martedì 3 aprile 2012
LE LOBBY DELL'ENERGIA ALL'ATTACCO DELLE FONTI RINNOVABILI
I media nazionali, soprattutto quelli che ricevono vagonate di pubblicità dalle lobby dell'energia, stanno sparando un fuoco concentrico sulle fonti di energia rinnovabile. Affermano che, siccome gli incentivi, che lo Stato concede a famiglie ed aziende che le utilizzano -prevalentemente il solare-, graveranno pesantemente sulle bollette degli Italiani, tutto sommato sarebbe meglio sempre sfruttare le fonti fossili: carbone, petrolio, gas e anche il nucleare, nonostante abbiamo appena celebrato un referendum che l'ha bocciato.
Tutto ciò nasconde alcune bugie e molti interessi oscuri. Innanzitutto, non si parla dell'imbroglio che è stato messo nella legge che concede gli incentivi a chi fa ricorso alle fonti rinnovabili.
Non è stato detto, infatti, che qualche furbetto del quartierino ha aggiunto, di soppiatto nella legge, che gli incentivi sono destinati, oltre che alle fonti rinnovabili, anche a quelle “assimilate”.
In questa “innocente” aggiunta hanno ricompreso pure i termovalorizzatori, per cui gli Italiani si trovano in bolletta anche le spese di costruzione dei termovalorizzatori, compresi quelli che l'innefabile Emma Marcegaglia ha costruito nella Puglia del compagno Niki Vendola, comunista e devoto.
Perché politici e lobby dell'energia sono contrari all'energia rinnovabile?
C'est l'argent qui fait la guerre!
Il sole non costa niente, come ci ha ricordato il premio Nobel Carlo Rubia, mentre il business delle fonti fossili lucra una “paccata di miliardi”, per dirla con la “sobria” Elsa Fornero.
Ed è facile immaginare quanta parte di questa “paccata” venga “spalmata” nelle tasche di politici, mediatori, affaristi e faccendieri che gravitano attorno al mondo dell'energia.
Cosa volete che paghino in tangenti le famiglie e le aziende che decidono di installare sui propri tetti i pannelli solari? Invece, dai miliardi di forniture di gas e petrolio, qualche “benefit” andrà certamente in direzione di qualche “beneficiario”, che sentitamente ringrazia.
Peraltro, mentre le megacentrali e i rigassificatori danno pochissima occupazione, l'economia basata sulle fonti rinnovabili dà lavoro a decine di migliaia di piccole aziende specializzate nel settore, con grande beneficio per l'occupazione, come ha giustamente previsto Geremy Rifkin, premio Nobel per l'economia, e come ci raccontano le statistiche che vedono in grande crescita l'economia delle rinnovabili, mentre tutto il resto è decrescita .
E, poi, perché gravare gli incentivi alle fonti rinnovabili sulle bollette degli Italiani, mentre si potrebbero addebitare tranquillamente alla fiscalità generale, al posto di opere inutili come la Tav o al posto dell'acquisto di 120 cacciabombardieri, il cui costo stimato è di 20 miliardi di euro, più o meno corrispondenti a quelli che i “sobri” Monti e Fornero hanno spolpato agli Italiani con la manovra “lacrime e sangue”.
E, poi, si sono fatti sotto, udite udite, i filonuclearisti a chiedere al governo Monti di rivedere la posizione sull'energia nucleare, con in testa Umberto Veronesi, presidente dell'associazione Galileo 2001.
Ora, al di là delle argomentazioni pseudo scientifiche a sostegno della sicurezza dell'energia nucleare facilmente contestate dai loro stessi colleghi, il comportamento di questi “emeriti” scienziati è profondamente offensivo degli Italiani, che democraticamente si sono espressi contro il nucleare l'anno scorso e 25 anni prima.
Quali “argomenti” convincenti avranno usato le lobby dell'energia per spingere questo manipolo di “luminari” ad andare a bussare alla porta di Monti in favore dell'energia nucleare?
Non sappiamo, ma non è difficile immaginarlo.
Mi piace concludere questo mio pezzo con una riflessione che l'ingegnere nucleare, Massimo Zucchetti, docente di Protezione dalle radiazioni al Politecnico di Torino e collaboratore del Mit, il Massachusetts Institute of Technology di Boston, ha indirizzato ai suoi “illustri” colleghi che si sono fregiati del nome di Galileo per dare titolo alla propria associazione: “Bertolt Brecht riscrisse il suo dramma “Vita di Galileo” davanti all’orrore dell’Olocausto nucleare e disse che non è la scienza ad essere sempre positiva, ma l’utilizzo sociale che se ne fa”. E, conclude lo scienziato torinese, “Viene da chiedersi quando gli “eminenti” dottori di Galileo 2001 cambieranno anch’essi opinione dinanzi alla realtà”.
Gaetano Gaziano, presidente associazione “Salviamo la Valle dei Templi di Agrigento”.
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venerdì 9 marzo 2012
Rigassificatore di Porto Empedocle: rinviato di un anno l'inizio dei lavori
Ieri sera è stata convocata una seduta straordinaria del consiglio comunale di Porto Empedocle per fare il punto sullo stato dell'arte dei lavori di costruzione del rigassificatore di Porto Empedocle, rinominato rigassificatore “Valle dei Templi” per la vicinanza al parco archeologico di Agrigento, patrimonio Unesco (nella foto Venturi, Armao, Conti e Lombardo sorridono raggianti dopo la firma dello "storico" accordo del 2009 sul rigassificatore).
Erano presenti nella seduta del consiglio comunale esponenti dei sindacati agrigentini e rappresentanti della società empedoclina. Era atteso anche l'intervento dell'ing. Giuseppe Luzio, a.d. della società Nuove Energie-Enel, che avrebbe dovuto costruire l'impianto gasiero, per dare notizie precise sull'inizio dei lavori e sulle potenzialità occupazionali degli stessi.
Luzio non si è presentato ed ha inviato una lettera che è stata letta dal presidente del consiglio comunale, con cui comunicava il rinvio dei lavori almeno di un anno in attesa di accertamenti sull'area che avrebbe dovuto ospitare il rigassificatore.
Grande è stata la delusione dei disoccupati e dei sindacalisti, che da molti anni vanno speculando sui posti di lavoro scaturenti a Porto Empedocle dalla realizzazione dell'impianto industriale, cosa del tutto falsa come vedremo più avanti.
