lunedì 27 giugno 2011

"EST! EST!! EST!!!"

Siamo in estate e voglio offrire ai lettori di questo blog qualcuno dei miei racconti che parlano di vino, d'amore, di gioia di vivere.
La raccolta completa dal titolo "Il Bacchino ubriaco e altre storie" è pubblicata dall'editrice Excogita di Milano, che gentilemnte concede di inserirli in questo blog.

Ed ecco il primo dei racconti.

"Est! Est!! Est!!!"
Sua Eminenza, Giovanni Defùk, era un intenditore di vini. E non solo.
Vescovo cattolico di Magonza, gestiva la sua diocesi con modi garbati e con fare bonario.
Nella sua diocesi, per esempio, non erano mai stati celebrati processi contro streghe o eretici (e siamo in pieno Medio Evo).
«Sono farina del diavolo!» diceva delle lettere anonime, che pure gli arrivavano copiose, a denunciare pratiche di stregoneria o di eresia.
Il palazzo del vescovado era aperto a tutti, dal Borgomastro all’ultimo contadino, ogni giorno della settimana, tranne in alcuni giorni, durante i quali l’accesso era rigorosamente “verboten”.
«Sua Eminenza fa gli “esercizi spirituali”» era la motivazione ufficiale del segretario personale, frate Martino.
Quando era “in ritiro”, Sua Eminenza amava rinfrescare i momenti di “meditazione” con l’ottimo bianco del Reno, raffreddato con la neve, nelle cantine del vescovado.
E ad assistere Sua Eminenza, durante gli “esercizi spirituali”, erano sempre alcune suore di clausura non giovanissime, quelle più mature.
«Sono le più esperienti!» confidava malizioso al segretario Martino, che in tale circostanza assumeva anche le vesti di coppiere.
L’aspetto rilassato e soddisfatto di mons. Defùk, alla fine degli “esercizi”, ne testimoniava la validità e l’efficacia.
Le guance arrossate e l'aspetto rubizzo la dicevano lunga sullo stato di generale benessere procuratogli dalla lunga attività di “raccoglimento”.
Lo sguardo sorridente e furbo aggiungeva simpatia al suo volto rotondo e pacioso, espressione di serenità e bonomia.
L’Imperatore Enrico V conosceva bene l’attitudine di mons. Defùk a ritirarsi spesso in “meditazione”. Ma gli voleva bene anche per questo.
E, poi, in quel preciso momento storico aveva bisogno delle sue abili doti diplomatiche, di cui gli faceva ampio credito.
Correva l’anno del Signore 1111 e quell’intollerante, per lui, papa Pasquale II, a Roma, non si decideva a legittimarne l’autorità imperiale, rifiutandosi di incoronarlo come Imperatore del Sacro Romano Impero.
«Andremo a Roma a farmi incoronare!» disse all’esterrefatto vescovo.
«Non capisco “quell’andremo”» disse mons. Defùk all’Imperatore. «Cosa devo venirci a fare io a Roma, Maestà?».
«Voi siete il mio più fidato consigliere diplomatico» rispose, deciso, l’Imperatore.
«Sfrutterò al meglio la vostra abilità a trattare con Roma. Vorrei evitare di usare altri argomenti forse più convincenti, ma che ritengo, al momento, meno opportuni».
Quando parlava di “argomenti più convincenti”, si riferiva al potente esercito con cui si apprestava a scendere in Italia.
«In verità, non mi sento di affrontare un viaggio così faticoso» insistette timidamente mons. Defùk, riluttante a lasciare le comodità e gli agi della sua tranquilla diocesi di Magonza.
«Ci tengo!» disse, risoluto, l’imperatore. «E, poi, l’Italia è anche terra di buon vino e di belle donne» continuò, sapendo di colpire nel segno.
«Davvero?» chiese, curioso, monsignore, che non aveva mai messo il naso fuori dai confini della sua diocesi.
«Il migliore e le più belle del mondo!» fece l’Imperatore, strizzandogli l’occhio.
«Verrò!» disse, allora, convinto il prelato.
Il viaggio, intrapreso verso l’Italia, doveva essere per l’Imperatore una missione diplomatica. Per mons. Defùk un piacere dello spirito e… del corpo.
E, in effetti, fu entrambe le cose.
L’Imperatore, assistito dal suo consulente diplomatico, man mano che si avvicinava a Roma, preparava e affinava le argomentazioni politico-giuridiche per convincere Sua Santità a legittimare la sua aspirazione a essere incoronato. A ogni buon conto, aveva sempre l’argomento di riserva: il suo potente esercito.
Mons. Defùk, deciso a godere dei vantaggi turistico-gastronomico-enologici della spedizione, più che di quelli politici, non avendo informazioni precise sul vino e sull’ospitalità delle varie taberne e hostarie che incontravano lungo il loro itinerario, si faceva precedere dal proprio segretario, il frate-coppiere Martino, a saggiarne la bontà.
