venerdì 30 maggio 2008

Chiedo scusa agli ascari, quelli veri

Con il termine di “Ascari” si definiscono quelle truppe eritree assoldate dall'esercito italiano durante la dissennata esperienza coloniale del fascismo. Quei poveracci africani vennero arruolati per combattere contro la propria gente accanto alle nostre truppe (ahinoi) di occupazione. Per metafora, il termine di ascari oggi si usa per indicare coloro che svendono il proprio territorio, la propria cultura, le proprie tradizioni ai nuovi artefici di politiche colonialistiche. Ma, attenzione, oggi il colonialismo non si attua più con la forza delle armi ma con strumenti molto più sofisticati ed efficaci. Il “colonialismo dei colletti bianchi” usa strategie di “convincimento” più raffinate e lascia ad altri la tradizionale mazzetta, come ci ricordano le recenti cronache giudiziarie che hanno visto in manette amministratori locali (di destra e di sinistra) e manager del gas nella vicenda del rigassificatore di Brindisi. Sprovveduti questi manager della British Gas! Da noi invece si ricorre a tecniche più articolate, ma apparentemente più sicure, come ci ha raccontato Marco Lillo dalle pagine dell'Espresso. Si costituisce una società di comodo (generalmente una s.r.l.), si presentano i progetti alle regioni attraverso l'attività di “facilitatori” (una volta si chiamavano “faccendieri”) e si ottengono le autorizzazioni che poi si cedono alle grosse lobbies industriali e già nel passaggio si lucrano un bel po' di “picciuli” (in quali tasche vadano a finire Dio solo lo sa). Tutto ciò ovviamente con l'indispensabile “aiutino” di politici locali, regionali e nazionali di destra, di centro e di sinistra. Quando il vile Pecoraro Scanio, a pochi giorni dalle elezioni, rilasciò la Via sul rigassificatore di Porto Empedocle, al confine del parco archeologico di Agrigento, protestarono i candidati del PDL della Sicilia Orientale, con in testa Stefania Prestigiacomo, in quanto- a loro dire- la grave decisione avrebbe messo di fronte al fatto compiuto il nuovo governo nazionale e regionale. Appena insediata, la nostra bella ministressa Stefania ha repentinamente cambiato idea: bisogna affrettarsi, ha detto, a costruire il rigassificatore di Porto Empedocle, “folgorata” sulla via del rigassificatore (e ancora il suo governo deve approvare il piano energetico nazionale). D'altra parte, anche per il lavoro che fa, l'Enel è una specialista in “folgorazioni”. A dire il vero, i nostri candidati neppure protestarono, compreso Angelino Alfano “mutu cu sapi 'u iocu”. Incredibile a dirsi, appena si è parlato di una centrale nucleare a Palma di Montechiaro, qualcuno da noi ha dato subito fiato alle trombe per dichiarare la propria disponibilità.
E la sinistra? Idem! Anna Finocchiaro, che pure aveva aperto la sua campagna elettorale con lo sfondo del millenario scenario della Valle dei Templi, ad una precisa domanda di un nostro garbatissimo cronista televisivo “se fosse contraria al rigassificatore”, rispose -perdendo il suo abituale aplomb-: “Cu 'u dissi, 'u rigassificaturi s'ava a fari”, in questo modo offendendo quelle vestigia secolari. E non poteva dare altra risposta, dopo la svolta “affaristica” di quello che fu il partito della questione morale di Enrico Berlinguer. Non è un mistero per nessuno che D'Alema, Bersani e Consorte hanno sterzato decisamente a favore del mondo del business (Sartori definì il governo D'Alema “un comitato d'affari dove non si parla inglese”), in ciò seguiti dal solerte Walter Veltroni che va predicando l'ambientalismo del fare, che qualcuno ha ribattezzato prontamente nell'ambentalismo degli affari. E non è un mistero neppure per Angelo Capodicasa che, per disciplina di partito (suppongo), ha accettato il rigassificatore nella Valle, che tanto sta tanto a cuore a Bersani e a De Bustis (definito dal Corriere della Sera il banchiere di D'Alema). Ma, per disciplina di partito, Capodicasa non può svendere il proprio territorio a braccetto del sodale Totò Cuffaro.
A questo punto mi corre l'obbligo di chiedere scusa agli ascari eritrei. Loro almeno avevano un'attenuante: erano morti di fame e analfabeti. I nostri ascari invece stanno bene (anzi benissimo) e hanno un po' di cultura (molto poca, per la verità). Dopo queste considerazioni, l'accostamento risulta offensivo per gli ascari africani, quelli veri.
Gaetano Gaziano

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Idea: non potremmo mandare i nostri "ascari" in Eritrea come clandestini? Nel cambio ci guadagneremmo certamente...

Anonimo ha detto...

Sig. Gaziano,
cosa ne pensa di questo post?

http://go-willywonka.blogspot.com/2008/06/ad-agrigento-dopo-leolico-il-solare.html

Anonimo ha detto...

@primo anonimo: ottima idea vecchio mio! Così, in un colpo solo, vedremmo notevolemnete alleggerita la popolazione siciliana, essendo (come si sa) gli "ascari" di casa nostra numerosissimi: politici (di destra e di sinistra), sindacalisti, finti ambientalisti, giornalisti fiancheggiatori di confindustria, eccetera...

Anonimo ha detto...

Concordo con il primo e con il terzo anonimo: facciamo una nave carica di "ascari" e buttiamoli ai pescecani