La notizia del rinvio dei lavori ha altre motivazioni e le comprende bene chi sa leggere l'informazione economica a 360 gradi, non limitando lo sguardo al proprio orticello.
Ieri c'è stata a Roma la presentazione, agli analisti economici di tutto il mondo, del piano industriale di Enel per il quinquennio 2012/2016 e la multinazionale dell'energia italiana era fortemente interessata a rassicurare i mercati della riduzione del proprio enorme indebitamento che ammontava alla fine del 2011 a circa 50 miliardi di euro.
A Enel temono un declassamento (downgrade) da parte delle società di “rating” come Standard & Poor's e Moody's e l'amministratore delegato Fulvio Conti ha messo le mani avanti dichiarando che un eventuale dawngrade alla tripla B non li preoccupa, perché tra l'altro sarebbe in linea con la credibilità dell'azienda Italia. Sciocchezze!
Eccome se li preoccupa.
Intanto non ha convinto per niente i mercati, infatti in due giorni le azioni Enel hanno perso più di 7 punti percentuali.
Conti ha promesso, per tranquillizzare gli analisti economici, che nell'arco del quinquennio porterà l'indebitamento intorno ai 30 miliardi di euro, ma va detto che l'eventuale downgrade renderebbe impossibile questa operazione di riduzione del debito, perché anzi l'aumenterebbe, dato che il declassamento significa in prima battuta retribuire a un tasso più oneroso i crediti forniti da banche e investitori istituzionali.
Conti ha promesso che ridurrà, allora, gli investimenti. Ha dato assicurazione che non si porterà a compimento l'ampliamento della centrale a carbone di Porto Tolle, mentre per il rigassificatore di Porto Empedoche ha detto che ci vorranno tempi lunghi.
Questa dichiarazione, unita a quella dell'a.d. Luzio di Nuove Energia del rinvio di un anno dei lavori, lascia sperare che Enel stia pensando a rinunciare al rigassificatore di Porto Empedocle, come ha fatto British Gas per Brindisi.
E tra le motivazioni che Enel non dice, come del resto British Gas, c'è certamente quella vera e cioé che il mercato del gas nel mondo è cambiato, dopo la scoperta dello "shale gas" (gas non convenzionale) a seguito della quale paesi come gli Usa e la Cina, che prima erano i più grandi importatori di gas, oggi sono autosufficienti per cui nel mondo c'è un'enorme offerta di gas e costruire nuovi rigassificatori è diventato antieconomico.
Ancora è presto per dirlo, ma la possibilità che il rigassificatore di Porto Empedocle non si faccia più è molto concreta.
E ai disoccupati di Porto Empedocle vogliamo ricordare che sono stati presi in giro per diversi anni da sindacalisti non certamente disinteressati, per le seguenti considerazioni: nel rigassificatore di Rovigo, ultimati i lavori, è stato impiegato un solo cittadino veneto. Tutti gli altri sono tecnici specializzati stranieri. Basterebbe costruire nell'area Asi di Porto Empedocle un ipermercato per dare lavoro a non meno di 400 dipendenti generici. Per quanto riguarda l'occupazione durante i lavori di costruzione del rigassificatore, anche in ciò i sindacalisti hanno mentito.
La maggior parte dei lavori, infatti, non prevede il coinvolgimento di manodopera generica ma soprattutto movimenti di terra. E, in Sicilia, sappiamo bene a chi fanno gola questi lavori.
Gaetano Gaziano
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mercoledì 7 marzo 2012
I rigassificatori fanno acqua!
I rigassificatori dovrebbero produrre gas, invece fanno acqua!
In senso metaforico, però.
La British Gas abbandona il progetto di costruire il rigassificatore di Brindisi della capacità del rigassificatore di Porto Empedocle.
Ne dà notizia “Il Fatto Quotidiano” di oggi.
“Troppa burocrazia” è stata la motivazione offerta dai dirigenti della multinazionale gasiera di sua Maestà Elisabetta II.
I motivi veri, però, sono ben altri.
Primo tra tutti, ricorda il quotidiano di Padellaro e Travaglio, il processo di corruzione che vede alla sbarra ex dirigenti della British Gas ed ex dirigenti locali brindisini (di destra e di sinistra).
La multinazionale inglese lamenta che è costretta ad abbandonare il progetto dopo avere già speso 250 milioni di euro.
Non precisa però quanti di questi milioni sono stati sborsati per tangenti.
Una risposta ci verrà certamente dalla sentenza dei giudici di Brindisi, che però non potrà comprendere tutte le mazzette effettivamente sborsate.
Si ipotizza anche che l'abbadono del progetto gasiero sia un colpo di teatro della British Gas per fare pressione sui giudici per ottenere una decisione di assoluzione.
Può darsi.
“Undici anni abbiamo aspettato” piangono gli sciacalli del gas della terra di Albione.
Tra i motivi del ritardo va pure annoverata la procedura di infrazione del diritto comunitario cui è stato sottoposto il governo italiano da parte della Commissione Europea per la violazione di due direttive, quella sulla Valutazione di impatto ambientale e quella sulla consultazione popolare.
Ma non è stato ricordato, però, che alla base della decisione della British Gas ci sta pure la non convenienza di costruire i rigassificatori dopo la scoperta dello shale gas (gas non convenzionale), per cui nel mondo c'è un enorme surplus di gas.
E' questa la vera motivazione per cui oggi le società gasiere abbandonano i progetti di nuovi rigassificatori, anche se in Italia vengono costruiti con gli aiuti di Stato, cioè a carico dei contribuenti italiani.
Grande, è perciò, la nostra speranza che anche Enel abbandoni il progetto del rigassificatore “Valle dei Templi” di Agrigento.
Anche per questo progetto valgono le stesse considerazioni del progetto di Brindisi.
Soprattutto il fatto che non si è ancora chiusa l'indagine per infrazione della normativa comunitaria aperta dalla Commissione Europea a carico del governo italiano,né quella del Mediatore Europeo (Difensore Civico), né quella della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (Cedu) di Strasburgo.
E siamo ancora in attesa dell'esito delle indagini della magistratura penale...
Gaetano Gaziano
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domenica 26 febbraio 2012
Rigassificatore sotto la Valle dei Templi, è un orrore
Così si è espresso il presidente della Fondazione Roma, il prof. Emmanuele Francesco Maria Emanuele, in un'intervista rilasciata a Carlo Vulpio, giornalista del Corriere della Sera, domenica 26 febbraio.
E ha continuato “Ma perché farlo proprio lì, mi chiedo? Ecco con Mitoraj, come con tanti altri artisti e non solo quelli noti al grande pubblico, noi cerchiamo di fare prevalere la bellezza, l'arte e, se posso dirlo, la spiritualità, la dimensione interiore dell'uomo”.
Bisogna precisare che la Fondazione Roma ha organizzato la mostra delle stupende statue bronzee del Mitoraj, che si ispirano ai miti classici e che sono state esposte a partire dall'anno scorso nella Valle dei Templi di Agrigento e che saranno smantellate ai primi di marzo. Pertanto abbiamo deciso di inviare al prof. Emanuele la seguente lettera aperta.
Signor Presidente, abbiamo apprezzato la Sua affermazione che il rigassificatore a ridosso del parco archeologico della Valle dei Templi è un "orrore”, contenuta nell'intervista rilasciata al giornalista del Corriere della Sera, Carlo Vulpio, domenica 26 febbraio.
Per evitare questo “orrore”, da più di cinque anni ci stiamo battendo ad Agrigento perché non venga costruito un rigassificatore da 8 miliardi di mc.sotto la Valle dei Templi, la cui realizzazione sarebbe motivo di ignominia per noi Italiani tutti di fronte al mondo della cultura, essendo il nostro parco archeologico, come Lei sa, patrimonio universale Unesco.
Lei giustamente afferma “con Mitoraj cerchiamo di far prevalere la bellezza, l'arte, la spiritualità, la dimensione interiore dell'uomo”.
Il guaio è, caro Professore, che a questo mondo non sono molti a pensarla come Lei. C'è chi pensa solo a fare profitti, che sarebbe anche una cosa lecita se contemporaneamente non aggredisse il patrimonio culturale universale che ci “salva dall'aridità del presente”, come Lei asserisce.
Paradossalmente, mentre si smantelleranno le splendide statue di Mitoraj, potrebbero iniziare i lavori del rigassificatore e tra qualche anno potranno svettare dal mare le ciminiere (tecnicamente chiamate candele con fiamma perenne alte più di 40 metri) a fare da sfondo ai meravigliosi templi dorici. Ci pensa, Professore?
Ad Agrigento le abbiamo tentate tutte, quelle venti e passa tra associazioni ed individui, per evitare questo “orrore”.
Inizialmente, chiedemmo ad Enel di costruire il rigassificatore off-shore.
Non c'è stato niente da fare, si doveva e si deve costruire a 800 metri dal centro abitato di Porto Empedocle e a 1100 metri dal parco archeologico della Valle dei Templi, malgrado i più grandi esperti al mondo di sicurezza e antiterrorismo -come il professore Richard Clarke consulente di tre presidenti americani-, consiglino di farli il più distante possibile dai centri abitati.
Abbiamo,allora,tentato la via legale, con il ricorso al Tar che abbiamo vinto, però l'appello al Consiglio di Stato è stato vinto da Enel, che dovrà costruire il rigassificatore.
Professore, i lavori non sono ancora cominciati e un Suo autorevole intervento presso i nuovi governanti potrebbe sortire l'effetto che a noi è sfuggito.
Questi nuovi dicono di essere dei tecnici e quindi, a differenza dei politici, potrebbero essere più sensibili alla tutela del paesaggio e del patrimonio culturale italiani.
I governanti precedenti (di destra e di sinistra) ci hanno profondamente delusi. Rutelli, che da ministro ai BB.CC. ci aveva dato qualche speranza, ha preferito fuggire unitamente al ministro dell'Ambiente, il verde Pecoraro Scanio.
Non diversamente si sono comportati Bondi e la Prestigiacomo.
La verità è che i predetti “signori” non avevano e non hanno niente da spartire con la cultura e con l'ambiente.
Per quanto riguarda la storiella che, senza il rigassificatore sotto la Valle dei Templi, l'Italia potrebbe restare al “freddo e al buio”, la possono raccontare a tutti tranne che a Lei, professore di economia. E' risaputo che, dopo la scoperta dello shale gas (gas non convenzionale), c'è un enorme surplus di gas nel mondo, per cui il prezzo è sceso dappertutto tranne che in Italia, e che l'Eni ha chiesto alla russa Gazprom di diluire nell'arco di 25 o più anni i contratti di fornitura di gas del tipo take or pay già stipulati, inoltre abbiamo il gas che ci arriva dal Nord Europa, dalla Libia e dall'Algeria e in Italia ci sono già due rigassificatori che funzionano, quelli di Panigaglia e di Rovigo.
Appena insediati, abbiamo inviato gli ultimi appelli per salvare la Valle dei Templi al premier Mario Monti, al ministro ai BB.CC., Lorenzo Ornaghi, e al presidente del Consiglio nazionale ai BB.CC., Andrea Carandini.
Non hanno ancora risposto.
Professore, ci dia una mano per favore. Ci aiuti a evitare l' “orrore” che il mondo della cultura non ci perdonerà.
Gaetano Gaziano,
presidente associazione “Salviamo la Valle dei Templi di Agrigento”
p.s. Si ringrazia pubblicamente il giornalista Carlo Vulpio che, con coraggio, più di una volta ha affrontato sul suo giornale “l'orrore” del rigassificatore sotto la Valle dei Templi. Continua a leggere...
E ha continuato “Ma perché farlo proprio lì, mi chiedo? Ecco con Mitoraj, come con tanti altri artisti e non solo quelli noti al grande pubblico, noi cerchiamo di fare prevalere la bellezza, l'arte e, se posso dirlo, la spiritualità, la dimensione interiore dell'uomo”.
Bisogna precisare che la Fondazione Roma ha organizzato la mostra delle stupende statue bronzee del Mitoraj, che si ispirano ai miti classici e che sono state esposte a partire dall'anno scorso nella Valle dei Templi di Agrigento e che saranno smantellate ai primi di marzo. Pertanto abbiamo deciso di inviare al prof. Emanuele la seguente lettera aperta.
Signor Presidente, abbiamo apprezzato la Sua affermazione che il rigassificatore a ridosso del parco archeologico della Valle dei Templi è un "orrore”, contenuta nell'intervista rilasciata al giornalista del Corriere della Sera, Carlo Vulpio, domenica 26 febbraio.
Per evitare questo “orrore”, da più di cinque anni ci stiamo battendo ad Agrigento perché non venga costruito un rigassificatore da 8 miliardi di mc.sotto la Valle dei Templi, la cui realizzazione sarebbe motivo di ignominia per noi Italiani tutti di fronte al mondo della cultura, essendo il nostro parco archeologico, come Lei sa, patrimonio universale Unesco.
Lei giustamente afferma “con Mitoraj cerchiamo di far prevalere la bellezza, l'arte, la spiritualità, la dimensione interiore dell'uomo”.
Il guaio è, caro Professore, che a questo mondo non sono molti a pensarla come Lei. C'è chi pensa solo a fare profitti, che sarebbe anche una cosa lecita se contemporaneamente non aggredisse il patrimonio culturale universale che ci “salva dall'aridità del presente”, come Lei asserisce.
Paradossalmente, mentre si smantelleranno le splendide statue di Mitoraj, potrebbero iniziare i lavori del rigassificatore e tra qualche anno potranno svettare dal mare le ciminiere (tecnicamente chiamate candele con fiamma perenne alte più di 40 metri) a fare da sfondo ai meravigliosi templi dorici. Ci pensa, Professore?
Ad Agrigento le abbiamo tentate tutte, quelle venti e passa tra associazioni ed individui, per evitare questo “orrore”.
Inizialmente, chiedemmo ad Enel di costruire il rigassificatore off-shore.
Non c'è stato niente da fare, si doveva e si deve costruire a 800 metri dal centro abitato di Porto Empedocle e a 1100 metri dal parco archeologico della Valle dei Templi, malgrado i più grandi esperti al mondo di sicurezza e antiterrorismo -come il professore Richard Clarke consulente di tre presidenti americani-, consiglino di farli il più distante possibile dai centri abitati.
Abbiamo,allora,tentato la via legale, con il ricorso al Tar che abbiamo vinto, però l'appello al Consiglio di Stato è stato vinto da Enel, che dovrà costruire il rigassificatore.
Professore, i lavori non sono ancora cominciati e un Suo autorevole intervento presso i nuovi governanti potrebbe sortire l'effetto che a noi è sfuggito.
Questi nuovi dicono di essere dei tecnici e quindi, a differenza dei politici, potrebbero essere più sensibili alla tutela del paesaggio e del patrimonio culturale italiani.
I governanti precedenti (di destra e di sinistra) ci hanno profondamente delusi. Rutelli, che da ministro ai BB.CC. ci aveva dato qualche speranza, ha preferito fuggire unitamente al ministro dell'Ambiente, il verde Pecoraro Scanio.
Non diversamente si sono comportati Bondi e la Prestigiacomo.
La verità è che i predetti “signori” non avevano e non hanno niente da spartire con la cultura e con l'ambiente.
Per quanto riguarda la storiella che, senza il rigassificatore sotto la Valle dei Templi, l'Italia potrebbe restare al “freddo e al buio”, la possono raccontare a tutti tranne che a Lei, professore di economia. E' risaputo che, dopo la scoperta dello shale gas (gas non convenzionale), c'è un enorme surplus di gas nel mondo, per cui il prezzo è sceso dappertutto tranne che in Italia, e che l'Eni ha chiesto alla russa Gazprom di diluire nell'arco di 25 o più anni i contratti di fornitura di gas del tipo take or pay già stipulati, inoltre abbiamo il gas che ci arriva dal Nord Europa, dalla Libia e dall'Algeria e in Italia ci sono già due rigassificatori che funzionano, quelli di Panigaglia e di Rovigo.
Appena insediati, abbiamo inviato gli ultimi appelli per salvare la Valle dei Templi al premier Mario Monti, al ministro ai BB.CC., Lorenzo Ornaghi, e al presidente del Consiglio nazionale ai BB.CC., Andrea Carandini.
Non hanno ancora risposto.
Professore, ci dia una mano per favore. Ci aiuti a evitare l' “orrore” che il mondo della cultura non ci perdonerà.
Gaetano Gaziano,
presidente associazione “Salviamo la Valle dei Templi di Agrigento”
p.s. Si ringrazia pubblicamente il giornalista Carlo Vulpio che, con coraggio, più di una volta ha affrontato sul suo giornale “l'orrore” del rigassificatore sotto la Valle dei Templi. Continua a leggere...
martedì 21 febbraio 2012
Rigassificatore di Porto Empedocle, Difensore Civico Europeo apre indagine
Il Difensore Civico Europeo (Mediatore Europeo), Nikiforos Diamandouros (nella foto), ha comunicato di avere aperto un'indagine sul rigassificatore di Porto Empedocle, a ridosso della Valle dei Templi di Agrigento, patrimonio Unesco.
L'indagine scaturisce dalle diverse denunce fatte al Difensore Civico e alla Commissione Europea dalle associazioni agrigentine che hanno contrastato e contrastano l'indecoroso progetto.
Peraltro l'azione di contrasto delle associazioni agrigentine è stata affiancata dalle interrogazioni delle europarlamentari Sonia Alfano e Rita Borsellino.
Sonia Alfano non ha mancato di fare rilevare la contraddittorietà della Direzione Generale della Concorrenza della Commissione che, pur avendo ammesso la presenza degli aiuti di Stato che violano gli articoli e 107 e 119 del Trattato Europeo, ritiene che gli aiuti “con buona probabilità sembrano non turbare il principio della libera concorrenza nel mercato europeo”.
L'accento è stato messo proprio su quell' incomprensibile “sembrano non turbare” e l'intervento del Difensore Civico Europeo mira a verificare i ritardi della Commissione Europea nel sottoporre il governo italiano alla procedura di infrazione del diritto comunitario per la turbativa della libera concorrenza del mercato.
E' stato anche sottolineato come il governo italiano non ha proceduto a notificare alla Commissione Europea la presenza di aiuti di Stato nella costruzione di rigassificatori in Italia.
Tutti gli Stati europei dell'Unione, al riguardo, hanno l'obbligo della notifica, la cui inosservanza comporta l'applicazione di pesanti sanzioni economiche a carico dello Stato inadempiente.
Il terrorismo mediatico, che vecchi e nuovi governi italiani hanno fatto e fanno sulla esigenza di costruire nuovi rigassificatori in Italia perché altrimenti potremmo restare “al freddo e al buio” nei periodi di neve e gelo, è stato clamorosamente smentito dalle recenti ondate di maltempo.
