martedì 22 marzo 2011

DISASTRO IN GIAPPONE E SCELTE ENERGETICHE


Le immagini e le notizie che arrivano dal Giappone, con la velocità e l'intensità che le nuove tecnologie permettono, ci sconcertano e ci rendono consapevoli del piccolo villaggio che ormai è la nostra terra e di come ciò che succede a migliaia di km da noi ci riguarda e ci coinvolge emotivamente e materialmente. Abbiamo visto, con immagini per lo più amatoriali, la furia distruttiva dello tsunami che ha sbriciolato ciò che ha incontrato sul suo cammino: barche, strade, ferrovie, case, inghiottendo interi paesi e villaggi e lasciando solo fango e detriti.
Certo, ciò con cui il Giappone sta facendo i conti in questi giorni è una violenza della natura talmente forte ed eccezionale da fare inorridire perfino un popolo come quello giapponese, da sempre abituato ad affrontare le calamità naturali con stoicismo e forza da samurai.
L'allarme nucleare che è sopraggiunto dopo il terremoto rischia davvero di gettare nello sconforto e nell'angoscia non solo il Giappone ma tutto il pianeta.
Il Giappone che, come sappiamo, è la terza potenza mondiale ha saputo, negli ultimi 60 anni, sviluppare la sua economia grazie a tecnologie avanzatissime non solo nel campo dell'elettronica ma in tutti i settori industriali più avanzati.
Il fatto, ad esempio, che non ci sia stato un solo morto per effetto del devastante terremoto è il risultato dell'avanzata tecnologia antisismica nel costruire gli edifici.
Oggi però il disastro nucleare, che si intravede, fa pensare al Giappone come ad un colosso con i piedi di argilla e ci chiediamo come mai tutto il loro sviluppo industriale si sia basato prevalentemente sull'energia nucleare.
La risposta è semplice: non c'era altra scelta. Il Giappone non è altro che un arcipelago di isole nell'Oceano Pacifico, privo di combustibili fossili quali petrolio e gas. Il suo isolamento geografico non gli ha consentito, poi, di essere collegato, come succede invece all'Italia, né con gasdotti né con oleodotti.
La scelta del nucleare civile, quasi una sfida allora ai bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki, fu quindi obbligata e indispensabile, così come fu obbligata la scelta dei rigassificatori che portano LNG (gas liquefatto) dal Qatar con le navi cisterne per essere appunto rigassificato. Le energie alternative, quali l'eolico e il solare, negli anni '60 e '70 erano di là da venire e perciò nemmeno prese in considerazione.
Non penso di essere temeraria nell'affermare che, finita l'emergenza, il Giappone ripenserà tutta la sua politica energetica e diventerà campione delle energie rinnovabili, dimostrando al mondo intero che è possibile conciliare il progresso e lo sviluppo economico con la sicurezza e la tutela dell'ambiente.
Non c'è dubbio però che una tale calamità obbliga oggi tutti alla riflessione.
In quest'ottica, è spiegabile la tempestività di Angela Merkel che ha deciso di chiudere le centrali nucleari più vecchie (ben 7), così come lo stop in Svizzera al programma nucleare.
Davvero incomprensibili sono invece apparsi l'atteggiamento e la dichiarazione della siciliana Prestigiacomo che, con arrogante sicumera, ha dichiarato andremo avanti nel nostro programma nucleare.
Ecco, io penso che Stefania Prestigiacomo sia tra i più discutibili personaggi di questo governo. Contrariamente, però, a quanto è successo ad altri ministri, come la Gelmini che spesso si è trovata nell'occhio del ciclone, sembra che nessuno si stia accorgendo che la ministra Prestigiacomo più che fare gli interessi dell'ambiente faccia quelli dell'industria pesante.
Per dimostrare ciò basta ricordare alcuni episodi precisi, come quando fece schierare il nostro Paese con quelli dell'Est contrari alla riduzione delle emissioni di Co2 in atmosfera, in applicazione della direttiva Ue cosiddetta 20/20/20, cioè 20% in meno di emissioni entro il 2020 e l'aumento del 20% delle rinnovabili. O come quando ha dato il via libera al rigassificatore di Porto Empedocle, dimenticando l'esistenza della Valle dei Templi-sito Unesco- che non venne mai nominata nel decreto di Via, dove invece puntigliosamente venivano elencati alcuni siti Sic (di interesse comunitario) quali Torresalsa e Maccalube.
Da allora è stata un'escalation in difesa degli interessi industriali soprattutto in Sicilia, sempre al fianco del presidente degli industriali Lo Bello in convegni e per iniziative riguardanti lo sviluppo industriale e non certo la difesa dell'ambiente, fino a sponsorizzare, in un vero braccio di ferro con Lombardo, il rigassificatore di Priolo-Melilli, usando come argomento a fortiori il fatto che, se era stato autorizzato il rigassificatore in prossimità della Valle dei Templi, non si capivano le resistenze per quello in zona industriale.
Bisogna ricordare, a questo punto, che la Prestigiacomo è di Siracusa e proviene da una famiglia che ha grossi interessi industriali.
Ecco perché penso che sarebbe più corretto definire l'ineffabile Stefania ministra alla devastazione dell'ambiente, come ha affermato il governatore Lombardo in un'intervista all'Espresso.
Nessuno, in Italia, né tanto meno la Prestigiacomo, sembra volere apprendere la lezione dell'economista Jeremy Rifkin, consulente inascoltato della Regione Siciliana, che afferma: “Il futuro energetico sta nella rete diffusa dei piccoli impianti basati sulle rinnovabili. Un sistema di democrazia energetica che trasforma le case in fonti di energia. E' una prospettiva sicura e ha il vantaggio di costare meno”.
Peccato, aggiungo io, che vada contro le potenti lobby dell'energia più interessate ai lucrosi combustibili fossili piuttosto che al sole e al vento che non costano niente.
Caterina Busetta
.

Nessun commento: