martedì 16 settembre 2008

Lampedusa isola per teatranti secondo Diderot


«AH! Amici miei, se andassimo finalmente a Lampedusa, a fondare una piccola comunità di gente felice in mezzo al mare, lontano dalla terra!».Lo propose a metà del Settecento Denis Diderot, l'illulstre enciclopedista, come ci ha riferito Roberto Giambrone nel suo dotto articolo su “La Repubblica” del 13 luglio 2008- pagine regionali siciliane- dal titolo “Lampedusa, l'isola dei comici”.
Ricordiamo che nella Francia del Sei-Settecento per comici si intendevano tutte le persone di teatro, non solo coloro che erano impegnati in lavori buffi, e si intendeva per capo-comico l'autore dell'opera che al tempo tempo stesso era regista e attore della pièce messa in scena. Il capocomico, certamente più famoso della storia del teatro, è Moliere che operò alla corte di Versailles al tempo del Re Sole. E proprio ad una comunità di teatranti in effetti pensava Diderot quando la indicava come sede ideale per una piccola comunità felice. Infatti affermava «lì gli attori sarebbero i nostri predicatori e non dubitate che li sceglieremmo con la cura richiesta dall'importanza del loro ministero». Il riferimento agli attori come predicatori rinvia necessariamente al mondo della politica di oggi, in quanto soprattutto di predicatori è fatta la casta di chi ci amministra (governo e opposizione). La politica, è inutile negarlo, oggi ha più i contenuti dello spettacolo che della gestione della cosa pubblica. Il teatrino della politica, dunque. Basti pensare che per i politici tutti è più importante andare a “Porta a porta” di Vespa o a “Matrix” di Mentana o a tanti altri talk-show piuttosto che fare un intervento in Parlamento. Oggi conta di più l'apparire che il fare. I risultati concreti per i politici non contano più. Per restare a casa nostra, c'è chi ad Agrigento si è costruita la propria fortuna politica sulla promessa dell'aeroporto. Orbene l'aeroporto non è stato costruito (e forse non lo sarà mai). Ma incredibilmente chi l'ha promesso è stato premiato con un seggio alla Camera dei deputati. Molti politici (mi riferisco ai leader di partito, qualcuno di loro oggi riveste alte cariche istituzionali) sono andati alle trasmissioni televisive di avanspettacolo di Pippo Franco a prendersi le torte in faccia, pur di avere il loro momento di notorietà. Non so se Diderot aveva previsto anche questi effetti aberranti quando parlava di “attori-predicatori” però avvertiva che sarebbe stata necessaria una “particolare cura” nella scelta dei predicatori (e i politici, bisogna ammetterlo, sono abilissimi predicatori), lasciando intendere, suppongo, che se avessero dato cattiva prova di sé avrebbero avuto subito il ben servito. Oggi, come abbiamo visto, avviene esattamente il contrario: sono premiati!
Vediamo di capire, ora, perché Diderot individua in Lampedusa il luogo ideale per teatranti.
Intanto, bisogna ricordare che, al tempo di Diderot, Lampedusa non era stata ancora colonizzata: lo sarà solo il secolo successivo per volere di Ferdinando II di Borbone. Il pensatore illuminista aveva una conoscenza della più grande delle Pelagie abbastanza curiosa e divertente, come si ricava da un passo dei “Colloqui”, che riportiamo: «La Lampedusa è un' isoletta deserta del mar d' Africa, situata più o meno a metà strada tra la costa di Tunisi e l' isola di Malta. è ricchissima di pesca, è coperta di olivi selvatici, la terra è fertile. Il frumento e la vite attecchirebbero. Invece non è mai stata abitata da altri che da un marabutto (religioso musulmano, n.d.r) e da un cattivo prete. Il marabutto aveva rapito la figlia del bey di Algeri, si era rifugiato lì con la sua amante, e vi aveva trovato salvezza. Il prete, frate Clemente, ha passato dieci anni a Lampedusa, e fino a poco tempo fa ci viveva ancora. Aveva del bestiame, coltivava la terra. Chiudeva le provviste in un sotterraneo e andava a vendere il resto sulle coste vicine, dove se la spassava finché i soldi gli duravano. Nell'isola c' è una chiesetta, divisa in due cappelle, che i maomettani venerano come tombe del santone e della sua amante. Frate Clemente aveva consacrato una cappella a Maometto e l' altra alla Santa Vergine. Se vedeva arrivare una nave cristiana accendeva la lampada alla Vergine. Se il vascello era maomettano, subito spegneva la lampada della Vergine e ne accendeva una per Maometto». Esempio di furbizia o di vigliaccheria? Oggi diremmo: né l'una né l'altra cosa, piuttosto un pragmatico tentativo di multiculturalismo ante litteram, di incontro non traumatico tra religioni. Se le diverse fedi religiose avessero seguito, nella Storia, l'esempio del simpatico frate Clemente molte guerre di religione (con milioni di morti) probabilmente non sarebbero state combattute, certe drammatiche pulizie etniche evitate. E in questa direzione sembra anche andare la spiegazione che ne dà la storica del teatro, Mirella Schino, nel suo recente saggio “Storia e Teatro” (Bulzoni Editore 2008): cioè la posizione di liminarità, di confine tra due culture diverse quella cristiana e quella musulmana, avrebbe convinto Diderot della possibilità che a Lampedusa si incontrassero teatranti di scuole, di ideologie e di lingue diverse, che potessero costituire (diremmo oggi) quella “melting pot” artistica, quella fusione di sensibiltà e di credenze che potrebbe essere una buona base di partenza per un progetto più ampio di tolleranza e di pace universali.