Il segnale convenuto, dell’eseguita indagine, era tanto semplice quanto originale: un cartello con la scritta “Est!”, affisso dallo scaltro frate sulla porta della locanda visitata, era un messaggio in codice, ma eloquente per mons. Defùk, che buono era il vino; che altrettanto buona era l’ospitalità. E per “ospitalità” sapeva bene cosa intendesse il suo padrone.
La doppia scritta “Est! Est!!” stava a indicare il livello di eccellenza dei “prodotti” testati.
Questa semplice ma genialissima precauzione mise al riparo il nostro monsignore da indesiderate quanto spiacevoli sorprese e gli consentì di apprezzare la bontà dei vini italiani e l’ “ospitalità” delle compiacenti locandiere, preventivamente selezionate.
Giunta la spedizione nello Stato della Chiesa, alle porte del ridente e assolato paesino di Montefiascone, mons. Defùk si congedò dall’Imperatore, che, come al solito, veniva ospitato dalle potenti famiglie aristocratiche, che incontrava lungo il viaggio.
«Non capisco questa vostra predilezione per le locande» osservò l’Imperatore. «Non stareste meglio nella casa nobiliare, che ci ospita in questo delizioso paese?».
«No, Maestà! Preferisco le locande. Mi consentono di conoscere meglio la gente del luogo» rispose, ammiccando, monsignore e si avviò alla locanda, precedentemente “esplorata” da fra’ Martino.
Arrivato al centro del paese, in compagnia del suo fedele segretario, monsignore individuò subito la dimora prescelta, in quanto il solito cartello faceva bella mostra di sé sul portone d’ingresso della locanda “ALLA POLLASTRA ZOPPA”.
Avvicinatosi, mons. Defùk lesse, con sorpresa, la scritta “Est! Est!! Est!!!”.
«Come mai tre volte est?» chiese, curioso, al suo segretario.
«Vedrete, Eminenza, e capirete!» rispose, sornione, fra’ Martino.
Annunciato il loro arrivo dal frate, venne ad accogliere gli ospiti una splendida locandiera dall’apparente età di 30-35 anni, occhi neri, ardenti come tizzoni.
«Benvenuti, sono la sora Gina, la proprietaria della locanda, accomodatevi!» disse, con il sorriso più accattivante di questo mondo.
«Ecco spiegato il triplice est!» pensò, compiaciuto, monsignore.
La sora Gina li precedette, per accompagnarli nei rispettivi alloggiamenti.
Monsignore, mentre la seguiva, studiò con occhio di esperto il corpo dell’avvenente locandiera, apprezzandone le procaci forme, che pure si intuivano, sotto l’abbondante veste. Notò, inoltre, che era leggermente claudicante, ma che la sora Gina mascherava abilmente il lieve difetto fisico, ancheggiando con civetteria, cosa che la rendeva ancora più attraente.
«Questa donna deve essere davvero eccezionale,» pensò il prelato buongustaio, «se, con spirito di grande autoironia, non ha esitato a dare alla sua locanda, il nome di “ALLA POLLASTRA ZOPPA”».
La sora Gina sistemò fra’ Martino a piano terra, in una calda stanza adiacente alla cucina, e monsignore di sopra, in una confortevole camera arredata con gusto e sobrietà, accanto alla propria stanza da letto.
«Hic manebimus optime!» pensò mons. Defùk, mentre sistemava i suoi bagagli.
Fra’ Martino si prese cura di fare sloggiare i pochi avventori presenti in quel momento nella locanda, con il convincente argomento dell’elargizione di qualche moneta d’oro, e di affiggere prontamente sulla porta di ingresso la scritta “Locanda occupata dai dignitari di corte di Sua Maestà, l’Imperatore Enrico V”.
Mons. Defùk trascorse “i giorni più belli della mia vita”, come annotò nel suo diario di viaggio, oggi conservato tra i documenti “Top Secret” del Vaticano, accudito esclusivamente dalla bella Gina e dal frate coppiere.
“Mai, prima d’ora, avevo gustato un vino così eccellente come quello che si produce in queste terre”.
Niente è riferito nel diario (si pensa per discrezione) sulle amorevoli cure, che prodigò la sora Gina per rendere “indimenticabile” il viaggio di monsignore.
La leggenda ci tramanda, comunque, che i vicini, nei momenti di maggiore “trasporto mistico” della coppia, abbiano percepito inequivocabili gridolini di benessere “Est! Est!! Est!!! ”, provenienti dalla stanza da letto di mons. Defùk.
Dopo tre giorni, l’Imperatore, spazientito, per aver dovuto rallentare la marcia verso Roma a causa delle “meditazioni” del proprio consigliere diplomatico, lo mandò a chiamare categoricamente.
«Perdonatemi, Maestà, ho dovuto approfondire le argomentazioni giuridiche...».
«Conosco bene la vostra attività di “approfondimento”!» lo bloccò, con un sorriso, l’Imperatore. «Basta, si va a Roma!».