Si è scoperto infatti che l'Italia ha sufficienti scorte di gas per affrontare tutte le emergenze.
Addirittura si è saputo che il rigassificatore di Panigaglia solo in questi giorni di picco energetico sta lavorando a pieno regime.
Come mai non ha lavorato a pieno regime tutto l'anno per costituire quelle scorte di gas di cui abbiamo bisogno?
La verità è che, dopo la scoperta dello shale gas, nel mondo c'è un enorme offerta e, mentre il tutti i Paesi il prezzo del gas è sceso, solo in Italia è aumentato.
Quali interessi tutelano i boiardi di Stato?
Si sa che l'Eni ha stipulato con la russa Gazprom onerosi contratti di fornitura take or pay, per cui qualora non venissero ritirate le forniture di gas prenotate saremmo costretti ugualmente a pagare miliardi di dollari per il gas prenotato e non ritirato.
Il Corriere della Sera del 27 marzo dell'anno scorso ci ha informato che l'Eni ha chiesto di diluire nell'arco lungo di 25 o più anni i contratti take or pay già stipulati.
Ci sono molte ombre nel business del gas, ma ciò che è più grave è il fatto che si specula sul maltempo per spingere in direzione della costruzione di nuovi rigassificatori che servono principalmente se non esclusivamente a chi li costruisce.
Infatti la loro realizzazione non comporta nessun rischio di impresa, avendo una “generosissima” delibera dell'autorità dell'energia e del gas stabilito che a quei “signori”, che costruiscono rigassificatori, sarà garantito in ogni caso l'80% dei ricavi di riferimento (stimati in circa 3 miliardi di euro l'anno) anche se gli impianti dovessero restare inattivi, gravando l'onere della spesa sulle bollette degli Italiani.
L'Italia che è sempre in bilico, come si è visto in questi giorni, tra i Paesi occidentali più industrializzati e il Terzo Mondo farà beneficenza, quindi, ai vari emiri del Qatar (40% del rigassificatore di Rovigo) ai Rockfeller (altro 40%), ai De Benedetti (rigassificatore di Gioia Tauro) e ad altri “illuminati” business-men della finanza internazionale sempre a caccia di affari “garantiti” a danno dei contribuenti.
Ecco perché il prezzo del gas in Italia, a differenza che negli altri Paesi dove diminuisce, è destinato inesorabilmente ad aumentare.
Gaetano Gaziano
Presidente Associazione “Salviamo la Valle dei Templi di Agrigento”
tanogaziano@yahoo.it. Continua a leggere...
L'indagine scaturisce dalle diverse denunce fatte al Difensore Civico e alla Commissione Europea dalle associazioni agrigentine che hanno contrastato e contrastano l'indecoroso progetto.
Peraltro l'azione di contrasto delle associazioni agrigentine è stata affiancata dalle interrogazioni delle europarlamentari Sonia Alfano e Rita Borsellino.
Sonia Alfano non ha mancato di fare rilevare la contraddittorietà della Direzione Generale della Concorrenza della Commissione che, pur avendo ammesso la presenza degli aiuti di Stato che violano gli articoli e 107 e 119 del Trattato Europeo, ritiene che gli aiuti “con buona probabilità sembrano non turbare il principio della libera concorrenza nel mercato europeo”.
L'accento è stato messo proprio su quell' incomprensibile “sembrano non turbare” e l'intervento del Difensore Civico Europeo mira a verificare i ritardi della Commissione Europea nel sottoporre il governo italiano alla procedura di infrazione del diritto comunitario per la turbativa della libera concorrenza del mercato.
E' stato anche sottolineato come il governo italiano non ha proceduto a notificare alla Commissione Europea la presenza di aiuti di Stato nella costruzione di rigassificatori in Italia.
Tutti gli Stati europei dell'Unione, al riguardo, hanno l'obbligo della notifica, la cui inosservanza comporta l'applicazione di pesanti sanzioni economiche a carico dello Stato inadempiente.
Il terrorismo mediatico, che vecchi e nuovi governi italiani hanno fatto e fanno sulla esigenza di costruire nuovi rigassificatori in Italia perché altrimenti potremmo restare “al freddo e al buio” nei periodi di neve e gelo, è stato clamorosamente smentito dalle recenti ondate di maltempo.
Si è scoperto infatti che l'Italia ha sufficienti scorte di gas per affrontare tutte le emergenze.
Addirittura si è saputo che il rigassificatore di Panigaglia solo in questi giorni di picco energetico sta lavorando a pieno regime.
Come mai non ha lavorato a pieno regime tutto l'anno per costituire quelle scorte di gas di cui abbiamo bisogno?
La verità è che, dopo la scoperta dello shale gas, nel mondo c'è un enorme offerta e, mentre il tutti i Paesi il prezzo del gas è sceso, solo in Italia è aumentato.
Quali interessi tutelano i boiardi di Stato?
Si sa che l'Eni ha stipulato con la russa Gazprom onerosi contratti di fornitura take or pay, per cui qualora non venissero ritirate le forniture di gas prenotate saremmo costretti ugualmente a pagare miliardi di dollari per il gas prenotato e non ritirato.
Il Corriere della Sera del 27 marzo dell'anno scorso ci ha informato che l'Eni ha chiesto di diluire nell'arco lungo di 25 o più anni i contratti take or pay già stipulati.
Ci sono molte ombre nel business del gas, ma ciò che è più grave è il fatto che si specula sul maltempo per spingere in direzione della costruzione di nuovi rigassificatori che servono principalmente se non esclusivamente a chi li costruisce.
Infatti la loro realizzazione non comporta nessun rischio di impresa, avendo una “generosissima” delibera dell'autorità dell'energia e del gas stabilito che a quei “signori”, che costruiscono rigassificatori, sarà garantito in ogni caso l'80% dei ricavi di riferimento (stimati in circa 3 miliardi di euro l'anno) anche se gli impianti dovessero restare inattivi, gravando l'onere della spesa sulle bollette degli Italiani.
L'Italia che è sempre in bilico, come si è visto in questi giorni, tra i Paesi occidentali più industrializzati e il Terzo Mondo farà beneficenza, quindi, ai vari emiri del Qatar (40% del rigassificatore di Rovigo) ai Rockfeller (altro 40%), ai De Benedetti (rigassificatore di Gioia Tauro) e ad altri “illuminati” business-men della finanza internazionale sempre a caccia di affari “garantiti” a danno dei contribuenti.