Si è sempre pensato, tra l'altro, a un luogo ideale per la nascita di un Teatro del Mediterraneo
La proposta di Diderot di una Lampedusa come luogo ideale per una comunità di teatranti, a questo punto, potrebbe far pensare a essa come sede permanente di questo teatro.
Peraltro gli spettacoli di “Oh Scià”, che da alcuni anni vi radunano decine di migliaia di appassionati fans, possono essere considerati “in nuce” i primi esperimenti del vagheggiato Teatro del Mediterraneo. Gli spettacoli di “Oh Scià” non hanno ancora respiro internazionale, ma nulla toglie che possano acquisirlo in futuro, nel senso però di attrarre a Lampedusa masse di giovani da tutti i paesi rivieraschi del Mediterraneo agli spettacoli che si organizzeranno e non il contrario, cioè di portare gli spettacoli negli altri paesi. Così operando si otterrebbero due risultati: quello importante dell'incontro di civiltà e culture diverse sempre nello stesso luogo, che sarebbe dispersivo e impossibile da concretizzare se si cambiasse ogni anno la località che ospita il teatro, e il risultato non meno importante di rilanciare l'economia di Lampedusa che in questi ultimi anni è stata molto penalizzata in quanto, suo malgrado, è stata palcoscenico di rappresentazioni di altri drammi, questa volta non teatrali ma umani, con lo sbarco continuo di disperati alla ricerca di una vita dignitosa.
Gaetano Gaziano
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giovedì 11 settembre 2008

Il rigassificatore a Porto Empedocle: perché non costruirlo off-shore?

-Articolo dell'economista Pietro Busetta:
L’immagine della grande rigassificatore-piattaforma che attraversa il Mediterraneo è di quelle che rimangono impresse: dal porto di Algeciras in Spagna, vicino a Gibilterra, compirà un lungo viaggio attraverso tutto il Mediterraneo passando anche davanti alle coste siciliane, per essere ancorato davanti al porto di Rovigo.
L'impianto, voluto dalla Edison e poi passato alla Gnl Adriatico s.r.l., produrrà un quantitativo di 8 miliardi di mc. all'anno, pari al 10% del fabbisogno nazionale
D’altra parte i venti di guerra che spirano dalla Georgia ci fanno capire come la questione energia sarà al centro dei prossimi equilibri geo-politici negli anni 2000. Lo sviluppo di paesi come la Cina e l’India, che da soli rappresentano un terzo della popolazione mondiale, non potrà non passare per una tensione sui prezzi e per le forniture di energia, anche se l’occidente si sta avviando, in realtà faticosamente e in ritardo, verso forme di energia alternative e sta differenziando le fonti: cioè non solo petrolio, ma carbone, eolico, solare, ritorno al nucleare e appunto gas. Una serie di gasdotti attraversano l'Europa innervando sia la parte terrestre che quella marina. In particolare il Mediterraneo e la Sicilia sono diventati nodi strategici di tutte le forniture con i due grandi gasdotti, quello algerino e quello tunisino che portano gas al terminale di Mazara del Vallo e di Gela. Questo gas serve tutto il Paese e sale lo stivale attraverso gasdotti che portano la fonte energetica laddove è necessaria. In realtà la parte che ne consuma maggiormente è proprio quella del Nord, la locomotiva della nostra nazione. Ma far arrivare il gasdotto sottomarino a La Spezia o a Trieste sarebbe stato assurdo perché è molto meno costoso un gasdotto da interrare di uno che viaggia negli abissi marini. Ovviamente sono infrastrutture, queste, con costi nell’ordine di miliardi di euro ma società, come l’Eni, li hanno affrontati con decisioni rapide, prese da poche persone nei rispettivi consigli d’amministrazione che, fiutando il grande affare dell’energia, hanno impostato le loro politiche produttive per ritrovarsi pronte in tempo con sufficiente prodotto da vendere al mercato domestico ed a quello internazionale. La Sicilia ha un grande interesse nel settore energetico. Infatti, oltre alle grandi raffinerie come quella di Milazzo, di Priolo, di Gela e ai due grandi metanodotti, abbiamo anche l’estrazione di gas sia all’interno del territorio (si ricorderanno le problematiche sorte con la Phanther Oil per i pozzi nel territorio ragusano) che i giacimenti di gas off-shore al largo sempre di Ragusa e di Porto Empedocle, nonché l’estrazione di petrolio nell'ennese e a Gela. Un contributo importante alla formazione del Pil siciliano sia in termini di occupati che di formazione di valore aggiunto e di prelievo fiscale, anche se la maggior parte di esso finisce nel calderone centrale ed infatti è oggetto di controversia con la Stato. Si tratta della problematica delle accise che con il federalismo fiscale andrà certamente risolta. E’ un arma quella dell’energia che si è tentato, inutilmente e con poco successo, di giocare con Roma. In molti ricorderanno la cosiddetta tassa sul tubo di cuffariana memoria che poi la Regione si è dovuto rimangiare. Ma il problema rimane quello di un ipotetico conto della serva: di quanto utile rimanga, cioè, tra costi in termini di inquinamento atmosferico, di danno alla salute, di inquinamento paesaggistico e ricavi in termini di posti di lavoro, di entrate per la regione, di autonomia energetica, eccetera.
Ed allora bisognerà ragionare sulla struttura energetica esistente, della quale i costi sono certi purché lo siano anche i ricavi, ma anche sul progettuale eolico, che Lombardo ha in parte liberalizzato, sulle nuove estrazioni di gas nel ragusano, che pare siano assolutamente non inquinanti dal punto di vista ambientale, sui nuovi rigassificatori, tenendo presente che i no indiscriminati non pagano ma che i sì generalizzati svendono il territorio.
Per quanto riguarda i rigassificatori, la Sicilia è coinvolta con quello di Priolo e quello di Porto Empedocle, ancora da costruire. Premesso che la Sicilia, con le raffinerie ed i gasdotti di cui si è parlato, è esportatrice netta di energia e che il gas andrebbe liquefatto vicino ai mercati di consumo, come sostiene Davide Tabarelli responsabile di Nomisma Energia, diventa assodato che il motivo per cui si progettano a Priolo e a Porto Empedocle è perché le altre comunità, in Italia, non li vogliono. Ma allora, visto che si è convinti, a destra come e sinistra, che i rigassificatori in Sicilia devono essere realizzati, perché non imporre almeno che quello di Porto Empedocle, a ridosso della Valle dei Templi, venga costruito off-shore come quello di Rovigo? In tal modo si salverebbero la capra degli interessi plurimiliardiari della casa costruttrice e quelli della salvaguardia di un patrimonio unico al mondo come quello della Valle, che ha bisogno dei profumi della Kolimbetra piuttosto che della puzza di gas.
Pietro Busetta
-Ospitiamo molto volentieri questo articolo dell'economista Pietro Busetta, pubblicato oggi sul quotidiano "La Sicilia" a pag. 2
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domenica 7 settembre 2008

La circolare Antinoro: Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini...

Ciò che non fecero i barbari, lo fecero i Barberini: dietro questa famosa pasquinata si celava il disappunto del popolo della Roma rinascimentale e papalina contro gli scempi edilizi effettuati dalla potente famiglia di Papa Urbano VIII Barberini, additata pubblicamente come i nuovi barbari.
E, allora, se avessero visto gli scempi di oggi, soprattutto quelli commessi dalle multinazionali petrolifere e dell'energia...
Il ricordo della celebre pasquinata ci riporta ai nostri giorni in cui i nuovi barbari assumono altre vesti, non meno arroganti, anzi di più, forti del loro consenso popolare. La circolare dell'assessore regionale Antonello Antinoro sulla deregulation paesaggistica ha fatto gridare allo scandalo. Su “La Repubblica” di mercoledì 3 settembre- pagine regionali- Guido Visconti, in un suo pezzo dal titolo eloquente “Dal governo regionale un attentato al paesaggio”, ha denunciato con durezza il proposito di selvaggia deregolamentazione in materia di tutela ambientale e territoriale dei nuovi governanti siciliani.