La discussione con Pasquale II, sulla controversia dell’incoronazione, non fu né semplice né sempre improntata a comportamenti diplomatici. Tutt’altro. A volte fu, addirittura, costellata da momenti drammatici, anche cruenti, perché non era limitata alla sola formalità del riconoscimento papale dell’autorità imperiale di Enrico V, ma era, altresì, collegata con annose problematiche di spartizione di interi Stati, tra le potenti famiglie reali europee del tempo.
Alla fine, comunque, prevalse il buon senso e venne trovato un compromesso onorevole per entrambe le parti, grazie anche all’abile opera di mediazione di mons. Defùk.
La cerimonia di incoronazione, celebrata a Roma il 13 aprile del 1111, fu sfarzosa: l’imperatore Enrico V era raggiante, gongolante e soddisfatto il suo consigliere diplomatico.
A conclusione della cerimonia, mons. Defùk chiese e ottenne udienza privata da Papa Pasquale II.
«Santità,» esordì, con deferenza, «ho da rappresentarvi un’esigenza, che non è solo mia, per la verità, ma del clero di tutto il mondo».
«Dite pure!» lo incoraggiò, con un largo sorriso, il Papa, che, durante le giornate di discussione della controversia imperiale, aveva avuto occasione di apprezzarne le notevoli qualità diplomatiche.
«L’obbligo del celibato è diventato pesante e insostenibile! Penso che potremmo svolgere il nostro ministero più adeguatamente, se le nostre giornate fossero riscaldate dall’amore di una compagna…» mons. Defùk iniziò a perorare la causa che più gli premeva, con fare accorato, ma osservò che Sua Santità, a quelle parole, si irrigidì subito, diventando scuro in volto.
«Le tradizioni vanno rispettate. Il nostro compito è quello di servire Cristo e la Chiesa!» lo troncò, con durezza, Pasquale II.
«Capisco» rispose mons. Defùk, inghiottendo amaro.
«Pasquale II da questo orecchio non ci sente!» pensò, osservando che, a differenza di quasi tutti i pontefici che l’avevano preceduto sul soglio di Pietro, quel Papa amava farsi assistere da giovani e aitanti chierici, piuttosto che da suore.
E non insistette.
Sulla strada del ritorno, giunti che furono a Montefiascone, monsignore prese la sua storica decisione.
«Maestà, il mio viaggio è finito, mi fermo in questi luoghi dove ho trovato amore, felicità ed eccellente vino!» comunicò al suo Imperatore.
«Non posso darvi torto!» fu la risposta compiaciuta di Enrico V, che lo nominò barone dell’Impero, per compensarlo sia della rinuncia al posto di vescovo di Magonza che per il successo della missione diplomatica.
Mons. Defùk trascorse il resto della sua vita a Montefiascone, accanto alla sua adorata Gina, nella tenuta, che aveva comprato con la dote dell’Imperatore, coltivando la terra e, soprattutto, producendo quell’ottimo vino, che, da quel momento e in suo onore, porta il nome di “Est! Est!! Est!!!”, di cui fu anche il più convinto estimatore e consumatore.
Monsignore si fece amare dalla gente del luogo per l’attività di grande benefattore e, alla sua morte, per aver donato tutti i propri beni alla comunità di Montefiascone, fu sepolto nella chiesa romanica di S.Flaviano, a testimonianza del loro affetto.
Sulla pietra tombale, è riportata l’iscrizione “Propter nimium est est est hic Johannes de Funk dominus meus mortuus est”, che, senza molte perifrasi, allude alla morte felice di monsignore, avvenuta dopo un’abbondante libagione del suo vino preferito.
La lapide non lo riporta, ma tradizione vuole che nella stessa tomba sia sepolta la sua amata, la sora Gina.
Ogni anno, a ricordo del grande vescovo-barone-benefattore e della sua sposa, viene versato, in una notte di plenilunio di agosto, sulla loro tomba un barilotto dell’ottimo vino locale da parte di quei montefiasconesi, che, durante l’anno, si siano maggiormente distinti a onorare degnamente il dio Bacco. E, ogni volta, qualcuno di loro giura di avere sentito, provenienti dalla tomba, gridolini di benessere “Est! Est!! Est!!!”.
Gaetano Gaziano.
tanogaziano@yahoo.it