Ecco perché il prezzo del gas in Italia, a differenza che negli altri Paesi dove diminuisce, è destinato inesorabilmente ad aumentare.
Gaetano Gaziano
Presidente Associazione “Salviamo la Valle dei Templi di Agrigento”
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mercoledì 8 febbraio 2012
SFOGLIA LA MARGHERITA: "Rubo, non rubo, rubo..."
Il nostro blog è nato circa 4 anni fa per tentare di fermare l'ignobile progetto del rigassificatore a ridosso della Valle dei Templi di Agrigento e proprio per questo lo abbiamo chiamato “Salviamo la Valle dei Templi”.
Non sappiamo ancora come questa storia andrà a finire anche se le notizie che arrivano sull'onda emotiva del freddo e del gelo non sono certo rassicuranti. Sappiamo sicuramente che oggi è tutta l'Italia che va salvata non solo dal default economico ma soprattutto dal degrado morale in cui i politici di lungo corso (di destra e di sinistra) ci hanno sprofondati.
Gli ultimi episodi sui costi e le corruttele della politica portano il cittadino a pensare che forse bisogna inventare una diversa forma di democrazia.
La vicenda di Lusi ci ha rivelato quanti soldi pubblici vengano dati ai partiti anche estinti e quanto tutto ciò sia assurdo e immorale soprattutto in un momento in cui senza troppo scrupolo si infierisce sui contribuenti con tasse e tagli perfino sulle pensioni da mille euro lorde.
Sotto la spinta dell'indignazione popolare oggi tutti partiti ci vengono a dire che bisogna fare una legge che regolamenti meglio i finanziamenti pubblici ai partiti e bla, bla, bla...
A questo punto, invece, ci sarebbe una sola cosa da fare ed è quella di eliminarli del tutto, seguendo peraltro la volontà dei cittadini che già nel 1993 si erano espressi in tale senso attraverso un referendum popolare.
Poiché in Italia la volontà dei cittadini non conta nulla (che fine farà il risultato del referendum sull'acqua?) si è vergognosamente fatto rientrare dalla finestra ciò che era uscito dalla porta cambiando ipocritamente il nome da finanziamento a rimborso che, come sappiamo, rimborso non è.
E a coloro che ci vengono a dire che il finanziamento pubblico è necessario per impedire che i partiti siano sotto scacco delle lobby dico che anche questa è una mastodontica bugia.
Sappiamo infatti che i politici fanno lobbismo più o meno apertamente sostenendo questo o quell'altro potere forte che intenda realizzare grandi opere spesso inutili o addirittura dannose a spese sempre del contribuente, come nel caso dei rigassificatori, per cui è previsto il rimborso dell'80% dei ricavi di riferimento anche nel caso di inattività degli impianti, gravando la spesa sulle bollette degli Italiani.
Caterina Busetta
cbusetta@yahoo.it. Continua a leggere...
Non sappiamo ancora come questa storia andrà a finire anche se le notizie che arrivano sull'onda emotiva del freddo e del gelo non sono certo rassicuranti. Sappiamo sicuramente che oggi è tutta l'Italia che va salvata non solo dal default economico ma soprattutto dal degrado morale in cui i politici di lungo corso (di destra e di sinistra) ci hanno sprofondati.
Gli ultimi episodi sui costi e le corruttele della politica portano il cittadino a pensare che forse bisogna inventare una diversa forma di democrazia.
La vicenda di Lusi ci ha rivelato quanti soldi pubblici vengano dati ai partiti anche estinti e quanto tutto ciò sia assurdo e immorale soprattutto in un momento in cui senza troppo scrupolo si infierisce sui contribuenti con tasse e tagli perfino sulle pensioni da mille euro lorde.
Sotto la spinta dell'indignazione popolare oggi tutti partiti ci vengono a dire che bisogna fare una legge che regolamenti meglio i finanziamenti pubblici ai partiti e bla, bla, bla...
A questo punto, invece, ci sarebbe una sola cosa da fare ed è quella di eliminarli del tutto, seguendo peraltro la volontà dei cittadini che già nel 1993 si erano espressi in tale senso attraverso un referendum popolare.
Poiché in Italia la volontà dei cittadini non conta nulla (che fine farà il risultato del referendum sull'acqua?) si è vergognosamente fatto rientrare dalla finestra ciò che era uscito dalla porta cambiando ipocritamente il nome da finanziamento a rimborso che, come sappiamo, rimborso non è.
E a coloro che ci vengono a dire che il finanziamento pubblico è necessario per impedire che i partiti siano sotto scacco delle lobby dico che anche questa è una mastodontica bugia.
Sappiamo infatti che i politici fanno lobbismo più o meno apertamente sostenendo questo o quell'altro potere forte che intenda realizzare grandi opere spesso inutili o addirittura dannose a spese sempre del contribuente, come nel caso dei rigassificatori, per cui è previsto il rimborso dell'80% dei ricavi di riferimento anche nel caso di inattività degli impianti, gravando la spesa sulle bollette degli Italiani.
Caterina Busetta
cbusetta@yahoo.it. Continua a leggere...
domenica 15 gennaio 2012
L'APPRODO DI ENEA
Enea si sentiva stanco. Nell’animo più che nel fisico.
Molto aveva errato per terre e per mari sconosciuti, alla ricerca del luogo ideale dove ricostruire l’amata Troia, messa a ferro e a fuoco dagli invasori Achei.
Tante e gravi pene aveva patito nel suo lungo errare. E quando pensava già di essere approdato nel luogo giusto, ecco il fato e i venti sospingerlo per altre mete, secondo un disegno divino, che faceva fatica a capire e che rendeva il suo viaggio una sorte di espiazione, un tragitto dell’anima verso la salvezza.
E, mentre una fresca brezza mattutina alleviava la sua fatica di marinaio stanco e sfiduciato al timone della barca, non poteva fare a meno di tornare, col ricordo, ai suoi primi anni felici vissuti da principe pastore sul monte Ida, lontano dai fasti della reggia di Priamo.
Sì è vero, a corte lo consideravano con molta sufficienza, come appartenente a un ramo collaterale e secondario della nobiltà troiana. Ma a Enea non importava più di tanto. Era felice ugualmente. Gli bastava poco per essere soddisfatto: l’amata Creusa, moglie fedele e discreta, il dolce figlioletto Ascanio e tutta la famiglia patriarcale, all’interno della quale il padre Anchise non faceva certamente pesare il suo ruolo di capo tribù.
Gestiva, con la sua gente, i copiosi armenti di proprietà, ricavando dal commercio delle pelli e della lana sufficienti risorse per il mantenimento della numerosissima famiglia. Di certo non sentiva la mancanza degli agi e del lusso della vita di corte, a Troia. Ne faceva volentieri a meno.
Aveva abitudini essenziali e gratificanti: vita all’aria aperta, composizioni poetiche al suono del flauto, cibo sano e vino buono, che non mancava mai alla sua mensa. Erano stati proprio i lontani antenati dei contadini della sua terra, l’Anatolia, a produrre per primi quel nettare divino, con il procedimento da loro inventato di pigiare l’uva matura a piedi scalzi, e che avevano chiamato enòs, vino. Ed Enea ne era un convinto estimatore e un discreto consumatore.
Di queste cose semplici era fatta la sua vita.
Un giorno, di colpo, il dramma: l’invasione degli Achei e l’inevitabile guerra.
Enea inizialmente, capendo le vere ragioni dell’aggressione, che erano dettate dal controllo dello stretto dell’Ellesponto, crocevia di commerci verso l’oriente (non certo per affari di donne), aveva cercato di convincere i Troiani a concludere una pace equa con i greci invasori, dato il loro strapotere militare e l’impossibilità di contrastarli.
Scelta comunque la via della guerra, si era battuto con valore al pari del generoso e nobile Ettore.
E ora, mentre guardava l’orizzonte lontano, aveva ancora negli occhi le fiamme che bruciavano la città, presa dal nemico con l’inganno, e il ricordo si faceva lancinante dolore, al pensiero dell’adorata moglie Creusa perita in quell’incendio.
E poi la fuga verso occidente, con il padre ormai vecchio e il figlio Ascanio, alla ricerca di un nuovo sito dove ricostruire la propria esistenza, però non trovando mai un luogo come lui lo sognava: accogliente e ridente come le dolci vallate del monte Ida.
Il suo viaggio, che sembrava non finire mai, era stato pure costellato da drammi e lutti che avevano messo a dura prova la sua forte tempra di combattente.
Avrebbe volentieri terminato il suo lungo peregrinare a Cartagine, dove aveva vissuto l’appassionante storia d’amore con Didone, regina di Libia. Ma aveva dovuto piegarsi al volere di Zeus, che aveva per lui un diverso progetto, e riprendere il cammino per terre sconosciute, lasciando nella disperazione l’infelice Didone, che, per il dolore, si era suicidata.
Anche in terra di Trinacria avrebbe voluto fermarsi, ma era stato scoraggiato dall’infausto presagio della morte del padre Anchise a Drepano, sulla costa occidentale dell’isola.
«Quando avrà fine questo mio viaggio, interminabile e amaro?» pensava, mentre il suo sguardo andava teneramente ad Ascanio, che dormiva tranquillo a prua, all’aperto, su un improvvisato giaciglio di scotte.
I suoi tristi pensieri svanirono alla vista di una sottile linea scura, all’orizzonte, che s’ingrandiva, man mano che la barca si avvicinava veloce, spinta dal vento in poppa.
«E’ la terra!» pensò commosso.
Svegliò immediatamente Ascanio, e chiamò a raccolta lo sparuto numero di compagni di viaggio, che erano sopravvissuti alle varie peripezie.
«Chissà, potrebbe essere la volta buona» pensò, mentre già cominciava a delinearsi con distinzione il profilo della costa e del paesaggio retrostante, che era fatto di dolci colli verdeggianti e assolati.
Giunti sotto costa, Enea individuò rapidamente un’insenatura naturale e ordinò ai suoi uomini di ammainare le vele, per accostarsi a remi e per ancorarvi la barca.
Mentre si avvicinavano, notò sugli scogli un gruppo di giovani donne, che, festanti, sventolavano dei veli variopinti.
Approdati a terra, le giovani si avvicinarono, con fare amichevole, agli stranieri nuovi arrivati.
«Sono Enea, principe troiano, figlio di Anchise, e vengo su questa terra, con mio figlio Ascanio e con questi compagni di viaggio, con intenzioni pacifiche» si affrettò a presentarsi alle accoglienti ospiti.
«Benvenuto, straniero, a te e ai tuoi compagni! E, poiché venite con intenzioni non ostili, sarete ben accolti» fu il saluto della più giovane di loro.
«Posso conoscere il tuo nome e quello del posto dove siamo approdati?» chiese, trepidante, Enea all’avvenente fanciulla.
«Certamente» rispose lei, con un largo sorriso, «mi chiamo Lavinia e sono la figlia di Laurento, re di queste terre, che hanno il nome di Enòtria, perché ricche di vigneti e di buon vino.
Dicendo così, fece cenno a un’ancella, che si affrettò a offrire ai nuovi arrivati delle brocche di vino, in segno di ospitalità.
Enea bevve lentamente, per assaporare ogni goccia di quel nettare.
«E’ il gusto del nostro vino!» gridò ai suoi compagni. «E’ identico al sapore del vino di Troia! Padre Zeus non poteva darmi segnale più chiaro che il nostro errare è arrivato finalmente a conclusione»
Dopo di che si chinò sulla terra e la baciò e, con gli occhi lucidi, rivolto ai suoi disse:
«Ecco la nostra nuova patria! Qui costruiremo le case per noi e per i nostri figli, in pace con i vicini. Il nostro viaggio è finito!»
Gaetano Gaziano
tanogaziano@yahoo.it
Questo è il sesto racconto tratto sempre dal mio libro "Il Bacchino ubriaco e altre storie", Edizioni Excogita Milano. Continua a leggere...
Molto aveva errato per terre e per mari sconosciuti, alla ricerca del luogo ideale dove ricostruire l’amata Troia, messa a ferro e a fuoco dagli invasori Achei.
Tante e gravi pene aveva patito nel suo lungo errare. E quando pensava già di essere approdato nel luogo giusto, ecco il fato e i venti sospingerlo per altre mete, secondo un disegno divino, che faceva fatica a capire e che rendeva il suo viaggio una sorte di espiazione, un tragitto dell’anima verso la salvezza.
