mercoledì 7 marzo 2012

I rigassificatori fanno acqua!

I rigassificatori dovrebbero produrre gas, invece fanno acqua! In senso metaforico, però. La British Gas abbandona il progetto di costruire il rigassificatore di Brindisi della capacità del rigassificatore di Porto Empedocle. Ne dà notizia “Il Fatto Quotidiano” di oggi. “Troppa burocrazia” è stata la motivazione offerta dai dirigenti della multinazionale gasiera di sua Maestà Elisabetta II. I motivi veri, però, sono ben altri. Primo tra tutti, ricorda il quotidiano di Padellaro e Travaglio, il processo di corruzione che vede alla sbarra ex dirigenti della British Gas ed ex dirigenti locali brindisini (di destra e di sinistra). La multinazionale inglese lamenta che è costretta ad abbandonare il progetto dopo avere già speso 250 milioni di euro. Non precisa però quanti di questi milioni sono stati sborsati per tangenti. Una risposta ci verrà certamente dalla sentenza dei giudici di Brindisi, che però non potrà comprendere tutte le mazzette effettivamente sborsate. Si ipotizza anche che l'abbadono del progetto gasiero sia un colpo di teatro della British Gas per fare pressione sui giudici per ottenere una decisione di assoluzione. Può darsi. “Undici anni abbiamo aspettato” piangono gli sciacalli del gas della terra di Albione. Tra i motivi del ritardo va pure annoverata la procedura di infrazione del diritto comunitario cui è stato sottoposto il governo italiano da parte della Commissione Europea per la violazione di due direttive, quella sulla Valutazione di impatto ambientale e quella sulla consultazione popolare. Ma non è stato ricordato, però, che alla base della decisione della British Gas ci sta pure la non convenienza di costruire i rigassificatori dopo la scoperta dello shale gas (gas non convenzionale), per cui nel mondo c'è un enorme surplus di gas. E' questa la vera motivazione per cui oggi le società gasiere abbandonano i progetti di nuovi rigassificatori, anche se in Italia vengono costruiti con gli aiuti di Stato, cioè a carico dei contribuenti italiani. Grande, è perciò, la nostra speranza che anche Enel abbandoni il progetto del rigassificatore “Valle dei Templi” di Agrigento. Anche per questo progetto valgono le stesse considerazioni del progetto di Brindisi. Soprattutto il fatto che non si è ancora chiusa l'indagine per infrazione della normativa comunitaria aperta dalla Commissione Europea a carico del governo italiano,né quella del Mediatore Europeo (Difensore Civico), né quella della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (Cedu) di Strasburgo. E siamo ancora in attesa dell'esito delle indagini della magistratura penale... Gaetano Gaziano Continua a leggere...

domenica 26 febbraio 2012

Rigassificatore sotto la Valle dei Templi, è un orrore

Così si è espresso il presidente della Fondazione Roma, il prof. Emmanuele Francesco Maria Emanuele, in un'intervista rilasciata a Carlo Vulpio, giornalista del Corriere della Sera, domenica 26 febbraio.
E ha continuato “Ma perché farlo proprio lì, mi chiedo? Ecco con Mitoraj, come con tanti altri artisti e non solo quelli noti al grande pubblico, noi cerchiamo di fare prevalere la bellezza, l'arte e, se posso dirlo, la spiritualità, la dimensione interiore dell'uomo”.
Bisogna precisare che la Fondazione Roma ha organizzato la mostra delle stupende statue bronzee del Mitoraj, che si ispirano ai miti classici e che sono state esposte a partire dall'anno scorso nella Valle dei Templi di Agrigento e che saranno smantellate ai primi di marzo. Pertanto abbiamo deciso di inviare al prof. Emanuele la seguente lettera aperta.
Signor Presidente, abbiamo apprezzato la Sua affermazione che il rigassificatore a ridosso del parco archeologico della Valle dei Templi è un "orrore”, contenuta nell'intervista rilasciata al giornalista del Corriere della Sera, Carlo Vulpio, domenica 26 febbraio.
Per evitare questo “orrore”, da più di cinque anni ci stiamo battendo ad Agrigento perché non venga costruito un rigassificatore da 8 miliardi di mc.sotto la Valle dei Templi, la cui realizzazione sarebbe motivo di ignominia per noi Italiani tutti di fronte al mondo della cultura, essendo il nostro parco archeologico, come Lei sa, patrimonio universale Unesco.
Lei giustamente afferma “con Mitoraj cerchiamo di far prevalere la bellezza, l'arte, la spiritualità, la dimensione interiore dell'uomo”.
Il guaio è, caro Professore, che a questo mondo non sono molti a pensarla come Lei. C'è chi pensa solo a fare profitti, che sarebbe anche una cosa lecita se contemporaneamente non aggredisse il patrimonio culturale universale che ci “salva dall'aridità del presente”, come Lei asserisce.
Paradossalmente, mentre si smantelleranno le splendide statue di Mitoraj, potrebbero iniziare i lavori del rigassificatore e tra qualche anno potranno svettare dal mare le ciminiere (tecnicamente chiamate candele con fiamma perenne alte più di 40 metri) a fare da sfondo ai meravigliosi templi dorici. Ci pensa, Professore?
Ad Agrigento le abbiamo tentate tutte, quelle venti e passa tra associazioni ed individui, per evitare questo “orrore”.
Inizialmente, chiedemmo ad Enel di costruire il rigassificatore off-shore.
Non c'è stato niente da fare, si doveva e si deve costruire a 800 metri dal centro abitato di Porto Empedocle e a 1100 metri dal parco archeologico della Valle dei Templi, malgrado i più grandi esperti al mondo di sicurezza e antiterrorismo -come il professore Richard Clarke consulente di tre presidenti americani-, consiglino di farli il più distante possibile dai centri abitati.
Abbiamo,allora,tentato la via legale, con il ricorso al Tar che abbiamo vinto, però l'appello al Consiglio di Stato è stato vinto da Enel, che dovrà costruire il rigassificatore.
Professore, i lavori non sono ancora cominciati e un Suo autorevole intervento presso i nuovi governanti potrebbe sortire l'effetto che a noi è sfuggito.
Questi nuovi dicono di essere dei tecnici e quindi, a differenza dei politici, potrebbero essere più sensibili alla tutela del paesaggio e del patrimonio culturale italiani.
I governanti precedenti (di destra e di sinistra) ci hanno profondamente delusi. Rutelli, che da ministro ai BB.CC. ci aveva dato qualche speranza, ha preferito fuggire unitamente al ministro dell'Ambiente, il verde Pecoraro Scanio.
Non diversamente si sono comportati Bondi e la Prestigiacomo.
La verità è che i predetti “signori” non avevano e non hanno niente da spartire con la cultura e con l'ambiente.
Per quanto riguarda la storiella che, senza il rigassificatore sotto la Valle dei Templi, l'Italia potrebbe restare al “freddo e al buio”, la possono raccontare a tutti tranne che a Lei, professore di economia. E' risaputo che, dopo la scoperta dello shale gas (gas non convenzionale), c'è un enorme surplus di gas nel mondo, per cui il prezzo è sceso dappertutto tranne che in Italia, e che l'Eni ha chiesto alla russa Gazprom di diluire nell'arco di 25 o più anni i contratti di fornitura di gas del tipo take or pay già stipulati, inoltre abbiamo il gas che ci arriva dal Nord Europa, dalla Libia e dall'Algeria e in Italia ci sono già due rigassificatori che funzionano, quelli di Panigaglia e di Rovigo.
Appena insediati, abbiamo inviato gli ultimi appelli per salvare la Valle dei Templi al premier Mario Monti, al ministro ai BB.CC., Lorenzo Ornaghi, e al presidente del Consiglio nazionale ai BB.CC., Andrea Carandini.
Non hanno ancora risposto.
Professore, ci dia una mano per favore. Ci aiuti a evitare l' “orrore” che il mondo della cultura non ci perdonerà.
Gaetano Gaziano,
presidente associazione “Salviamo la Valle dei Templi di Agrigento”

p.s. Si ringrazia pubblicamente il giornalista Carlo Vulpio che, con coraggio, più di una volta ha affrontato sul suo giornale “l'orrore” del rigassificatore sotto la Valle dei Templi.
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martedì 21 febbraio 2012

Rigassificatore di Porto Empedocle, Difensore Civico Europeo apre indagine

Il Difensore Civico Europeo (Mediatore Europeo), Nikiforos Diamandouros (nella foto), ha comunicato di avere aperto un'indagine sul rigassificatore di Porto Empedocle, a ridosso della Valle dei Templi di Agrigento, patrimonio Unesco.
L'indagine scaturisce dalle diverse denunce fatte al Difensore Civico e alla Commissione Europea dalle associazioni agrigentine che hanno contrastato e contrastano l'indecoroso progetto.
Peraltro l'azione di contrasto delle associazioni agrigentine è stata affiancata dalle interrogazioni delle europarlamentari Sonia Alfano e Rita Borsellino.
Sonia Alfano non ha mancato di fare rilevare la contraddittorietà della Direzione Generale della Concorrenza della Commissione che, pur avendo ammesso la presenza degli aiuti di Stato che violano gli articoli e 107 e 119 del Trattato Europeo, ritiene che gli aiuti “con buona probabilità sembrano non turbare il principio della libera concorrenza nel mercato europeo”.
L'accento è stato messo proprio su quell' incomprensibile “sembrano non turbare” e l'intervento del Difensore Civico Europeo mira a verificare i ritardi della Commissione Europea nel sottoporre il governo italiano alla procedura di infrazione del diritto comunitario per la turbativa della libera concorrenza del mercato.
E' stato anche sottolineato come il governo italiano non ha proceduto a notificare alla Commissione Europea la presenza di aiuti di Stato nella costruzione di rigassificatori in Italia.
Tutti gli Stati europei dell'Unione, al riguardo, hanno l'obbligo della notifica, la cui inosservanza comporta l'applicazione di pesanti sanzioni economiche a carico dello Stato inadempiente.
Il terrorismo mediatico, che vecchi e nuovi governi italiani hanno fatto e fanno sulla esigenza di costruire nuovi rigassificatori in Italia perché altrimenti potremmo restare “al freddo e al buio” nei periodi di neve e gelo, è stato clamorosamente smentito dalle recenti ondate di maltempo.
Si è scoperto infatti che l'Italia ha sufficienti scorte di gas per affrontare tutte le emergenze.
Addirittura si è saputo che il rigassificatore di Panigaglia solo in questi giorni di picco energetico sta lavorando a pieno regime.
Come mai non ha lavorato a pieno regime tutto l'anno per costituire quelle scorte di gas di cui abbiamo bisogno?
La verità è che, dopo la scoperta dello shale gas, nel mondo c'è un enorme offerta e, mentre il tutti i Paesi il prezzo del gas è sceso, solo in Italia è aumentato.
Quali interessi tutelano i boiardi di Stato?
Si sa che l'Eni ha stipulato con la russa Gazprom onerosi contratti di fornitura take or pay, per cui qualora non venissero ritirate le forniture di gas prenotate saremmo costretti ugualmente a pagare miliardi di dollari per il gas prenotato e non ritirato.
Il Corriere della Sera del 27 marzo dell'anno scorso ci ha informato che l'Eni ha chiesto di diluire nell'arco lungo di 25 o più anni i contratti take or pay già stipulati.
Ci sono molte ombre nel business del gas, ma ciò che è più grave è il fatto che si specula sul maltempo per spingere in direzione della costruzione di nuovi rigassificatori che servono principalmente se non esclusivamente a chi li costruisce.
Infatti la loro realizzazione non comporta nessun rischio di impresa, avendo una “generosissima” delibera dell'autorità dell'energia e del gas stabilito che a quei “signori”, che costruiscono rigassificatori, sarà garantito in ogni caso l'80% dei ricavi di riferimento (stimati in circa 3 miliardi di euro l'anno) anche se gli impianti dovessero restare inattivi, gravando l'onere della spesa sulle bollette degli Italiani.
L'Italia che è sempre in bilico, come si è visto in questi giorni, tra i Paesi occidentali più industrializzati e il Terzo Mondo farà beneficenza, quindi, ai vari emiri del Qatar (40% del rigassificatore di Rovigo) ai Rockfeller (altro 40%), ai De Benedetti (rigassificatore di Gioia Tauro) e ad altri “illuminati” business-men della finanza internazionale sempre a caccia di affari “garantiti” a danno dei contribuenti.
Ecco perché il prezzo del gas in Italia, a differenza che negli altri Paesi dove diminuisce, è destinato inesorabilmente ad aumentare.
Gaetano Gaziano
Presidente Associazione “Salviamo la Valle dei Templi di Agrigento”
tanogaziano@yahoo.it.
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mercoledì 8 febbraio 2012

SFOGLIA LA MARGHERITA: "Rubo, non rubo, rubo..."

Il nostro blog è nato circa 4 anni fa per tentare di fermare l'ignobile progetto del rigassificatore a ridosso della Valle dei Templi di Agrigento e proprio per questo lo abbiamo chiamato “Salviamo la Valle dei Templi”.
Non sappiamo ancora come questa storia andrà a finire anche se le notizie che arrivano sull'onda emotiva del freddo e del gelo non sono certo rassicuranti. Sappiamo sicuramente che oggi è tutta l'Italia che va salvata non solo dal default economico ma soprattutto dal degrado morale in cui i politici di lungo corso (di destra e di sinistra) ci hanno sprofondati.
Gli ultimi episodi sui costi e le corruttele della politica portano il cittadino a pensare che forse bisogna inventare una diversa forma di democrazia.
La vicenda di Lusi ci ha rivelato quanti soldi pubblici vengano dati ai partiti anche estinti e quanto tutto ciò sia assurdo e immorale soprattutto in un momento in cui senza troppo scrupolo si infierisce sui contribuenti con tasse e tagli perfino sulle pensioni da mille euro lorde.
Sotto la spinta dell'indignazione popolare oggi tutti partiti ci vengono a dire che bisogna fare una legge che regolamenti meglio i finanziamenti pubblici ai partiti e bla, bla, bla...
A questo punto, invece, ci sarebbe una sola cosa da fare ed è quella di eliminarli del tutto, seguendo peraltro la volontà dei cittadini che già nel 1993 si erano espressi in tale senso attraverso un referendum popolare.
Poiché in Italia la volontà dei cittadini non conta nulla (che fine farà il risultato del referendum sull'acqua?) si è vergognosamente fatto rientrare dalla finestra ciò che era uscito dalla porta cambiando ipocritamente il nome da finanziamento a rimborso che, come sappiamo, rimborso non è.
E a coloro che ci vengono a dire che il finanziamento pubblico è necessario per impedire che i partiti siano sotto scacco delle lobby dico che anche questa è una mastodontica bugia.
Sappiamo infatti che i politici fanno lobbismo più o meno apertamente sostenendo questo o quell'altro potere forte che intenda realizzare grandi opere spesso inutili o addirittura dannose a spese sempre del contribuente, come nel caso dei rigassificatori, per cui è previsto il rimborso dell'80% dei ricavi di riferimento anche nel caso di inattività degli impianti, gravando la spesa sulle bollette degli Italiani.
Caterina Busetta
cbusetta@yahoo.it.
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domenica 15 gennaio 2012