Eccomi: il vero, l'unico e inconfondibile delfino in Sicilia di Totò Cuffaro sono io, Antonello Antinoro, pronto a continuare la politica di “difesa” del territorio e del nostro patrimonio culturale operata dal mio illustre predecessore e dante causa politico!
Lo ha affermato perentoriamente il nostro ineffabile assessore regionale ai beni culturali con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana della sua prima circolare.
Per la verità, un primo, inequivocabile, biglietto di presentazione il Nostro l'aveva già esibito, allorquando aveva effettuato la “felice” sortita di volere assegnare la gestione della Valle dei Templi di Agrigento ai privati.
Dalle pagine di questo blog avevamo avvertito l'opinione pubblica, dopo la composizione della giunta di Raffaele Lombardo e dopo i tanto strombazzati propositi di risveglio dell'orgoglio siciliano, che la collocazione di Antinoro, uomo fidato di Cuffaro, all'assessorato ai bei culturali aveva il preciso scopo di controllare le sovrintendenze siciliane che potrebbero ostacolare (quando e se ne hanno voglia) il disegno neoindustriale dell'ex governatore e la strategia neocolonialista delle lobbies del Nord che hanno fiutato nel business dell'energia il vero affare degli anni Duemila e che vedono nelle sovrintendenze un possibile (anche se debole e facilmente aggirabile) ostacolo ai loro progetti.
Osserva Guido Visconti: “La schizofrenica emanazione di leggi e circolari da parte dei governi regionali di centrodestra in materia di territorio, ambiente, energia, lascia una volta di più senza fiato. La circolare di Antinoro, già definita “salva eolico”, ha un potenziale devastante”. E questa finalità si ricava chiaramente dalle “due paginette scarne ed arroganti (della circolare), con alcune citazioni di giurisprudenza scandalosamente interpretate pro domo sua”.
Ci preoccupa l'affermazione di Antinoro che, citando la Corte costituzionale, parla di tutela intesa in “senso dinamico” tendente a conciliare la salvaguardia dei beni e delle aeree vincolate con le trasformazioni d'uso a scopo produttivo e insediativo.
Questa affermazione, che si sposa con la nuova tendenza dell'ambientalismo del fare (o degli affari) attualmente di moda sia nel mondo del rampantismo di destra che di quello di sinistra, prelude all'ultimo e drammatico assalto a quel che resta delle coste e del paesaggio siciliani ancora non aggrediti.
Infatti avverte Visconti, nel suo pregevole articolo, “il vero intento ed effetto dirompente di deregulation globale è non solo verso le concessioni per la costruzione indiscriminata di impianti eolici, ma verso la definitiva cementificazione di coste e territori di pregio, verso l'installazione deregolamentata di inceneritori, eccetera” e, aggiungiamo noi, verso la costruzione di rigassificatori (uno dei quali a ridosso della Valle dei Templi) che tanto stanno a cuore a Totò Cuffaro.
Ne sono passati di anni da quando Pasquino additava all'opinione pubblica romana come nuovi barbari la potente famiglia dei Barberini. Da allora altri e più gravi scempi sono stati commessi ai danni del nostro territorio e del nostro patrimonio culturale e la recente circolare Antinoro sta tutta lì a testimoniare che le “invasioni barbariche” non sono ancora finite.
Gaetano Gaziano,
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lunedì 1 settembre 2008

"Salvate la Valle dei Templi": lettera aperta ad Angelino Alfano, Michele Cimino, Roberto Di Mauro e Luigi Gentile

Da agrigentini e siciliani, rivolgiamo a Voi agrigentini e siciliani, illustri rappresentanti di istituzioni nazionali e regionali, questo nostro appello per salvare la Valle dei Templi, inserita nella World Heritage List dell'Unesco.
Noi siciliani abbiamo oggi tutte le prerogative morali, storiche e giuridiche per pretendere ciò, respingendo gli stranieri anche se portano doni (timeo Danaos et dona ferentes).
Negli anni Settanta, Giorgio Bassani, fondatore e presidente di Italia Nostra, portò avanti una battaglia ambientale e civile per salvare la Sicilia dalle speculazioni affaristiche e dalle cementificazioni selvagge, impedendo un progetto di raffineria alle pendici di Erice e promuovendo la difesa delle Eolie, tanto amate oggi perché ben salvaguardate.
Noi siciliani dobbiamo dimostrare di essere oggi in grado da soli di sapere tutelare il nostro immenso patrimonio storico, culturale e paesaggistico.