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domenica 19 giugno 2011

REFERENDUM: E ORA SPAZZIAMO VIA IL PORCELLUM

L'esito degli ultimi referendum ci consegna un risultato di natura politica, sociale e culturale di grande spessore storico, l'esigenza cioè fortemente avvertita dai cittadini di volere partecipare alle scelte esistenziali di primaria importanza, come quelle che riguardano la vita democratica del nostro Paese, le strategie energetiche, la forma pubblica o privata dei servizi e, in generale, tutte quelle decisioni che comportano mutamenti profondi nell'assetto economico-istituzionale dell' “azienda” Italia. La gente ormai è stanca di accettare decisioni prese dall'alto sulla propria pelle.
E si tratta di un sentimento forte non più arrestabile, perché proviene dalla base dei cittadini-elettori ed è alimentato sempre più dalla comunicazione on line che ha definitivamente soppiantato quella tradizionale completamente asservita agli interessi delle lobby affaristiche, verso cui i politici e i sindacalisti hanno assunto un ruolo di meri strumenti di esecuzione.
Questa “rivoluzione” si è cominciata a vedere attraverso i risultati degli ultimi referendum. Se non fosse stato per i movimenti spontanei e per internet il quorum non sarebbe stato mai raggiunto.
Sulla spinta di questo grande successo del popolo “pecorone” (così lo vedono i politici e i sindacalisti) è nato già il movimento per la raccolta delle firme per abrogare l'attuale legge elettorale, definita “una porcata” dal suo stesso autore, il leghista Calderoli.
E la richiesta non viene dai partiti o dai sindacati, attestati come sempre su posizioni conservatrici del potere acquisito, ma da un gruppo di intellettuali come Umberto Eco, Giovanni Sartori, Dacia Maraini, Claudio Abbado, Margherita Hack ed altri che hanno aderito al movimento di Stefanno Passigli, docente di scienza della politica all'università di Firenze, denominato “Io firmo-riprendiamoci il voto”.
Il Pdl e la Lega Nord sono ovviamente contrari, ma è contrario anche il Pd che, per bocca del senatore Stefano Ceccanti, ha bocciato l'iniziativa referendaria.
E su ciò non c'era alcun dubbio visto il comportamento altalenante e ambiguo che hanno tenuto sugli ultimi referendum quelli del Pd.
Non è un mistero per nessuno, infatti, che Bersani fosse filonuclearista e favorevole alla gestione privata dell'acqua. Poi, capendo che il vento del rinnovamento proveniente dal basso avrebbe travolto i partiti e i loro leader, ha cavalcato i referendum, intestandosi arbitrariamente il successo finale.
Oggi osteggiano il referendum sull'abrogazione del “porcellum”, ma domani, capendo magari che l'iniziativa potrebbe avere successo, saranno pronti a saltare di nuovo sul carro dei vincitori.
Ed è anche comprensibile che siano contrari ad abrogare l'attuale legge elettorale.
Come potrebbero sennò i maggiorenti del Pd collocare in Parlamento mogli, figli, amanti e portaborse? Piero Fassino vi ha collocato la moglie, Totò Cardinale la figlia, Franceschini il portaborse, Prodi il portavoce e via “porcellizzando”.
E che fine ha fatto la proposta lanciata di Walter Veltroni, l'Africano, di dimezzare il numero dei parlamentari e di ridurre drasticamente a quelli rimasti l'indennità parlamentare, una delle più alte se non la più alta del pianeta, lanciata in una delle tante tornate elettorali?
Conclusa la campagna elettorale, il “nostro” Walter se ne è candidamente scordato. Demagogia pura!
Oggi si chiedono sacrifici agli Italiani. Le società internazionali di rating, come Moody's, minacciano di abbassare il giudizio di credibilità finanziaria del nostro Paese. Si programma una manovra finanziaria di 40 miliardi di euro, con tagli di spesa in tutti i settori della nostra economia. Tranne ovviamente che nella spesa per la politica.
Anzi i nostri furbetti del parlamentino ci raccontano a volte che si autoriducono le indennità parlamentari, per poi aumentarsele con leggine nascoste spesso in provvedimenti omnibus, dove sono inserite migliaia di disposizioni in materia finanziaria, per cui sperano che l'imbroglio passi inosservato. Patetica speranza. Oggi c'è Internet.
Qualche tempo fa circolavano sul web notizie su prebende e privilegi dei parlamentari italiani.
Benvenuta, quindi, l'iniziativa del comitato per la raccolta delle firme per l'abrogazione del “Porcellum” http://referendumleggeelettorale.it/
Riteniamo che il numero di 500 mila firme, da raggiungere entro il 15 settembre, sarà abbondantemente superato, data la rabbia che circola tra gli elettori che si sentono espropriati del diritto di voto.
L'attuale sistema elettorale li ha ridotti a semplici ratificatori di scelte fatte non da loro ma da qualcun altro, sopra le loro teste.
E sono arrivate subito le reazioni scomposte del potere, di destra e di sinistra, contro l'iniziativa referendaria.
La legge “Porcellum” fa infatti comodo a tutti.
Questi burosauri della politica non hanno capito che il vento è cambiato.
Stanno tentando di restare abbarbicati alle poltrone, come il granchio allo scoglio.
Manderanno i lacché di regime a spiegare che, rispetto a questa legge elettorale, indietro non si torna, prometteranno che saranno loro stessi a modificarla ma non lo faranno mai.
Fin quando arriverà il giorno del referendum.
E saranno tempi duri per i furbetti del parlamentino.
Gaetano Gaziano.
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lunedì 13 giugno 2011

