistenza agli anziani, agli handicappati, eccetera.
Dato l'elevato numero di dipendenti pubblici, collaborati da un innumerevole (e segreta) schiera di consulenti, dovremmo avere assicurati i migliori servizi del Paese, invece siamo nelle ultime posizioni della graduatoria per regioni quanto a servizi pubblici. La verità è che il carrozzone Regione altro non è che uno stipendificio di una pletora innumerevole di impiegati, molti dei quali fannulloneggiano in attesa del ventisette. E intanto l'assessore Ilarda sta “studiando” i provvedimenti antifannulloni.
Bisogna pure precisare che nessuna categoria o "casta" risulta immune da questo "vizietto", neppure il sindacato, che pure ha fatto scoppiare il caso. Sindacalisti e parenti di sindacalisti rappresentano una buona percentuale delle assunzioni "per chiamata diretta" nella pubblica amministrazione siciliana.
Con buona pace per Raffaele Lombardo, Giovanni Ilarda e compagnia cantando, non era questa l'azione moralizzatrice e di contenimento della spesa che si attendevano gli elettori siciliani. Rispetto a 50 anni fa niente di nuovo sotto il sole.
Gaetano Gaziano
tanogaziano@yahoo.it Continua a leggere...

sabato 20 settembre 2008

Stop alla "tv-monnezza"!


Con l'arrivo dell'autunno cadono le foglie e tornano, ahinoi, i programmi televisivi dei “grandi fratelli”, delle “isole dei famosi”, dei reality insomma, che con un termine molto british sono stati definiti “tv-trash” e con un termine molto colorito “tv-monnezza”, per dirla con i napoletani che di spazzatura si intendono.
La monnezza a Napoli era arrivata ai piani alti, la “tv-monnezza” ce l'abbiamo fin sopra i capelli. Per salvare Napoli dalle montagne di ecoballe c'è voluta la protezione civile. Chi ci salverà dalla “tv-monnezza”?
Il critico televisivo del Corriere della Sera, Aldo Grasso, ha stigmatizzato, parlando dell'isola dei famosi, questo genere di spettacoli, affermando: “Simona Ventura malauguratamente ha perso l'antica autoironia che le riconoscevamo, si veste e agisce come una Vanna Marchi rivisitata da Briatore, è diventata una cinicona, condizione indispensabile per trattare i concorrenti come dipendenti e fare della sociologia con i poveri cristi in cerca di fama”.
Poteva mai pensare nel 1964 Marshall Mc Luhan, l'originale studioso delle comunicazioni di massa, a questi effetti aberranti, quando parlò di “villaggio globale”? Oggi è globalizzata non solo la comunicazione ma anche la “tv-monnezza” e infatti questi format dei “grandi fratelli” hanno successo in tutto il mondo, anche se di questi tempi hanno subìto (e per fortuna) un notevole calo di ascolti.
Una scuola di pensiero, che risale agli illuministi francesi per arrivare ad alcuni importanti intellettuali del Novecento, Brecht in testa, sosteneva la funzione sociale ed educativa degli spettacoli (del teatro in particolare). Oggi questa teoria è in disuso, anzi la televisione è stata accusata di essere “cattiva maestra” (Karl Popper). Se non si può pretendere che gli spettacoli televisivi abbiano oggi una funzione educativa, non si può accettare comunque la loro deprimente e devastante capacità diseducativa che inevitabilmente esercitano sui telespettatori. Questi programmi sono pieni di gratuite volgarità, di rutti e di turpiloqui in diretta televisiva.
Cosa potrà salvarci da questa indecorosa produzione?. Popper proponeva una sorta di censura preventiva, oggi difficilmente praticabile.
Un mio intelligente amico di Lampedusa, Francesco Di Luigi, edicolante-scrittore (più scrittore che edicolante), propone che la gente di televisione dovrebbe fare una specie di giuramento di Ippocrate, come quello dei medici. La simpatica battuta ripropone comunque l'eterna esigenza di un codice di autoregolamentazione di chi fa televisione.
Se ne è sempre parlato ma è servito a ben poco dati gli interessi miliardari legati al business della pubblicità televisiva.
Penso invece (ironicamente) che a salvarci sarà King Kong che ha già battuto Berlusconi che è, per antonomasia, “il grande fratello” di orwelliana memoria, in quanto proprietario di televisioni, di radio e di giornali. Ce ne ha dato notizia il Corriere della Sera, informandoci che, lunedì 15 settembre, Berlusconi ospite principe della trasmissione televisiva “Porta a porta” di Bruno Vespa è stato superato negli indici di ascolto proprio da un film su King Kong. E bravo King Kong!
Gaetano Gaziano
tanogaziano@yahoo.it Continua a leggere...

martedì 16 settembre 2008

Lampedusa isola per teatranti secondo Diderot


«AH! Amici miei, se andassimo finalmente a Lampedusa, a fondare una piccola comunità di gente felice in mezzo al mare, lontano dalla terra!».Lo propose a metà del Settecento Denis Diderot, l'illulstre enciclopedista, come ci ha riferito Roberto Giambrone nel suo dotto articolo su “La Repubblica” del 13 luglio 2008- pagine regionali siciliane- dal titolo “Lampedusa, l'isola dei comici”.
Ricordiamo che nella Francia del Sei-Settecento per comici si intendevano tutte le persone di teatro, non solo coloro che erano impegnati in lavori buffi, e si intendeva per capo-comico l'autore dell'opera che al tempo tempo stesso era regista e attore della pièce messa in scena. Il capocomico, certamente più famoso della storia del teatro, è Moliere che operò alla corte di Versailles al tempo del Re Sole. E proprio ad una comunità di teatranti in effetti pensava Diderot quando la indicava come sede ideale per una piccola comunità felice. Infatti affermava «lì gli attori sarebbero i nostri predicatori e non dubitate che li sceglieremmo con la cura richiesta dall'importanza del loro ministero». Il riferimento agli attori come predicatori rinvia necessariamente al mondo della politica di oggi, in quanto soprattutto di predicatori è fatta la casta di chi ci amministra (governo e opposizione). La politica, è inutile negarlo, oggi ha più i contenuti dello spettacolo che della gestione della cosa pubblica. Il teatrino della politica, dunque. Basti pensare che per i politici tutti è più importante andare a “Porta a porta” di Vespa o a “Matrix” di Mentana o a tanti altri talk-show piuttosto che fare un intervento in Parlamento. Oggi conta di più l'apparire che il fare. I risultati concreti per i politici non contano più. Per restare a casa nostra, c'è chi ad Agrigento si è costruita la propria fortuna politica sulla promessa dell'aeroporto. Orbene l'aeroporto non è stato costruito (e forse non lo sarà mai). Ma incredibilmente chi l'ha promesso è stato premiato con un seggio alla Camera dei deputati. Molti politici (mi riferisco ai leader di partito, qualcuno di loro oggi riveste alte cariche istituzionali) sono andati alle trasmissioni televisive di avanspettacolo di Pippo Franco a prendersi le torte in faccia, pur di avere il loro momento di notorietà. Non so se Diderot aveva previsto anche questi effetti aberranti quando parlava di “attori-predicatori” però avvertiva che sarebbe stata necessaria una “particolare cura” nella scelta dei predicatori (e i politici, bisogna ammetterlo, sono abilissimi predicatori), lasciando intendere, suppongo, che se avessero dato cattiva prova di sé avrebbero avuto subito il ben servito. Oggi, come abbiamo visto, avviene esattamente il contrario: sono premiati!
Vediamo di capire, ora, perché Diderot individua in Lampedusa il luogo ideale per teatranti.
Intanto, bisogna ricordare che, al tempo di Diderot, Lampedusa non era stata ancora colonizzata: lo sarà solo il secolo successivo per volere di Ferdinando II di Borbone. Il pensatore illuminista aveva una conoscenza della più grande delle Pelagie abbastanza curiosa e divertente, come si ricava da un passo dei “Colloqui”, che riportiamo: «La Lampedusa è un' isoletta deserta del mar d' Africa, situata più o meno a metà strada tra la costa di Tunisi e l' isola di Malta. è ricchissima di pesca, è coperta di olivi selvatici, la terra è fertile. Il frumento e la vite attecchirebbero. Invece non è mai stata abitata da altri che da un marabutto (religioso musulmano, n.d.r) e da un cattivo prete. Il marabutto aveva rapito la figlia del bey di Algeri, si era rifugiato lì con la sua amante, e vi aveva trovato salvezza. Il prete, frate Clemente, ha passato dieci anni a Lampedusa, e fino a poco tempo fa ci viveva ancora. Aveva del bestiame, coltivava la terra. Chiudeva le provviste in un sotterraneo e andava a vendere il resto sulle coste vicine, dove se la spassava finché i soldi gli duravano. Nell'isola c' è una chiesetta, divisa in due cappelle, che i maomettani venerano come tombe del santone e della sua amante. Frate Clemente aveva consacrato una cappella a Maometto e l' altra alla Santa Vergine. Se vedeva arrivare una nave cristiana accendeva la lampada alla Vergine. Se il vascello era maomettano, subito spegneva la lampada della Vergine e ne accendeva una per Maometto». Esempio di furbizia o di vigliaccheria? Oggi diremmo: né l'una né l'altra cosa, piuttosto un pragmatico tentativo di multiculturalismo ante litteram, di incontro non traumatico tra religioni. Se le diverse fedi religiose avessero seguito, nella Storia, l'esempio del simpatico frate Clemente molte guerre di religione (con milioni di morti) probabilmente non sarebbero state combattute, certe drammatiche pulizie etniche evitate. E in questa direzione sembra anche andare la spiegazione che ne dà la storica del teatro, Mirella Schino, nel suo recente saggio “Storia e Teatro” (Bulzoni Editore 2008): cioè la posizione di liminarità, di confine tra due culture diverse quella cristiana e quella musulmana, avrebbe convinto Diderot della possibilità che a Lampedusa si incontrassero teatranti di scuole, di ideologie e di lingue diverse, che potessero costituire (diremmo oggi) quella “melting pot” artistica, quella fusione di sensibiltà e di credenze che potrebbe essere una buona base di partenza per un progetto più ampio di tolleranza e di pace universali.
Si è sempre pensato, tra l'altro, a un luogo ideale per la nascita di un Teatro del Mediterraneo
La proposta di Diderot di una Lampedusa come luogo ideale per una comunità di teatranti, a questo punto, potrebbe far pensare a essa come sede permanente di questo teatro.
Peraltro gli spettacoli di “Oh Scià”, che da alcuni anni vi radunano decine di migliaia di appassionati fans, possono essere considerati “in nuce” i primi esperimenti del vagheggiato Teatro del Mediterraneo. Gli spettacoli di “Oh Scià” non hanno ancora respiro internazionale, ma nulla toglie che possano acquisirlo in futuro, nel senso però di attrarre a Lampedusa masse di giovani da tutti i paesi rivieraschi del Mediterraneo agli spettacoli che si organizzeranno e non il contrario, cioè di portare gli spettacoli negli altri paesi. Così operando si otterrebbero due risultati: quello importante dell'incontro di civiltà e culture diverse sempre nello stesso luogo, che sarebbe dispersivo e impossibile da concretizzare se si cambiasse ogni anno la località che ospita il teatro, e il risultato non meno importante di rilanciare l'economia di Lampedusa che in questi ultimi anni è stata molto penalizzata in quanto, suo malgrado, è stata palcoscenico di rappresentazioni di altri drammi, questa volta non teatrali ma umani, con lo sbarco continuo di disperati alla ricerca di una vita dignitosa.
Gaetano Gaziano
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giovedì 11 settembre 2008

Il rigassificatore a Porto Empedocle: perché non costruirlo off-shore?

-Articolo dell'economista Pietro Busetta:
L’immagine della grande rigassificatore-piattaforma che attraversa il Mediterraneo è di quelle che rimangono impresse: dal porto di Algeciras in Spagna, vicino a Gibilterra, compirà un lungo viaggio attraverso tutto il Mediterraneo passando anche davanti alle coste siciliane, per essere ancorato davanti al porto di Rovigo.
L'impianto, voluto dalla Edison e poi passato alla Gnl Adriatico s.r.l., produrrà un quantitativo di 8 miliardi di mc. all'anno, pari al 10% del fabbisogno nazionale
D’altra parte i venti di guerra che spirano dalla Georgia ci fanno capire come la questione energia sarà al centro dei prossimi equilibri geo-politici negli anni 2000. Lo sviluppo di paesi come la Cina e l’India, che da soli rappresentano un terzo della popolazione mondiale, non potrà non passare per una tensione sui prezzi e per le forniture di energia, anche se l’occidente si sta avviando, in realtà faticosamente e in ritardo, verso forme di energia alternative e sta differenziando le fonti: cioè non solo petrolio, ma carbone, eolico, solare, ritorno al nucleare e appunto gas. Una serie di gasdotti attraversano l'Europa innervando sia la parte terrestre che quella marina. In particolare il Mediterraneo e la Sicilia sono diventati nodi strategici di tutte le forniture con i due grandi gasdotti, quello algerino e quello tunisino che portano gas al terminale di Mazara del Vallo e di Gela. Questo gas serve tutto il Paese e sale lo stivale attraverso gasdotti che portano la fonte energetica laddove è necessaria. In realtà la parte che ne consuma maggiormente è proprio quella del Nord, la locomotiva della nostra nazione. Ma far arrivare il gasdotto sottomarino a La Spezia o a Trieste sarebbe stato assurdo perché è molto meno costoso un gasdotto da interrare di uno che viaggia negli abissi marini. Ovviamente sono infrastrutture, queste, con costi nell’ordine di miliardi di euro ma società, come l’Eni, li hanno affrontati con decisioni rapide, prese da poche persone nei rispettivi consigli d’amministrazione che, fiutando il grande affare dell’energia, hanno impostato le loro politiche produttive per ritrovarsi pronte in tempo con sufficiente prodotto da vendere al mercato domestico ed a quello internazionale. La Sicilia ha un grande interesse nel settore energetico. Infatti, oltre alle grandi raffinerie come quella di Milazzo, di Priolo, di Gela e ai due grandi metanodotti, abbiamo anche l’estrazione di gas sia all’interno del territorio (si ricorderanno le problematiche sorte con la Phanther Oil per i pozzi nel territorio ragusano) che i giacimenti di gas off-shore al largo sempre di Ragusa e di Porto Empedocle, nonché l’estrazione di petrolio nell'ennese e a Gela. Un contributo importante alla formazione del Pil siciliano sia in termini di occupati che di formazione di valore aggiunto e di prelievo fiscale, anche se la maggior parte di esso finisce nel calderone centrale ed infatti è oggetto di controversia con la Stato. Si tratta della problematica delle accise che con il federalismo fiscale andrà certamente risolta. E’ un arma quella dell’energia che si è tentato, inutilmente e con poco successo, di giocare con Roma. In molti ricorderanno la cosiddetta tassa sul tubo di cuffariana memoria che poi la Regione si è dovuto rimangiare. Ma il problema rimane quello di un ipotetico conto della serva: di quanto utile rimanga, cioè, tra costi in termini di inquinamento atmosferico, di danno alla salute, di inquinamento paesaggistico e ricavi in termini di posti di lavoro, di entrate per la regione, di autonomia energetica, eccetera.
Ed allora bisognerà ragionare sulla struttura energetica esistente, della quale i costi sono certi purché lo siano anche i ricavi, ma anche sul progettuale eolico, che Lombardo ha in parte liberalizzato, sulle nuove estrazioni di gas nel ragusano, che pare siano assolutamente non inquinanti dal punto di vista ambientale, sui nuovi rigassificatori, tenendo presente che i no indiscriminati non pagano ma che i sì generalizzati svendono il territorio.
Per quanto riguarda i rigassificatori, la Sicilia è coinvolta con quello di Priolo e quello di Porto Empedocle, ancora da costruire. Premesso che la Sicilia, con le raffinerie ed i gasdotti di cui si è parlato, è esportatrice netta di energia e che il gas andrebbe liquefatto vicino ai mercati di consumo, come sostiene Davide Tabarelli responsabile di Nomisma Energia, diventa assodato che il motivo per cui si progettano a Priolo e a Porto Empedocle è perché le altre comunità, in Italia, non li vogliono. Ma allora, visto che si è convinti, a destra come e sinistra, che i rigassificatori in Sicilia devono essere realizzati, perché non imporre almeno che quello di Porto Empedocle, a ridosso della Valle dei Templi, venga costruito off-shore come quello di Rovigo? In tal modo si salverebbero la capra degli interessi plurimiliardiari della casa costruttrice e quelli della salvaguardia di un patrimonio unico al mondo come quello della Valle, che ha bisogno dei profumi della Kolimbetra piuttosto che della puzza di gas.
Pietro Busetta
-Ospitiamo molto volentieri questo articolo dell'economista Pietro Busetta, pubblicato oggi sul quotidiano "La Sicilia" a pag. 2
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domenica 7 settembre 2008

La circolare Antinoro: Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini...

Ciò che non fecero i barbari, lo fecero i Barberini: dietro questa famosa pasquinata si celava il disappunto del popolo della Roma rinascimentale e papalina contro gli scempi edilizi effettuati dalla potente famiglia di Papa Urbano VIII Barberini, additata pubblicamente come i nuovi barbari.
E, allora, se avessero visto gli scempi di oggi, soprattutto quelli commessi dalle multinazionali petrolifere e dell'energia...
Il ricordo della celebre pasquinata ci riporta ai nostri giorni in cui i nuovi barbari assumono altre vesti, non meno arroganti, anzi di più, forti del loro consenso popolare. La circolare dell'assessore regionale Antonello Antinoro sulla deregulation paesaggistica ha fatto gridare allo scandalo. Su “La Repubblica” di mercoledì 3 settembre- pagine regionali- Guido Visconti, in un suo pezzo dal titolo eloquente “Dal governo regionale un attentato al paesaggio”, ha denunciato con durezza il proposito di selvaggia deregolamentazione in materia di tutela ambientale e territoriale dei nuovi governanti siciliani.
Eccomi: il vero, l'unico e inconfondibile delfino in Sicilia di Totò Cuffaro sono io, Antonello Antinoro, pronto a continuare la politica di “difesa” del territorio e del nostro patrimonio culturale operata dal mio illustre predecessore e dante causa politico!
Lo ha affermato perentoriamente il nostro ineffabile assessore regionale ai beni culturali con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana della sua prima circolare.
Per la verità, un primo, inequivocabile, biglietto di presentazione il Nostro l'aveva già esibito, allorquando aveva effettuato la “felice” sortita di volere assegnare la gestione della Valle dei Templi di Agrigento ai privati.
Dalle pagine di questo blog avevamo avvertito l'opinione pubblica, dopo la composizione della giunta di Raffaele Lombardo e dopo i tanto strombazzati propositi di risveglio dell'orgoglio siciliano, che la collocazione di Antinoro, uomo fidato di Cuffaro, all'assessorato ai bei culturali aveva il preciso scopo di controllare le sovrintendenze siciliane che potrebbero ostacolare (quando e se ne hanno voglia) il disegno neoindustriale dell'ex governatore e la strategia neocolonialista delle lobbies del Nord che hanno fiutato nel business dell'energia il vero affare degli anni Duemila e che vedono nelle sovrintendenze un possibile (anche se debole e facilmente aggirabile) ostacolo ai loro progetti.
Osserva Guido Visconti: “La schizofrenica emanazione di leggi e circolari da parte dei governi regionali di centrodestra in materia di territorio, ambiente, energia, lascia una volta di più senza fiato. La circolare di Antinoro, già definita “salva eolico”, ha un potenziale devastante”. E questa finalità si ricava chiaramente dalle “due paginette scarne ed arroganti (della circolare), con alcune citazioni di giurisprudenza scandalosamente interpretate pro domo sua”.
Ci preoccupa l'affermazione di Antinoro che, citando la Corte costituzionale, parla di tutela intesa in “senso dinamico” tendente a conciliare la salvaguardia dei beni e delle aeree vincolate con le trasformazioni d'uso a scopo produttivo e insediativo.
Questa affermazione, che si sposa con la nuova tendenza dell'ambientalismo del fare (o degli affari) attualmente di moda sia nel mondo del rampantismo di destra che di quello di sinistra, prelude all'ultimo e drammatico assalto a quel che resta delle coste e del paesaggio siciliani ancora non aggrediti.
Infatti avverte Visconti, nel suo pregevole articolo, “il vero intento ed effetto dirompente di deregulation globale è non solo verso le concessioni per la costruzione indiscriminata di impianti eolici, ma verso la definitiva cementificazione di coste e territori di pregio, verso l'installazione deregolamentata di inceneritori, eccetera” e, aggiungiamo noi, verso la costruzione di rigassificatori (uno dei quali a ridosso della Valle dei Templi) che tanto stanno a cuore a Totò Cuffaro.
Ne sono passati di anni da quando Pasquino additava all'opinione pubblica romana come nuovi barbari la potente famiglia dei Barberini. Da allora altri e più gravi scempi sono stati commessi ai danni del nostro territorio e del nostro patrimonio culturale e la recente circolare Antinoro sta tutta lì a testimoniare che le “invasioni barbariche” non sono ancora finite.
Gaetano Gaziano,
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lunedì 1 settembre 2008

"Salvate la Valle dei Templi": lettera aperta ad Angelino Alfano, Michele Cimino, Roberto Di Mauro e Luigi Gentile

Da agrigentini e siciliani, rivolgiamo a Voi agrigentini e siciliani, illustri rappresentanti di istituzioni nazionali e regionali, questo nostro appello per salvare la Valle dei Templi, inserita nella World Heritage List dell'Unesco.
Noi siciliani abbiamo oggi tutte le prerogative morali, storiche e giuridiche per pretendere ciò, respingendo gli stranieri anche se portano doni (timeo Danaos et dona ferentes).
Negli anni Settanta, Giorgio Bassani, fondatore e presidente di Italia Nostra, portò avanti una battaglia ambientale e civile per salvare la Sicilia dalle speculazioni affaristiche e dalle cementificazioni selvagge, impedendo un progetto di raffineria alle pendici di Erice e promuovendo la difesa delle Eolie, tanto amate oggi perché ben salvaguardate.
Noi siciliani dobbiamo dimostrare di essere oggi in grado da soli di sapere tutelare il nostro immenso patrimonio storico, culturale e paesaggistico.
L'organizzazione dello spettacolo di Roberto Bolle, programmato per il 13 settembre nella Valle dei Templi e sponsorizzato dall'ENEL che intende costruire un rigassificatore da 8 miliardi di mc. a Porto Empedocle proprio a ridosso della Valle, con ciò profanandola e irrimediabilmente deturpandola, ha il sapore della beffa, del cavallo di Troia, con cui espugnare la Valle con un'operazione similculturale che nasconde ben altre intenzioni affaristiche che con la cultura confliggono.
Lo spettacolo voluto dal FAI, dinanzi al tempio della Concordia, si presume per rilanciare l'immagine della Valle spesso offuscata da un contesto sfavorevole che va risolto (crisi idrica, mare inquinato, infrastrutture e servizi carenti), ha in sé, purtroppo, un peccato originale: lo stretto legame tra FAI ed ENEL, sponsor influente e convincente.
La presidente Giulia Maria Mozzoni Crespi, dopo aver sposato la causa della difesa della Valle e dello sviluppo economico basato sull'uso produttivo delle risorse culturali, inviando un'accorata lettera aperta all'ex governatore Cuffaro perché da agrigentino facesse un gesto d'amore verso la sua terra, fece dopo alcuni mesi un incredibile “allargamento della riflessione”, interpretato dagli agrigentini come un solenne voltafaccia, ipotizzando che il rigassificatore a ridosso della Valle, costruito dall'ENEL, potesse addirittura diventare “un capolavoro architettonico”.
Ora, che ben venga nella nostra Valle Roberto Bolle, uno dei più acclamati ballerini classici di tutti i tempi, se serve a consacrarla ulteriormente come luogo simbolo, ma per fugare ogni sospetto lo spettacolo dovrà essere sfruttato da tutti i rappresentanti istituzionali come un'irripetibile opportunità per contrastare il tentativo di profanazione della Valle.
L'Enel può e deve fare un passo indietro.
Gli Agnelli, industriali di grande sensibilità culturale, negli anni Cinquanta, recedettero dal progetto concreto e definito di costruire i capannoni della Fiat nella piana di San Gregorio, sotto il tempio della Concordia, da dove, anni dopo, Papa Woijtila avrebbe lanciato il famoso anatema contro la mafia.
Di fronte all'indignazione del mondo della cultura, gli Agnelli costruirono i capannoni Fiat a Termini Imerese.
Voi, egregi Onorevoli, avete la necessaria autorevolezza per operare una sorta di “moral suasion”, affinché l'ENEL, che è una delle più grandi multinazionali mondiali dell'energia ed è italiana, faccia un passo indietro e receda “dall'indecoroso progetto” (così il Prof. Salvatore Settis, Presidente del Consiglio Nazionale dei Beni Culturali, ha definito il rigassificatore di Porto Empedocle).
L'ENEL tenga fede al proprio codice etico che recita “la buona reputazione è una risorsa immateriale essenziale”. Solo così potremo accettare la sua sponsorizzazione come un vero dono e non come foglia di fico per nascondere operazioni indecenti di cui vergognarsi dinanzi alle future generazioni.
Grazie e cordiali saluti,
Gaetano Gaziano
Comitato Salviamo la Valle dei Templi di Agrigento
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domenica 24 agosto 2008