L'organizzazione dello spettacolo di Roberto Bolle, programmato per il 13 settembre nella Valle dei Templi e sponsorizzato dall'ENEL che intende costruire un rigassificatore da 8 miliardi di mc. a Porto Empedocle proprio a ridosso della Valle, con ciò profanandola e irrimediabilmente deturpandola, ha il sapore della beffa, del cavallo di Troia, con cui espugnare la Valle con un'operazione similculturale che nasconde ben altre intenzioni affaristiche che con la cultura confliggono.
Lo spettacolo voluto dal FAI, dinanzi al tempio della Concordia, si presume per rilanciare l'immagine della Valle spesso offuscata da un contesto sfavorevole che va risolto (crisi idrica, mare inquinato, infrastrutture e servizi carenti), ha in sé, purtroppo, un peccato originale: lo stretto legame tra FAI ed ENEL, sponsor influente e convincente.
La presidente Giulia Maria Mozzoni Crespi, dopo aver sposato la causa della difesa della Valle e dello sviluppo economico basato sull'uso produttivo delle risorse culturali, inviando un'accorata lettera aperta all'ex governatore Cuffaro perché da agrigentino facesse un gesto d'amore verso la sua terra, fece dopo alcuni mesi un incredibile “allargamento della riflessione”, interpretato dagli agrigentini come un solenne voltafaccia, ipotizzando che il rigassificatore a ridosso della Valle, costruito dall'ENEL, potesse addirittura diventare “un capolavoro architettonico”.
Ora, che ben venga nella nostra Valle Roberto Bolle, uno dei più acclamati ballerini classici di tutti i tempi, se serve a consacrarla ulteriormente come luogo simbolo, ma per fugare ogni sospetto lo spettacolo dovrà essere sfruttato da tutti i rappresentanti istituzionali come un'irripetibile opportunità per contrastare il tentativo di profanazione della Valle.
L'Enel può e deve fare un passo indietro.
Gli Agnelli, industriali di grande sensibilità culturale, negli anni Cinquanta, recedettero dal progetto concreto e definito di costruire i capannoni della Fiat nella piana di San Gregorio, sotto il tempio della Concordia, da dove, anni dopo, Papa Woijtila avrebbe lanciato il famoso anatema contro la mafia.
Di fronte all'indignazione del mondo della cultura, gli Agnelli costruirono i capannoni Fiat a Termini Imerese.
Voi, egregi Onorevoli, avete la necessaria autorevolezza per operare una sorta di “moral suasion”, affinché l'ENEL, che è una delle più grandi multinazionali mondiali dell'energia ed è italiana, faccia un passo indietro e receda “dall'indecoroso progetto” (così il Prof. Salvatore Settis, Presidente del Consiglio Nazionale dei Beni Culturali, ha definito il rigassificatore di Porto Empedocle).
L'ENEL tenga fede al proprio codice etico che recita “la buona reputazione è una risorsa immateriale essenziale”. Solo così potremo accettare la sua sponsorizzazione come un vero dono e non come foglia di fico per nascondere operazioni indecenti di cui vergognarsi dinanzi alle future generazioni.
Grazie e cordiali saluti,
Gaetano Gaziano
Comitato Salviamo la Valle dei Templi di Agrigento
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domenica 24 agosto 2008

Lettera aperta al Sindaco Marco Zambuto perché salvi la Valle dei Templi di Agrigento

Caro Sindaco,
alcuni uomini politici agrigentini senza scrupoli, con la complicità di pubblici funzionari “distratti”, hanno svenduto la Valle dei Templi al mondo del business, così compiendo il più grave attentato all'integrità della Valle nell'arco dei suoi 2500 anni di storia.
Oggi l'Enel, che dovrebbe costruire un rigassificatore da 8 miliardi metri cubi a Porto Empedocle a ridosso della Valle e in zona “Caos” anch'essa sottoposta a vincolo paesaggistico, sponsorizza lo spettacolo ad Agrigento dei balletti classici di “Roberto Bolle and his friends”, proprio con lo sfondo del tempio della Concordia. Tutto ciò suona come un irridente sberleffo a noi agrigentini e alla Sua persona che gli agrigentini tutti rappresenta. La sponsorizzazione da parte dell'Enel dello spettacolo non è altro, infatti, che un'evidente operazione di maquillage cultural-pubblicitario per fare accettare a noi agrigentini e al mondo intero della cultura il boccone amaro del rigassificatore.