REFERENDUM, SCONFITTE LE LOBBY E I LORO SUPPORTERS

Lo straordinario esito dei referendum decreta la sconfitta delle lobby affaristiche nazionali e internazionali e dei loro supporters, che sono presenti in gran numero in tutti i partiti, in tutti i sindacati e in tutti i media.
Alla distanza di 24 anni, da quando cioè gli Italiani bocciarono con un referendum l'uso dell'energia nucleare nel nostro Paese, Claudio Scajola, rampante ex-ministro dello sviluppo economico di Berlusconi, quello dell'appartamento comprato a sua “insaputa”, ha fatto approvare un piano per il ritorno al nucleare. Ovviamente il piano non era del rampante ministro, ma delle lobby dell'energia francesi alleate con quelle italiane.
I politici, infatti, non sono altro che strumenti esecutivi delle lobby.
Sembrava che il disastro di Fukushima avesse raffreddato gli entusiasmi nuclearisti, ma, passata la prima ondata emotiva, si sono presentati il nano Sarkozy, commesso viaggiatore del nucleare, e il nano Berlusconi a dirci, in conferenza stampa televisiva, che il nucleare in Italia si può fare.
E il referendum? No problem, assicurò il nano italiano: abbiamo fatto una leggina che sospende per un anno il piano energetico nucleare e quindi il referendum non si fa più.
Gli arroganti nani sono stati puniti, però, dalla Corte di Cassazione.
Il referendum si è fatto.
Che scoppola, ragazzi.
Ad essere sconfitti sono oggi i due nani e i cortigiani (ministri, sottosegretari e ballerine) che gravitano attorno a loro ma soprattutto attorno agli interessi delle lobby dell'energia.
Ma perché avremmo dovuto dare ascolto alla Santanché, rifatta e siliconata, o a Chicco Testa, ex presidente di Legambiente, poi “folgorato” sulla via del nucleare, piuttosto che al fisico Carlo Rubbia o all'economista Jeremy Rifkin, che ci dicono che il nucleare è pericoloso e dispendioso, mentre dovremmo puntare tutto sulle energie rinnovabili? Come dare loro torto.
In Germania, che si appresta a chiudere le centrali nucleari, con le fonti energetiche rinnovabili (prevalentemente il fotovoltaico) producono già l'energia che si potrebbe produrre con 4 centrali.
In Italia, dove pure siamo molto indietro rispetto alla Germania, con quel poco di energia da fonti rinnovabili che abbiamo installato riusciamo a produrre tanta energia quanta se ne potrebbe produrre con una centrale nucleare.
E nell'arco di 20 anni, tanti ne servono per costruire nuove centrali nucleari, e con un investimento di 20 miliardi di euro, che servono per costruire 4 centrali nucleari, quanti impianti fotovoltaici potremmo installare?
Occupazione: in Germania già lavorano nelle fonti rinnovabili più di 300 mila addetti.
In Italia si prevedeva un analogo boom occupazionale fino a quando un malaugurato provvedimento del nostro governo ha bloccato, in attesa di ridimensionarli, gli incentivi alle imprese del settore.
Ora si spera che, dopo la sberla referendaria, i nostri governanti puntino dritto all'energia da fonti rinnovabili, da affiancare a quella derivante da fonti fossili (petrolio, gas e carbone) con l'obiettivo di sostituirle nel tempo completamente, come stanno facendo in Germania.
Questa è la strada indicata dagli Italiani.
E' auspicabile che i nostri governanti, l'opposizione e i media abbiano appreso la lezione.
Con riferimento a questi ultimi mi piace sottolineare che la vera informazione non la fanno loro ma prevalentemente i media on line, giornali e blog, compreso questo che state leggendo.
Gaetano Gaziano.
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giovedì 9 giugno 2011