Lettera aperta al Sindaco Marco Zambuto perché salvi la Valle dei Templi di Agrigento

Caro Sindaco,
alcuni uomini politici agrigentini senza scrupoli, con la complicità di pubblici funzionari “distratti”, hanno svenduto la Valle dei Templi al mondo del business, così compiendo il più grave attentato all'integrità della Valle nell'arco dei suoi 2500 anni di storia.
Oggi l'Enel, che dovrebbe costruire un rigassificatore da 8 miliardi metri cubi a Porto Empedocle a ridosso della Valle e in zona “Caos” anch'essa sottoposta a vincolo paesaggistico, sponsorizza lo spettacolo ad Agrigento dei balletti classici di “Roberto Bolle and his friends”, proprio con lo sfondo del tempio della Concordia. Tutto ciò suona come un irridente sberleffo a noi agrigentini e alla Sua persona che gli agrigentini tutti rappresenta. La sponsorizzazione da parte dell'Enel dello spettacolo non è altro, infatti, che un'evidente operazione di maquillage cultural-pubblicitario per fare accettare a noi agrigentini e al mondo intero della cultura il boccone amaro del rigassificatore.
Come Ella certamente capirà, la costruzione dell'impianto industriale, rientrante per la normativa Seveso tra quelli a “rischio di incidente rilevante”, porterebbe a deturpare irrimediabilmente e a profanare la nostra Valle, e l'Enel non vuole prendere in considerazione neppure l'ipotesi di costruirlo off-shore, come li stanno programmando a Livorno e a Rovigo, che pure non hanno un'altra Valle dei Templi. Come si sa, gli interessi della cultura non sempre coincidono con quelli del business, anzi quasi mai.
In un precedente articolo, pubblicato su questo blog e sul settimanale “Grandangolo”, ho denunciato all'opinione pubblica il fatto che con questa iniziativa l'Enel vuole mettere in atto una strategia, neppure tanto nascosta, di barattare i nostri tesori con gli specchietti di colombiana memoria, specchietti che ho proposto di restituire al mittente, essendo evidente il loro patetico tentativo di trattarci alla stregua di ignoranti selvaggi con l'anello al naso e con la sveglia al collo.
Tuttavia, anche se non è certo questo lo scopo a cui tendono gli organizzatori e gli sponsor dello spettacolo, che hanno tutt'altre finalità, l'evento che il Fai ha programmato nella Valle dei Tempi per il 13 settembre contribuirà comunque a consacrarla ulteriormente come luogo simbolo mondiale di cultura.
A questo punto, lo spettacolo di Bolle, che avrà certamente un riscontro mediatico a livello nazionale e internazionale, può e deve essere considerato come un'opportunità data a noi agrigentini di denunciare ulteriormente il progetto di violare la sacralità della nostra Valle, che segnerebbe anche il “de profundis” per la nostra economia, come affermato dal Presidente Fai, prima del suo incredibile “allargamento della riflessione”.
Caro Sindaco adesso tocca a Lei! E' questa forse l'ultima e irripetibile occasione di denunciare al mondo intero della cultura il tentativo di industrializzare il nostro sito archeologico, dichiarato patrimonio Unesco dell'umanità .
Bisogna difendere a denti stretti il nostro patrimonio culturale. Sì è vero, è in flessione il turismo ad Agrigento, come del resto succede dappertutto per i venti di recessione che soffiano sull'economia nazionale e internazionale. Da noi inoltre, come si sa, ciò che più ci penalizza è la mancanza di un aeroporto. Ma, se a ciò si dovesse aggiungere malauguratamente la costruzione di un rigassificatore a ridosso della Valle dei Templi, verrebbe anche uccisa la speranza di un nostro riscatto economico anche dopo la realizzazione di quelle infrastrutture di cui siamo attualmente carenti.
Non spetta a noi del comitato suggerirLe la strategia di denuncia: resta il fatto che, in occasione delle spettacolo di Bolle, saranno presenti ad Agrigento i giornalisti dei più importanti network televisivi e della carta stampata, nazionali e stranieri.
Faccia sentire forte la Sua Voce a nome di noi agrigentini, fortemente indignati per questa volgare aggressione al patrimonio culturale universale.
Cordiali saluti,
Gaetano Gaziano, Comitato Salviamo la Valle dei Templi di Agrigento.
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