Come Ella certamente capirà, la costruzione dell'impianto industriale, rientrante per la normativa Seveso tra quelli a “rischio di incidente rilevante”, porterebbe a deturpare irrimediabilmente e a profanare la nostra Valle, e l'Enel non vuole prendere in considerazione neppure l'ipotesi di costruirlo off-shore, come li stanno programmando a Livorno e a Rovigo, che pure non hanno un'altra Valle dei Templi. Come si sa, gli interessi della cultura non sempre coincidono con quelli del business, anzi quasi mai.
In un precedente articolo, pubblicato su questo blog e sul settimanale “Grandangolo”, ho denunciato all'opinione pubblica il fatto che con questa iniziativa l'Enel vuole mettere in atto una strategia, neppure tanto nascosta, di barattare i nostri tesori con gli specchietti di colombiana memoria, specchietti che ho proposto di restituire al mittente, essendo evidente il loro patetico tentativo di trattarci alla stregua di ignoranti selvaggi con l'anello al naso e con la sveglia al collo.
Tuttavia, anche se non è certo questo lo scopo a cui tendono gli organizzatori e gli sponsor dello spettacolo, che hanno tutt'altre finalità, l'evento che il Fai ha programmato nella Valle dei Tempi per il 13 settembre contribuirà comunque a consacrarla ulteriormente come luogo simbolo mondiale di cultura.
A questo punto, lo spettacolo di Bolle, che avrà certamente un riscontro mediatico a livello nazionale e internazionale, può e deve essere considerato come un'opportunità data a noi agrigentini di denunciare ulteriormente il progetto di violare la sacralità della nostra Valle, che segnerebbe anche il “de profundis” per la nostra economia, come affermato dal Presidente Fai, prima del suo incredibile “allargamento della riflessione”.
Caro Sindaco adesso tocca a Lei! E' questa forse l'ultima e irripetibile occasione di denunciare al mondo intero della cultura il tentativo di industrializzare il nostro sito archeologico, dichiarato patrimonio Unesco dell'umanità .
Bisogna difendere a denti stretti il nostro patrimonio culturale. Sì è vero, è in flessione il turismo ad Agrigento, come del resto succede dappertutto per i venti di recessione che soffiano sull'economia nazionale e internazionale. Da noi inoltre, come si sa, ciò che più ci penalizza è la mancanza di un aeroporto. Ma, se a ciò si dovesse aggiungere malauguratamente la costruzione di un rigassificatore a ridosso della Valle dei Templi, verrebbe anche uccisa la speranza di un nostro riscatto economico anche dopo la realizzazione di quelle infrastrutture di cui siamo attualmente carenti.
Non spetta a noi del comitato suggerirLe la strategia di denuncia: resta il fatto che, in occasione delle spettacolo di Bolle, saranno presenti ad Agrigento i giornalisti dei più importanti network televisivi e della carta stampata, nazionali e stranieri.
Faccia sentire forte la Sua Voce a nome di noi agrigentini, fortemente indignati per questa volgare aggressione al patrimonio culturale universale.
Cordiali saluti,
Gaetano Gaziano, Comitato Salviamo la Valle dei Templi di Agrigento.
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giovedì 14 agosto 2008

Il balletto di Roberto Bolle specchietto per allocchi...

"Timeo Danaos et dona ferentes": questo il grido di allarme che il troiano Laocoonte urlò ai suoi sprovveduti concittadini che accettarono il dono del cavallo di Troia. La storia si ripete.
Premetto che ritengo (e non sono il solo ovviamente) Roberto Bolle uno dei più grandi ballerini classici viventi e sicuramente il ballerino italiano più famoso di tutti i tempi. La tradizione del balletto ci parla di grandi ballerine italiane etoiles dell'Ottocento e di oggi che vanno (solo per citarne alcune) sotto il nome di Carlotta Grisi e di Carla Fracci che, a sessant'anni, calca ancora le scene dei teatri classici più famosi del mondo. Bolle è il primo ballerino italiano di sempre che va ad affiancare i grandi ballerini della scuola russa da Nijinski, che fece la fortuna dei Balletti di Diaghilev, fino ad arrivare a Nureiev e a Barishinikov.
Frequento teatri di opera lirica e di balletti da quando ero ragazzo e ancora oggi (dopo sessant'anni) il balletto classico come il melodramma riescono a darmi profonde emozioni. Certo, sono un patetico pensionato che crede ancora nei valori della Cultura e ci crede veramente.
Molto più pragmaticamente c'è chi, della Cultura, si fa paravento o foglia di fico per addolcire o mascherare operazioni affaristico-commerciali che con la Cultura non hanno niente da spartire.