L'APPRODO DI ENEA

Enea si sentiva stanco. Nell’animo più che nel fisico.
Molto aveva errato per terre e per mari sconosciuti, alla ricerca del luogo ideale dove ricostruire l’amata Troia, messa a ferro e a fuoco dagli invasori Achei.
Tante e gravi pene aveva patito nel suo lungo errare. E quando pensava già di essere approdato nel luogo giusto, ecco il fato e i venti sospingerlo per altre mete, secondo un disegno divino, che faceva fatica a capire e che rendeva il suo viaggio una sorte di espiazione, un tragitto dell’anima verso la salvezza.
E, mentre una fresca brezza mattutina alleviava la sua fatica di marinaio stanco e sfiduciato al timone della barca, non poteva fare a meno di tornare, col ricordo, ai suoi primi anni felici vissuti da principe pastore sul monte Ida, lontano dai fasti della reggia di Priamo.
Sì è vero, a corte lo consideravano con molta sufficienza, come appartenente a un ramo collaterale e secondario della nobiltà troiana. Ma a Enea non importava più di tanto. Era felice ugualmente. Gli bastava poco per essere soddisfatto: l’amata Creusa, moglie fedele e discreta, il dolce figlioletto Ascanio e tutta la famiglia patriarcale, all’interno della quale il padre Anchise non faceva certamente pesare il suo ruolo di capo tribù.
Gestiva, con la sua gente, i copiosi armenti di proprietà, ricavando dal commercio delle pelli e della lana sufficienti risorse per il mantenimento della numerosissima famiglia. Di certo non sentiva la mancanza degli agi e del lusso della vita di corte, a Troia. Ne faceva volentieri a meno.
Aveva abitudini essenziali e gratificanti: vita all’aria aperta, composizioni poetiche al suono del flauto, cibo sano e vino buono, che non mancava mai alla sua mensa. Erano stati proprio i lontani antenati dei contadini della sua terra, l’Anatolia, a produrre per primi quel nettare divino, con il procedimento da loro inventato di pigiare l’uva matura a piedi scalzi, e che avevano chiamato enòs, vino. Ed Enea ne era un convinto estimatore e un discreto consumatore.
Di queste cose semplici era fatta la sua vita.
Un giorno, di colpo, il dramma: l’invasione degli Achei e l’inevitabile guerra.
Enea inizialmente, capendo le vere ragioni dell’aggressione, che erano dettate dal controllo dello stretto dell’Ellesponto, crocevia di commerci verso l’oriente (non certo per affari di donne), aveva cercato di convincere i Troiani a concludere una pace equa con i greci invasori, dato il loro strapotere militare e l’impossibilità di contrastarli.
Scelta comunque la via della guerra, si era battuto con valore al pari del generoso e nobile Ettore.
E ora, mentre guardava l’orizzonte lontano, aveva ancora negli occhi le fiamme che bruciavano la città, presa dal nemico con l’inganno, e il ricordo si faceva lancinante dolore, al pensiero dell’adorata moglie Creusa perita in quell’incendio.

E poi la fuga verso occidente, con il padre ormai vecchio e il figlio Ascanio, alla ricerca di un nuovo sito dove ricostruire la propria esistenza, però non trovando mai un luogo come lui lo sognava: accogliente e ridente come le dolci vallate del monte Ida.
Il suo viaggio, che sembrava non finire mai, era stato pure costellato da drammi e lutti che avevano messo a dura prova la sua forte tempra di combattente.
Avrebbe volentieri terminato il suo lungo peregrinare a Cartagine, dove aveva vissuto l’appassionante storia d’amore con Didone, regina di Libia. Ma aveva dovuto piegarsi al volere di Zeus, che aveva per lui un diverso progetto, e riprendere il cammino per terre sconosciute, lasciando nella disperazione l’infelice Didone, che, per il dolore, si era suicidata.
Anche in terra di Trinacria avrebbe voluto fermarsi, ma era stato scoraggiato dall’infausto presagio della morte del padre Anchise a Drepano, sulla costa occidentale dell’isola.
«Quando avrà fine questo mio viaggio, interminabile e amaro?» pensava, mentre il suo sguardo andava teneramente ad Ascanio, che dormiva tranquillo a prua, all’aperto, su un improvvisato giaciglio di scotte.
I suoi tristi pensieri svanirono alla vista di una sottile linea scura, all’orizzonte, che s’ingrandiva, man mano che la barca si avvicinava veloce, spinta dal vento in poppa.
«E’ la terra!» pensò commosso.
Svegliò immediatamente Ascanio, e chiamò a raccolta lo sparuto numero di compagni di viaggio, che erano sopravvissuti alle varie peripezie.
«Chissà, potrebbe essere la volta buona» pensò, mentre già cominciava a delinearsi con distinzione il profilo della costa e del paesaggio retrostante, che era fatto di dolci colli verdeggianti e assolati.
Giunti sotto costa, Enea individuò rapidamente un’insenatura naturale e ordinò ai suoi uomini di ammainare le vele, per accostarsi a remi e per ancorarvi la barca.
Mentre si avvicinavano, notò sugli scogli un gruppo di giovani donne, che, festanti, sventolavano dei veli variopinti.
Approdati a terra, le giovani si avvicinarono, con fare amichevole, agli stranieri nuovi arrivati.
«Sono Enea, principe troiano, figlio di Anchise, e vengo su questa terra, con mio figlio Ascanio e con questi compagni di viaggio, con intenzioni pacifiche» si affrettò a presentarsi alle accoglienti ospiti.
«Benvenuto, straniero, a te e ai tuoi compagni! E, poiché venite con intenzioni non ostili, sarete ben accolti» fu il saluto della più giovane di loro.
«Posso conoscere il tuo nome e quello del posto dove siamo approdati?» chiese, trepidante, Enea all’avvenente fanciulla.
«Certamente» rispose lei, con un largo sorriso, «mi chiamo Lavinia e sono la figlia di Laurento, re di queste terre, che hanno il nome di Enòtria, perché ricche di vigneti e di buon vino.
Dicendo così, fece cenno a un’ancella, che si affrettò a offrire ai nuovi arrivati delle brocche di vino, in segno di ospitalità.
Enea bevve lentamente, per assaporare ogni goccia di quel nettare.
«E’ il gusto del nostro vino!» gridò ai suoi compagni. «E’ identico al sapore del vino di Troia! Padre Zeus non poteva darmi segnale più chiaro che il nostro errare è arrivato finalmente a conclusione»
Dopo di che si chinò sulla terra e la baciò e, con gli occhi lucidi, rivolto ai suoi disse:
«Ecco la nostra nuova patria! Qui costruiremo le case per noi e per i nostri figli, in pace con i vicini. Il nostro viaggio è finito!»
Gaetano Gaziano
tanogaziano@yahoo.it
Questo è il sesto racconto tratto sempre dal mio libro "Il Bacchino ubriaco e altre storie", Edizioni Excogita Milano.
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sabato 24 dicembre 2011

Buon Natale e Felice Anno Nuovo

Desideriamo formulare ai lettori di questo blog gli auguri più sinceri di Buon Natale e Felice Anno Nuovo.
Siamo certi che i nostri lettori, soprattutto quelli che tornano a visitarci, condividono con noi gli stessi valori, quelli cioé che fanno riferimento alla tutela del nostro patrimonio storico, culturale e paesaggistico.
Ciao a tutti e buone feste,
Caterina Busetta e Gaetano Gaziano. Continua a leggere...

sabato 10 dicembre 2011

LA VERITA' DI DON GIOVANNI

"LA VERITA' DI DON GIOVANNI"
Peggio di così non mi potevano trattare il signor Mozart e il signor Da Ponte. Dipinto come un mariolo e sprofondato all’inferno, con tutti i vestiti.
La mia unica preoccupazione sarebbe stata, per loro, quella di “farmi” le belle damine del mio tempo.
Di infoltire il “catalogo”, che teneva il mio servo, quel birbante di Leporello.
E chi lo nega?
Solo che quella, che era per me una scelta esistenziale, sarebbe stata, per gli “illustrissimi” autori, una sconveniente e deplorevole condotta, da condannare tout court.
Ma i veri immorali, credetemi, erano loro: pieni di tic, di complessi e di condizionamenti.
Il signor Amadeus, per esempio, soffriva di un complesso di Edipo grande quanto una casa, che si portava appresso dalla nascita.
Per la verità, non era tutta colpa sua: quel suo odioso padre, Leopold, se lo era trascinato dietro, appena bambino, a esibirsi, assieme alla sorellina Nannarel, nelle più importanti corti europee, come un fenomeno da baraccone; quello lì, per me, avrebbero dovuto impiccarlo per sevizie reiterate all’infanzia. Però lui, Amadeus, non riuscì mai a scrollarsi di dosso (e ne aveva tutte le qualità) quella terribile figura paterna.
A tal punto che la proietta nel personaggio del Commendatore, terribile vendicatore di quel libertino di don Giovanni, che, poi, sarei io.
In effetti, sono stato un libertino.
E me ne vanto!
Ma nell’accezione più nobile del termine.
Io, infatti, sposai in toto la filosofia del libertinismo, che vuol dire insofferenza a tutte le regole imposte dall’alto.
Libertà totalizzante, dunque. Prima tra tutte, quella in campo sessuale. Sono stato il primo autentico predicatore del libero amore, anticipando i tempi di almeno due secoli. E ne sono stato un vero e convinto attuatore e ambasciatore.
La mia fama ha travalicato quella dello stesso Mozart e del suo librettista. Quest’ultimo, poi, Lorenzo Da Ponte, ve lo raccomando! Lui, però, non era un complessato come Mozart.
Peggio: era un furbo! Professava il suo moralismo bigotto, da cattolico convertito qual era.
Doveva dimostrare “all’esterno” la sua totale adesione alla religione cattolica, a cui era approdato per opportunismo.
Quando Mozart gli chiese un libretto da musicare, non gli parve vero. Tirò fuori dal cassetto il dramma “El burlador de Sevilla” del signor Tirso De Molina, intriso dei più beceri principi gesuitici della Controriforma, e ha creato, con Mozart, questo grande capolavoro del “Don Giovanni”.
E chiamalo capolavoro! Mi hanno dipinto come un mostro. Un fatuo bellimbusto, ossessionato esclusivamente dal sesso.
Il cavaliere Giacomo Casanova, con me il più degno rappresentante del libertinismo in senso assoluto, che era presente alla prima di Praga, si alzò indignato e se ne andò sbattendo la porta.
Lasciate invece che sia io, Don Giovanni, a raccontarvi come sono andate in effetti i fatti, per averli vissuti in prima persona.
Occorre cominciare dall’inizio della storia. Siamo al primo atto dell’opera. Io me ne sto a corteggiare (ricordate?) la bella Zerlina, procace e avvenente contadinotta, promessa sposa a quello zotico di Masetto.
Io le propongo di seguirmi nel mio casino di campagna, sussurrando: “Là ci darem la mano, là mi dirai di sì”.
Lei esita. Oppone una debole resistenza: “Vorrei e non vorrei, mi trema un poco il cor”.
Insisto: “Vieni mio bel diletto. Io cangerò tua sorte”.
Alla fine cede e, mano nella mano, ci avviamo al nido d’amore: “Andiam, andiam mio bene a ristorar le pene d’ un innocente amor”.
A questo punto, secondo gli “illustrissimi” autori, interviene Donna Elvira, una mia vecchia conquista sedotta e abbandonata (come tutte le altre del resto), che interrompe bruscamente il nostro idillio e manda all’aria l’ultima mia avventura. Quindi sarei andato in bianco.
Sciocchezze!
Niente di più falso. A me, se permettete a Don Giovanni, una cosa simile non è mai successa.
Ed ecco il seguito. Quello vero: Zerlina e io, presi da focosa passione, ci avviamo nel mio casino di campagna, e lì trascorriamo dei momenti indimenticabili.
Che notte, ragazzi!
Il confortevole casino è perennemente attrezzato per le mie improvvise incursioni galanti. Non manca mai niente alla bisogna. Soprattutto il vino. C’è sempre una buona scorta di “eccellente marzimino”. Il vino che io, a detta degli “illustrissimi” autori, avrei dovuto offrire, nel secondo atto, al Commendatore da me invitato a cena.
Ma vi sembro proprio il tipo da sprecare un vino così nobile, come il marzimino, per un “convitato di pietra”?
Vi dico io l’uso che ne ho fatto.
Quattro bottiglie ce ne siamo scolate, Zerlinuccia e io, in quella notte da sballo, tra un amplesso e l’altro.
Vino e amore vanno straordinariamente a braccetto, credetemi. Una sola espressione vera mi hanno messo in bocca gli “illustrissimi" autori: è quando, nel secondo atto, inneggio: “Vivan le femmine, viva il buon vino, sostegno e gloria d’ umanità”. In ciò almeno non si sbagliarono.
Questa, amici miei, è in conclusione la vera ed autentica versione dei fatti.
Parola di Don Giovanni!
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E questo è il quinto racconto tratto dal mio libro "Il Bacchino ubriaco e altre storie" edito da Excogita Milano.
Parla della vicenda del Don Giovanni, da me rivisitata.
Gaetano Gaziano
tanogaziano@yahoo.it.
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