sabato 5 maggio 2012

GIAPPONE: STOP AL NUCLEARE

E' di oggi la notizia che è stato avviato lo spegnimento dell'ultimo reattore dell'isola di Hokkaido ancora attivo dei 54 complessivi già spenti. La motivazione dello spegnimento dell'ultimo reattore nucleare ancora funzionante è quella della revisione dell'impianto. Ma i Giapponesi sono scesi in piazza a manifestare per la definitiva chiusura degli impianti nucleari, facendo proprie le teorie di Greenpeace che sostiene che “un Giappone senza nucleare è un Giappone più sicuro, perciò bisogna rottamare il nucleare a vantaggio delle rinnovabili”. Si sono viste le immagini di moltissimi manifestanti con cartelli con la scritta “Addio energia nucleare”. Sono certa che questo popolo così misurato e poco propenso alle manifestazioni chiassose riuscirà a mettere la parola fine al nucleare nel loro Paese, dando l'esempio a tutti gli altri Paesi che ancora insistono sul nucleare, a dispetto anche della volontà dei cittadini che, com'è successo in Italia, per ben due volte l'hanno bocciato con un referendum popolare. Ripropongo, pertanto, parte del post pubblicato il 22 marzo 2011 su questo blog dopo l'incidente di Fukushima, perché ad un certo punto prevedevo proprio l'abbandono del nucleare da parte dei Giapponesi. QUESTO IL POST DEL 22 Marzo 2011: "Le immagini e le notizie che arrivano dal Giappone, con la velocità e l'intensità che le nuove tecnologie permettono, ci sconcertano e ci rendono consapevoli del piccolo villaggio che ormai è la nostra terra e di come ciò che succede a migliaia di km da noi ci riguarda e ci coinvolge emotivamente e materialmente. Abbiamo visto, con immagini per lo più amatoriali, la furia distruttiva dello tsunami che ha sbriciolato ciò che ha incontrato sul suo cammino: barche, strade, ferrovie, case, inghiottendo interi paesi e villaggi e lasciando solo fango e detriti. Certo, ciò con cui il Giappone sta facendo i conti in questi giorni è una violenza della natura talmente forte ed eccezionale da fare inorridire perfino un popolo come quello giapponese, da sempre abituato ad affrontare le calamità naturali con stoicismo e forza da samurai. L'allarme nucleare che è sopraggiunto dopo il terremoto rischia davvero di gettare nello sconforto e nell'angoscia non solo il Giappone ma tutto il pianeta. Il Giappone che, come sappiamo, è la terza potenza mondiale ha saputo, negli ultimi 60 anni, sviluppare la sua economia grazie a tecnologie avanzatissime non solo nel campo dell'elettronica ma in tutti i settori industriali più avanzati. Il fatto, ad esempio, che non ci sia stato un solo morto per effetto del devastante terremoto è il risultato dell'avanzata tecnologia antisismica nel costruire gli edifici. Oggi però il disastro nucleare, che si intravede, fa pensare al Giappone come ad un colosso con i piedi di argilla e ci chiediamo come mai tutto il loro sviluppo industriale si sia basato prevalentemente sull'energia nucleare. La risposta è semplice: non c'era altra scelta. Il Giappone non è altro che un arcipelago di isole nell'Oceano Pacifico, privo di combustibili fossili quali petrolio e gas. Il suo isolamento geografico non gli ha consentito, poi, di essere collegato, come succede invece all'Italia, né con gasdotti né con oleodotti. La scelta del nucleare civile, quasi una sfida allora ai bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki, fu quindi obbligata e indispensabile, così come fu obbligata la scelta dei rigassificatori che portano LNG (gas liquefatto) dal Qatar con le navi cisterne per essere appunto rigassificato. Le energie alternative, quali l'eolico e il solare, negli anni '60 e '70 erano di là da venire e perciò nemmeno prese in considerazione. Non penso di essere temeraria nell'affermare che, finita l'emergenza, il Giappone ripenserà tutta la sua politica energetica e diventerà campione delle energie rinnovabili, dimostrando al mondo intero che è possibile conciliare il progresso e lo sviluppo economico con la sicurezza e la tutela dell'ambiente.” Caterina Busetta.

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