Se provate a scorrere l'elenco degli organizzatori e degli sponsor che ci propongono oggi lo spettacolo di Roberto Bolle nella Valle dei Templi, troverete gli stessi personaggi che la Valle vogliono irrimediabilmente deturpare e profanare. L'Enel, primo sponsor, che intende costruire un rigassificatore da 8 miliardi di metri cubi a ridosso della Valle, non vuole prendere in considerazione neppure l'ipotesi di costruirlo off-shore, come li stanno programmando a Livorno e a Rovigo: deve essere costruito sotto la Valle dei Templi e che nessuno protesti!
Lo spettacolo di Bolle ci ricorda tanto gli specchietti con cui Colombo barattò l'oro e i diamanti dei nativi americani e a coloro, che scoperto il trucco si ribellarono, diedero una più drastica alternativa: la spada!
Giulia Maria Mozzoni Crespi, presidente nazionale Fai che organizza lo spettacolo, è colei che, stimolata da noi, scrisse una lettera aperta a Totò Cuffaro, chiedendogli di fare un gesto d'amore verso la propria città, peccato che solo pochi mesi dopo abbia fatto "un allargamento della riflessione" o,come percepito dagli agrigentini, una clamorosa marcia indietro. Se andate a guardare nel sito del Fai, troverete l'Enel tra i suoi sponsor e, si sa, l'Enel è specialista in “folgorazioni”.
Come “folgorato” sulla via del rigassificatore è stato certamente quel Gianni Puglisi, presidente della Fondazione del Banco di Sicilia, uno degli altri sponsor dello spettacolo, che, quasi obbligato dal suo ruolo istituzionale di capo della delegazione italiana Unesco, scrisse un'analoga lettera a Cuffaro, paventando la cancellazione della Valle dalla World Heritage List dell'Unesco, per rimangiarsela a sua volta, affermando che “grazie a Dio” il rigassificatore non costituisce un problema per il mantenimento della Valle nella lista del patrimonio dell'umanità.
E ancora: fa parte del comitato organizzatore dello spettacolo quel Mario Ciancio Sanfilippo, editore del giornale “La Sicilia”, la cui pattuglia di “giornalisti” della redazione di Agrigento da più di un anno ci bombarda con argomenti a favore del rigassificatore, individuando, anzi, nella Valle un freno allo sviluppo del nostro territorio, facendo così eco a quei costruttori che, negli anni Settanta, proposero di abbattere i Templi con le ruspe per costruirvi grattacieli. Allora sorridemmo, oggi c'è poco da sorridere, anche perché i poteri forti hanno “convincenti” argomenti per fare rientrare le proteste e, in cambio, paludano i progetti indecorosi contrastanti con il nostro patrimonio archeologico sotto la veste accattivante della Cultura, come il balletto classico.
Emblematicamente questo gala è stato intitolato "Roberto Bolle and his friends". Non so se Bolle sia consapevole da quali "amici" sarà attorniato nella Valle dei Templi il 13 settembre.
Certamente, oltre ai predetti "amici", penso saranno presenti i protagonisti della nostra vita politica che hanno fortemente voluto il rigassificatore, come Cuffaro e Capodicasa, con il codazzo dei politici minori, ma ugualmente responsabili del progetto di conversione industriale della Valle dei Templi, come il sindaco di Porto Empedocle. Penso che ci sarà anche il nostro ministro guardasigilli, Angelino Alfano, con il seguito dei soliti cortigiani, che una parola sul rigassificatore non ha voluto spendere. Insomma, una bella cerchia di "amici".
In un'Italia fatta di “furbetti del quartierino”, di capitalisti impresentabili, di politici (di destra e di sinistra) che propugnano l'ambientalismo del fare (o meglio degli affari), di parlamentari siciliani “ascari”, proni agli interessi dei poteri forti, c'è fortunatamente ancora chi si ostina a credere nei valori autentici della Cultura, gridando "via i mercanti dal tempio (della Concordia)" e respingendo al mittente gli specchietti per allocchi.
Gaetano Gaziano
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lunedì 4 agosto 2008

Cuffaro e Capodicasa santi subito!

Per questo mio articolo prendo spunto da alcuni simpatici commenti “postati” su questo blog e relativi al mio precedente pezzo sull'emergenza idrica agrigentina dal titolo, al tempo stesso ironico ed emblematico, “Signuruzzu chiuvìti, chiuvìti...”.