RIGASSIFICATORE, SINDACATI FORAGGIATI DA CONFINDUSTRA

Leggiamo che i sindacati di categoria hanno preso posizione a favore del rigassificatore sotto la Valle dei Templi di Agrigento e che addirittura domani faranno un sit-in davanti al Municipio di Agrigento, per chiedere a Zambuto, che notoriamente si è schierato contro l'impianto industriale per tutelare giustamente gli interessi della nostra città, di recedere dalla sua contrarietà, perché, a loro dire, il rigassificatore garantirebbe un certo ritorno occupazionale. Niente di più falso.
Le stesse promesse di occupazione erano state fatte a Rovigo per la costruzione del rigassificatore off-shore.
Sapete quanti veneti lavorano nell'impianto di Rovigo? Uno! Tutti gli altri, una sessantina in tutto, sono di fuori.
E' addirittura patetica la promessa che a Porto Empedocle potrebbero attraccare le navi da croriera. Quale comandante farà attraccare la propria nave accanto ad una nave gasiera da 160 mila mc.e a breve distanza di due enormi cisternoni del gas da 320 mila mc?
E allora perché ci raccontano queste storielle i sindacati?
Cui prodest? A chi giova la loro posizione?
Certamente ad Enel che dovrebbe realizzare l'impianto, che si è vista già bocciare il progetto dal Tar del Lazio il 14 dicembre.
Ora, mentre pende il ricorso al Consiglio di Stato che giorno 14 giugno dovrà dare la sentenza di appello, arriva questo “aiutino” ad Enel.
Non sappiamo quanto sia voluto o inconsapevole.
La verità è che, come ho detto prima, la favoletta dell'occupazione non regge più. I rigassificatori sono impianti industriali ad alta concentrazione di capitali e a bassissimo livello occupazionale. Tra l'altro con i profitti garantiti.
Una “generosissima” delibera dell'Autorità per l'Energia e il Gas sancisce, infatti, che alle società che gestiscono rigassificatori verrà garantito comunque l'80% dei ricavi di riferimento (3 miliardi di euro l'anno per Rovigo come per Porto Empedocle) anche se gli impianti dovessero restare inattivi. E ciò per vent'anni, ponendo la spesa sulle bollette degli Italiani.
E volete che su questo ghiotto business non si riversassero gli sciacalli della finanza internazionale?
Per restare all'esempio del rigassificatore off-shore di Rovigo, l'italiana Edison ha solo il 10% del capitale azionario, mentre il 45% appartiene all'emiro del Qatar e l'altro 45% all'americana Exxon.
Quindi l'Italia, che è sempre in bilico tra i Paesi industrializzati occidentali e il Terzo Mondo, farà beneficenza al “povero” emiro del Qatar e ai “poveri” Rockefeller proprietari della Exxon.
Risulta pertanto incomprensibile l'atteggiamento dei sindacati di categoria.
Certo è che, se il segretario generale del sindacato autonomo Fismc, Roberto Di Maulo, ha dichiarato, in un'intervista a "Il Giornale" di Sallusti, che i “sindacati sono foraggiati da Confindustria”, qualche buon motivo dovrà pure averlo avuto.
Ma per fortuna oggi il vento sta cambiando e lo vedremo lunedì con i risultati dei referendum.
E, se anche Bersani (che stupido non è) ha cambiato idea sull'energia nucleare (prima era favorevole) sulla spinta della forte pressione democratica dal basso, non disperiamo che anche i sindacati possano rivedere la loro posizione sul rigassificatore “Valle dei Templi di Agrigento".
Gaetano Gaziano.
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mercoledì 8 giugno 2011