E, mentre una fresca brezza mattutina alleviava la sua fatica di marinaio stanco e sfiduciato al timone della barca, non poteva fare a meno di tornare, col ricordo, ai suoi primi anni felici vissuti da principe pastore sul monte Ida, lontano dai fasti della reggia di Priamo.
Sì è vero, a corte lo consideravano con molta sufficienza, come appartenente a un ramo collaterale e secondario della nobiltà troiana. Ma a Enea non importava più di tanto. Era felice ugualmente. Gli bastava poco per essere soddisfatto: l’amata Creusa, moglie fedele e discreta, il dolce figlioletto Ascanio e tutta la famiglia patriarcale, all’interno della quale il padre Anchise non faceva certamente pesare il suo ruolo di capo tribù.
Gestiva, con la sua gente, i copiosi armenti di proprietà, ricavando dal commercio delle pelli e della lana sufficienti risorse per il mantenimento della numerosissima famiglia. Di certo non sentiva la mancanza degli agi e del lusso della vita di corte, a Troia. Ne faceva volentieri a meno.
Aveva abitudini essenziali e gratificanti: vita all’aria aperta, composizioni poetiche al suono del flauto, cibo sano e vino buono, che non mancava mai alla sua mensa. Erano stati proprio i lontani antenati dei contadini della sua terra, l’Anatolia, a produrre per primi quel nettare divino, con il procedimento da loro inventato di pigiare l’uva matura a piedi scalzi, e che avevano chiamato enòs, vino. Ed Enea ne era un convinto estimatore e un discreto consumatore.
Di queste cose semplici era fatta la sua vita.
Un giorno, di colpo, il dramma: l’invasione degli Achei e l’inevitabile guerra.
Enea inizialmente, capendo le vere ragioni dell’aggressione, che erano dettate dal controllo dello stretto dell’Ellesponto, crocevia di commerci verso l’oriente (non certo per affari di donne), aveva cercato di convincere i Troiani a concludere una pace equa con i greci invasori, dato il loro strapotere militare e l’impossibilità di contrastarli.
Scelta comunque la via della guerra, si era battuto con valore al pari del generoso e nobile Ettore.
E ora, mentre guardava l’orizzonte lontano, aveva ancora negli occhi le fiamme che bruciavano la città, presa dal nemico con l’inganno, e il ricordo si faceva lancinante dolore, al pensiero dell’adorata moglie Creusa perita in quell’incendio.
E poi la fuga verso occidente, con il padre ormai vecchio e il figlio Ascanio, alla ricerca di un nuovo sito dove ricostruire la propria esistenza, però non trovando mai un luogo come lui lo sognava: accogliente e ridente come le dolci vallate del monte Ida.
Il suo viaggio, che sembrava non finire mai, era stato pure costellato da drammi e lutti che avevano messo a dura prova la sua forte tempra di combattente.
Avrebbe volentieri terminato il suo lungo peregrinare a Cartagine, dove aveva vissuto l’appassionante storia d’amore con Didone, regina di Libia. Ma aveva dovuto piegarsi al volere di Zeus, che aveva per lui un diverso progetto, e riprendere il cammino per terre sconosciute, lasciando nella disperazione l’infelice Didone, che, per il dolore, si era suicidata.
Anche in terra di Trinacria avrebbe voluto fermarsi, ma era stato scoraggiato dall’infausto presagio della morte del padre Anchise a Drepano, sulla costa occidentale dell’isola.
«Quando avrà fine questo mio viaggio, interminabile e amaro?» pensava, mentre il suo sguardo andava teneramente ad Ascanio, che dormiva tranquillo a prua, all’aperto, su un improvvisato giaciglio di scotte.
I suoi tristi pensieri svanirono alla vista di una sottile linea scura, all’orizzonte, che s’ingrandiva, man mano che la barca si avvicinava veloce, spinta dal vento in poppa.
«E’ la terra!» pensò commosso.
Svegliò immediatamente Ascanio, e chiamò a raccolta lo sparuto numero di compagni di viaggio, che erano sopravvissuti alle varie peripezie.
«Chissà, potrebbe essere la volta buona» pensò, mentre già cominciava a delinearsi con distinzione il profilo della costa e del paesaggio retrostante, che era fatto di dolci colli verdeggianti e assolati.
Giunti sotto costa, Enea individuò rapidamente un’insenatura naturale e ordinò ai suoi uomini di ammainare le vele, per accostarsi a remi e per ancorarvi la barca.
Mentre si avvicinavano, notò sugli scogli un gruppo di giovani donne, che, festanti, sventolavano dei veli variopinti.
Approdati a terra, le giovani si avvicinarono, con fare amichevole, agli stranieri nuovi arrivati.
«Sono Enea, principe troiano, figlio di Anchise, e vengo su questa terra, con mio figlio Ascanio e con questi compagni di viaggio, con intenzioni pacifiche» si affrettò a presentarsi alle accoglienti ospiti.
«Benvenuto, straniero, a te e ai tuoi compagni! E, poiché venite con intenzioni non ostili, sarete ben accolti» fu il saluto della più giovane di loro.
«Posso conoscere il tuo nome e quello del posto dove siamo approdati?» chiese, trepidante, Enea all’avvenente fanciulla.
«Certamente» rispose lei, con un largo sorriso, «mi chiamo Lavinia e sono la figlia di Laurento, re di queste terre, che hanno il nome di Enòtria, perché ricche di vigneti e di buon vino.
Dicendo così, fece cenno a un’ancella, che si affrettò a offrire ai nuovi arrivati delle brocche di vino, in segno di ospitalità.
Enea bevve lentamente, per assaporare ogni goccia di quel nettare.
«E’ il gusto del nostro vino!» gridò ai suoi compagni. «E’ identico al sapore del vino di Troia! Padre Zeus non poteva darmi segnale più chiaro che il nostro errare è arrivato finalmente a conclusione»
Dopo di che si chinò sulla terra e la baciò e, con gli occhi lucidi, rivolto ai suoi disse:
«Ecco la nostra nuova patria! Qui costruiremo le case per noi e per i nostri figli, in pace con i vicini. Il nostro viaggio è finito!»
Gaetano Gaziano
tanogaziano@yahoo.it
Questo è il sesto racconto tratto sempre dal mio libro "Il Bacchino ubriaco e altre storie", Edizioni Excogita Milano. Continua a leggere...
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