Da un simpatico visitatore del sito, che si firma Maorinho (piccolo Maori) in quanto dice di appartenere alla leggendaria tribù degli aborigeni neozelandesi il cui grido di combattimento è stato fatto proprio dagli imbattibili All Blacks, è venuta l'originalissima proposta di fare Cuffaro e Capodicasa santi subito per i loro innegabili “miracoli” operati a beneficio della popolazione agrigentina. A chi avesse scarsa memoria ricordiamo, infatti, che l'accoppiata dei due governatori agrigentini ha consentito alla nostra provincia di fare quel salto di qualità che le ha permesso rapidamente di risalire i posti nelle graduatorie nazionali di benessere sociale, rispetto dell'ambiente, reddito pro-capite, vivibiltà, eccetera.
Voglio ricordare solo alcuni dei grandissimi meriti della nostra coppia miracolistica.
Occupazione: nella nostra terra, grazie alla politica di sviluppo promossa dai due nostri grandi benefattori, non esiste più un solo disoccupato. Anzi si teme che per coprire quelle migliaia di nuovi posti di lavoro occorrenti al il rigassificatore nella Valle dei Templi, voluto come ultimo preziosissimo regalo dai beatificandi Cuffaro e Capodicasa, bisognerà ricorrere alla mano d'opera straniera.
Il rivoluzionario aeroporto realizzato ad Agrigento è una realtà tangibile frutto della più avanzata tecnologia e del più avveniristico design architettonico. Infatti dall'alto non si vede, perché è stato realizzato sotto terra e, all'approssimarsi degli aerei, si aprono improvvisamente due ali di terreno, emergono le piste aeroportuali, l'aerostazione e la torre di controllo, per richiudersi subito dopo ogni atterraggio, così come dopo ogni decollo.
Il nostro aeroporto, gioiello della modernità e del progresso, è stato giustamente intitolato “Cuffaro-Capodicasa”, a perenne memoria dei due protagonisti della nostra vita politica.
Emergenza idrica: ormai sono lontani i giorni della penuria d'acqua ad Agrigento. Solo gli anziani ne conservano qualche ricordo. Da tempo sono spariti dalle terrazze delle nostre abitazioni quegli orribili e antiestetici contenitori azzurri di plastica che costituivano l'impresentabile skyline di Agrigento. Per fortuna oggi l'acqua ad Agrigento ce l'abbiamo 24 ore su 24 (come del resto in tutti paesi civili) e non c'è l'esigenza di deturpare il nostro panorama.
Questi solo per ricordare alcuni dei grandi meriti dei nostri due benefattori, per cui la proposta di proclamare santi subito Cuffaro e Capodicasa ha trovato immediato unanime consenso soprattutto nell'informazione online che oggi viaggia alla velocità della luce.
Figurarsi che, sulla proposta di beatificazione avanzata sul mio blog da Maorinho, è arrivata in tempo reale l'approvazione di Papà-Mahori, lo stregone-sciamano di “Rafalahar”, un villaggietto di aborigeni che si trova 900 miglia a nord di Auckland, che con una mail (anche gli aborigeni vanno al passo con il progresso) mi ha riferito che quando invocano la benevolenza degli spiriti della loro tribù amano intonare, danzando, questo inno rituale:
“Kapokasa, Kapokasa”
“e Totonnu Vasa Vasa”
“lestu, lestu, akkura, akkura”
“sunnu i nostri prutitturra...”
Incredibile: i nostri beatificandi protagonisti politici hanno un riscontro universale, se perfino da uno sperduto villaggietto di selvaggi Mahori neozelandesi ci arriva (in un dialetto poco comprensibile, ma comunque chiaro) l'informazione su un loro antico rito propiziatorio di spiriti (o santi o divinità: chiamateli come volete) che hanno una strabiliante assonanza con i futuri San Totò Cuffaro e S.Angelo Capodicasa. Peraltro potrebbero prendere, a buon diritto, i posti dei santi protettori dei loro rispettivi paesi natali, Raffadali e Ioppolo Giancaxio.
Ultima informazione: giovedì scorso si è riunito, in seduta straordinaria, il consiglio comunale di Agrigento, non per discutere come avveniva in tempi ormai remoti dell'emergenza idrica nella nostra città ma per decidere in quale data del calendario collocare la festività da dedicare ai due nuovi santi. Sì proprio nello stesso giorno: non sono rari, infatti, nella agiografia i santi che vengono ricordati in coppia (basti pensare a SS. Pietro e Paolo, SS. Cosma e Damiano e via cantando).
In un primo momento si era pensato al 1° Novembre ma, visto che trattasi di data troppo affollata, all'unanimità è stato deciso di scegliere il giorno successivo, il 2 Novembre.
Gaetano Gaziano
tanogaziano@yahoo.it Continua a leggere...