REFERENDUM BUONE PROBABILITA' DI RAGGIUNGERE IL QUORUM

Buone notizie: secondo l'ISPO, l'istituto sondaggistico di Renato Mannhaimer ci sono buone probablità che si raggiunga il quorum ai referendum del 12 e 13 giugno.
Il 12 e il 13 giugno, rispettivamente dalle 8 alle 22 e dalle 7 alle 15, si votano 4 referendum abrogativi: due sulla privatizzazione dei servizi idrici, uno sul nucleare e un altro sul legittimo impedimento.
Perché li risultato possa esser validato, è necessario che si rechi alle urne il 50 per cento + 1 degli elettori aventi diritto. Un eventualità che, di norma, in Italia, non si verifica, dato l’elevato disinteresse per un istituto di cui, a detta dei più, si è abusato, mentre avrebbe dovuto rappresentare uno strumento da usarsi in via del tutto eccezionale come correttivo delle distorsioni della democrazia partecipativa.
In questa tornata referendaria, tuttavia, in molti scommettono che il quorum sarà raggiunto.
Lo fa pensare il quesito sul nucleare che, sulla scorta dell’onda emotiva provocata dal disastro di Fukushima, viene percepito come incalzante.
Lo pensa l’istituto sondaggistico di Renato Mannheimer, l’ISPO, il quale afferma che ci sono buone probabilità di raggiungimento del quorum.
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lunedì 6 giugno 2011

REFERENDUM: PERCHE' E' IMPORTANTE IL VOTO DEL 12 E 13 GIUGNO

I referendum del 12 e 13 giungo sono doppiamente importanti per noi agrigentini, come italiani e come agrigentini.
Come italiani non possiamo e non dobbiamo consentire che alcuni esponenti di individuate cricche affaristico-lobbistiche, sostenuti dai loro servi (i politici di destra e di sinistra), decidano su materie di vitale importanza come l'acqua e il nucleare, passando sulla testa della popolazione.
Con l'aiuto di prezzolati “esperti”, ci vogliono convincere che è giusto che l'acqua, bene prezioso e indispensabile, venga gestito dai privati che possono assicurare un servizio più economico e più efficiente.
Niente di più falso! E noi agrigentini lo sappiamo bene per averlo sperimentato sulla nostra pelle: abbiamo il servizio idrico peggiore d'Italia e le tariffe più alte.
Per quanto il riguarda il nucleare, non può essere di certo quel nano di Sarkozy a decidere che in Italia si debbano costruire almeno 4 centrali nucleari.
Se le costruisca in Francia, in Italia decidiamo noi!
Come non può decidere il Berlusca che, in una conferenza congiunta con il nano francese, ha candidamente e arrogantemente affermato che la normativa adottata recentemente non era per revocare la decisione di costruire le centrali nucleari ma solo per sospenderle in attesa di tempi più “tranquilli”.
Poverino, il nano italiano!
Si vedeva benissimo che, mentre parlava, aveva un'arma puntata dietro le spalle. Quest'arma è la rilevante quota del debito pubblico italiano chiusa nelle casseforti dello stato francese.
Ma se, da una parte, il premier italiano e i suoi sodali di governo subiscono questo umiliante ricatto, dall'altra c'è il popolo italiano che non si farà mettere il giogo nucleare dagli arroganti francesi.
E ciò faremo con un'arma ben più potente di quella atomica di cui dispone il bombarolo Sarkozy: i referendum italiani!
Del resto anche Bossi, il principale alleato di Berlusconi, ha affermato duramente “non possiamo diventare una colonia francese”.
E bisogna pure dare atto a Bossi di aver dichiarato che è giusto che i cittadini si esprimano attraverso i referendum. Lui si riferiva specificamente a quello relativo alla privatizzazione dell'acqua, perché sa benissimo che gli italiani sono determinati a votare tutti i referendum, compreso quello sul nucleare e quello sul legittimo impedimento tanto temuto dal premier.
Per quanto riguarda Bersani, che ben venga il suo cambiamento di idee in materia di nucleare.
Ricordiamo che fino a qualche tempo fa il “compagno” Pierluigi era favorevole alle centrali nucleari. Basta vedere una sua intervista di poco tempo fa, che circola sul web, in cui si esprimeva in tal senso, anche se con un'espressione finto-sofferta, che può riassumersi così (per dirla alla Crozza): “Oh ragazzi, stiamo qui a ciurlar nel manico? Del nucleare abbiamo bisogno!”.
Anche i suoi compagni di partito non mi pare che si stiano stracciando le vesti per invitare la gente ad andare a votare, come del resto non se le stanno stracciando i sindacati.
E, se ci può stare che la Marcegaglia gridi allo scandalo per la bocciatura da parte del Consiglio di Stato della centrale a carbone di Porto Tolle (lei fa gli interessi di Confindustria), ci sta un po' meno che La Repubblica, giornale “de sinistra”, lanci l'allarme (vedi l'edizione del 30 maggio 2011) per tutte le grandi opere bloccate in Italia, a suo dire, per l'effetto Nimby (non nel mio giardino). Ah, dimenticavo l'ingegner De Benedetti, proprietario del giornale, ha forti interessi nella centrale a carbone di Vado Ligure e nel rigassificatore di Gioia Tauro.
Quindi, via libera per La Repubblica a tutte le grandi opere, anche a quelle dell'ingegnere ovviamente.
E chi se ne importa della salute dei cittadini...
Per noi agrigentini, infine, è importantissimo andare a votare il 12 e il 13 giugno, perché, come si è capito benissimo, la nostra provincia è considerata una provincia "babba" dai rappresentanti delle cricche affaristico-lobbistiche, tanto che hanno arrogantemente programmato di collocarvi alcune “grandi” opere per il nostro “meraviglioso” sviluppo economico: un termovalorizzatore a Casteltermini, una mega discarica di rifiuti ad Aragona, un rigassificatore sotto la Valle dei Templi e una centrale nucleare a Palma Montechiaro.
Tuttò ciò con l'avallo e il supporto dei nostri politici (di destra e di sinistra) e dei sindacalisti bianchi o rossi che siano.
Ecco perché è importante andare a votare il 12 e il 13 giugno: per stoppare le bramosie nucleari del nano Sarkozy, le arroganze dei nostri governanti, i tentennamenti dell'opposizione, le connivenze dei sindacati e i business delle lobby affaristico-lobbistiche.
Gaetano Gaziano.
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giovedì 2 giugno 2011

RIGASSIFICATORE: SVENTATO BLITZ AL COMUNE DI AGRIGENTO

Ieri, come ho comunicato nel precedente post, era stata inserita all'odg del consiglio comunale di Agrigento, all'8° punto, l'approvazione del progetto del metanodotto di collegamento tra il rigassificatore che dovrebbe essere costruito a Porto Empedocle sotto la Valle dei Templi di Agrigento e la rete nazionale del gas.
I lettori di questo blog sanno che la mia associazione unitamente ad altre asssociazioni ed enti, compreso il Comune di Agrigento, si sta battendo per bloccare l'ignobile progetto dell'ecomostro in zona archeologica.
Il Tar del Lazio, in prima istanza, ci ha dato ragione e in questo momento il Consiglio di Stato sta decidendo gli appelli proposti da Enel e dal Comune di Porto Empedocle. Pertanto aver visto l'inserimento dell'approvazione del progetto del metanodotto ci ha molto allarmati, per cui abbiamo chiesto in giro spiegazioni su questa incredibile mossa del Comune di Agrigento.
Nessuno ci ha saputo dire chi avesse messo all'odg del consiglio comunale il contestato argomento.
Alla fine la responsabilità è stata quasi addossata al dirigente comunale dell'urbanistica.
Il fatto resta incredibile perché non si riesce a comprendere come un dirigente possa farsi promotore di una tale iniziativa politica senza avere consultato prima l'Assessore comunale di riferimento e il Sindaco.
Ma l'improvvida iniziativa si è trasformata in boomerang per chi sperava di ribaltare il giudizio del Tar Lazio, che si fonda sull'estromissione del Comune di Agrigento dal procedimento autorizzativo del rigassificatore, facendo approvare dal consiglio comunale il progetto del metanodotto.
Il consiglio comunale invece ha deliberato all'unanimità dei consiglieri (con solo tre astenuti) di bocciare il progetto del metanodotto.
E questo è davvero sorprendente, ove si consideri che due anni fa il consiglio comunale in una seduta straordinaria aperta al pubblico si era pronunciato a favore del rigassificatore, anche se il provvedimento non aveva valore giuridico perché la riunione aveva solo carattere di dibattito pubblico.
Oggi il consiglio comunale delibera all'unanimità il voto contrario al metanodotto.
E questa sì ha valore giuridico di bocciatura.
Ciò vuol dire che il lavoro delle nostre associazioni ha avuto successo nell'informare l'opinione pubblica sulla pericolosità del rigassificatore e il risultato è evidente e si può riscontrare nella mutata sensibilità anche della classe politica agrigentina
Gaetano Gaziano.
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